Ieri, l’immancabile discorso quotidiano di
Renzi. Davanti ai giovani del PD, con maglioncino rosso – unica divagazione di
sinistra – parlava delle vicende giudiziarie che vanno sotto il nome mediatico
Mafia Capitale.
E mentre lo ascoltavo, sorridevo. Perché è
eccezionale. A dir poco eccezionale.
Se uno non sapesse chi sia Renzi e quale il
suo ruolo pubblico, penserebbe di trovarsi davanti ad un oppositore dell’attuale
sistema politico.
Sì, perché Renzi parla come se ciò che sta
trattando riguardasse solo gli altri. Come se lui non avesse responsabilità. Come
se non fosse uno dei protagonisti del potere politico, ma uno spettatore cui lo
spettacolo piace o non piace, che può applaudire o fischiare. Renzi è
eccezionale perché parla come se fosse all’opposizione. E questo modo
dialettico funziona sugli italiani mentalmente intorpiditi (dati gli ultimi
sondaggi, qualcuno si sta svegliando) che mentre l’ascoltano ripetono: però ha
ragione. Chi, ha ragione? Quello lì che di mestiere fa il presidente del
consiglio, cioè è inserito nel sistema politico italiano in cui svolge il ruolo
di capo dell’esecutivo? Quello lì che è il segretario del PD, un partito di
morti viventi che rinasce quando c’è da fare le larghe intese del furto.
Quando ho letto le prime righe dell’articolo
di Travaglio, ho risorriso. Ma per un motivo diverso. C’è ancora qualche
giornalista che nota certi “particolari”….
da: la Repubblica
Qualcuno, per favore, avverta Renzi che non
è il capo dell’opposizione, ma del governo e della maggioranza. E che il Pd
beccato con le mani nel sacco di Roma lo dirige lui da un anno. Quindi, quando
dice “schifo”, parla di se stesso e del
suo partito, non dei gufi che stanno
fuori. La responsabilità politica e morale è sua e dovrebbe scusarsi con gli
italiani per non aver saputo bonificare per tempo il Pd, imbarcando tutto il
vecchio establishment in barba alla rottamazione. Che, com’è ormai noto, è una
truffa: perché non ha mandato a casa i pezzi più vecchi, più sporchi e più
compromessi del partito, ma solo quelli che non si sono genuflessi al renzismo
dominante. Se “Roma è troppo grande e bella per lasciarla in mano a gentaccia”,
quella gentaccia l’ha fatta entrare o l’ha lasciata lì lui, riciclando ex
rutelliani, ex dalemiani, ex fioroniani, ex veltroniani, ex bettiniani in
cambio di una semplice professione di fede renziana.
E ora non può cavarsela col commissario
Orfini, l’ex dalemiano, ex bersaniano, ora ovviamente renziano, che nella
federazione romana è nato e cresciuto accanto a quelli che dovrebbe cacciare,
senza mai accorgersi di quanto accadeva. Nel 1983, quando il Psi torinese fu
spazzato via dallo scandalo Zampini, Craxi nominò commissario il ras torinese
Giusi La Ganga, che fu subito indagato e sostituito con un altro dirigente
eletto sotto la Mole, Amato. Che non bonificò un bel nulla, tant’è che dieci
anni dopo il Psi torinese finì in Tangentopoli. Se davvero Renzi vuole voltar
pagina nella Capitale, il commissario deve prenderlo a Bolzano, non a Roma.
Invece opta per un commissariamento omeopatico, gattopardesco. Ma ci è o ci fa?
Un po’ ci è (è superficiale quanto basta) e un po’ ci fa (è molto spregiudicato
e si crede sempre più furbo di tutti). Come se bastasse estrarre poche mele
marce da un cestino di mele sane. Ma qui è marcio il cestino e qualunque mela,
anche sana, anche acerba, ne viene immediatamente contagiata.
Marino non è un ladro, e neppure la Bonafè.
Tra l’altro, nessuno dei due è romano e ha mai bazzicato la federazione
capitolina. Eppure, appena sbarcati a Roma – l’uno per candidarsi a sindaco,
l’altra a eurodeputata – furono subito portati in processione a rendere omaggio
all’omicida Salvatore Buzzi, padre padrone della Coop 29 giugno, asso
pigliatutto delle opere pubbliche, sodale di Er Guercio e finanziatore delle
campagne elettorali di chiunque s’avvicinasse al Campidoglio, nero o rosso non
importa. Nessuno poteva fare a meno di lui, prima del voto, per avere soldi,
tessere e voti. Nessuno poteva negargli, dopo il voto, la ricompensa sotto
forma di appalti: per gratitudine o per paura di finire incaprettato in qualche
discarica. Il tipico conflitto d’interessi che diventa voto di scambio e
associazione mafiosa.
Renzi dice che non c’è bisogno di cambiare
le leggi: in teoria è vero, basterebbe non prender soldi da chi lavora per la
Pubblica amministrazione. Ma l’elenco dei finanziatori di Renzi di oggi e di
ieri (do you remember Carrai?) ci dice che così non è. Molto meglio di vietarlo
per legge, per allontanare le tentazioni. Renzi aggiunge che, “se Grillo torna
a fare i suoi tour, è grazie al nostro lavoro: con il 41% del Pd alle europee
abbiamo messo la parola fine al rischio della demagogia e del populismo di
Grillo”. Ma forse sopravvaluta il suo lavoro (gli indicatori economici e
sociali di nove mesi di cura Renzi sono catastrofici) e gli errori del M5S. Per
quante cazzate facciano, i 5Stelle sono fuori dagli scandali. I soldi pubblici
non li rubano: anzi, restituiscono anche quelli che spettano loro per legge.
Nelle fogne Expo, Mose e Mafia Capitale, i grillini non ci sono mai, il Pd c’è
sempre. E quando qualcuno viene pizzicato, come nel caso dei rimborsi
regionali, viene espulso: non promosso sottosegretario o governatore o
consigliere regionale. Finché il Pd non riuscirà a far politica senza inquisiti
e senza soldi pubblici, qualche milione di italiani onesti continueranno a
votare 5Stelle. Schifati da tutti gli altri.
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