da: la Repubblica
La foto che commuove gli americani. Proprio nel giorno in cui Darren Wilson, il
poliziotto che ha ucciso Michael Brown, dà le dimissioni. Ma la famiglia del
diciottenne pensa a una causa civile.
New York - La foto della speranza fa il
giro del mondo, in Rete diventa subito virale: è un agente di polizia che
abbraccia un ragazzo di colore. Lui anziano, grande e grosso, l’altro
piccolino, in lacrime, quasi sopraffatto nel calore dell’abbraccio. La scena
commovente è stata immortalata a Portland in Oregon. È accaduto durante una
delle tante manifestazioni di protesta che si sono svolte in centinaia di città
americane, contro il verdetto del Grand Jury che ha assolto l’agente Darren
Wilson dopo l’uccisione del diciottenne nero Michael Brown a Ferguson nel
Missouri. A Portland un dodicenne afroamericano, Devonte Hart, sfila in piazza
con il cartello “abbracci liberi”. Un sergente di polizia gli si avvicina e lo
abbraccia, il ragazzo scoppia in lacrime. È l’immagine che un pezzo d’America
vorrebbe avere di se stessa. Ma in realtà, a una settimana dal verdetto del
Grand Jury, le polemiche non si placano.
Non basta a rasserenare gli animi a
Ferguson l’annuncio delle dimissioni di
Darren Wilson. Un gesto scontato,
ampiamente previsto, che il poliziotto bianco spiega così: «Non volevo mettere
in difficoltà i miei colleghi. Alcuni di loro sono stati bersagliati di
minacce». Dimesso, non licenziato, più innocente che mai: non è così che la
popolazione nera di Ferguson vede il poliziotto. Tanto più che in questa
settimana i media e le associazioni per i diritti umani hanno avuto il tempo di
analizzare la voluminosa documentazione del Grand Jury. Il verdetto degli
esperti legali, così come quello di testate come il New York Times e il
Washington Post , è molto severo: il Grand Jury ha dato un credito spropositato
alla versione del poliziotto sulla legittima difesa; molte testimonianze dicono
il contrario è cioè che Brown non era minaccioso, stava fuggendo quando è stato
crivellato di colpi. A conferma che le tensioni non si sono davvero placate,
arriva la notizia che alcuni negozianti di Ferguson hanno assoldato dei
vigilantes armati, che fanno la ronda o stanno appostati sui tetti come dei
cecchini pronti a sparare. Una misura di autodifesa dopo saccheggi e vandalismi
che segnarono le proteste della scorsa settimana. Certo non distende
l’atmosfera, il fatto che un’associazione di queste vigilantes chiamata Oath
Keepers (i guardiani del giuramento) è considerata una milizia di estrema
destra.
La partita legale a Ferguson non si è
chiusa con il Grand Jury. I familiari di Michael Brown stanno esaminando la
possibilità di una causa civile, per danni. Le cause civili seguono regole e
procedure diverse, talvolta danno esiti opposti rispetto ai procedimenti
penali. Poi c’è l’inchiesta federale promossa dall’Amministrazione Obama. La
porta avanti il Dipartimento di Giustizia guidato da Eric Holder, un
afroamericano formatosi politicamente nella stagione delle grandi battaglie per
i diritti civili. L’inchiesta federale deve appurare se l’intero corpo di
polizia del Missouri abbia compiuto abusi contro i diritti civili. E Holder ha
iniziato da Atlanta, nel profondo Sud, una tournée per ascoltare le comunità
afroamericane che si sentono discriminate dalle forze dell’ordine.
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