da: Corriere della Sera - di
Pasquale Elia
E magari alla fine uno capisce pure perché
Marco Castoldi non poteva che diventare Morgan. L’istrionico, contraddittorio,
vulcanico, irriverente giudice di «X Factor», «uno di cui si parla e si
scrive», «uno che la gente conosce anche se non mi conoscono», ha deciso di
strappare la penna dalle mani degli altri e scrivere di se stesso, sicuro di
spiegare con le parole più appropriate i suoi 41 anni di vita, trascorsi
perlopiù come su un ottovolante. Probabilmente a partire dall’adolescenza in
poi, dopo essere stato azzannato dal dolore quando suo padre si suicidò: «A 46
anni si è tolto la vita. Anche perché la sua vanità non era appagata. Incapace
di sopravvivere dovendo mantenere sé, i suoi familiari in ristrettezza
economica».
Ma andiamo per ordine e iniziamo a
sfogliare le 228 pagine di Marco
Castoldi - Il libro di Morgan, l’autobiografia
del musicista che esce venerdì per Einaudi. Basterebbe leggere il sottotitolo per capire che si tratta di
un libro scritto dal leader dei Bluvertigo: Io, l’amore, la musica, gli stronzi e Dio. Il fatto è che a lui
piace attirare l’attenzione. Un desiderio che ha avuto fin da bambino: quando
aveva 5 anni era a messa con i suoi genitori. Ad un certo
punto scappò via
dalla chiesa e «sul piazzale» si mise «a cantare un pezzo di Elvis Presley,
ballando. Si è subito radunato attorno a me un po’ di pubblico. Qualcuno dei
presenti mi aveva comprato dei ghiaccioli, per ricompensarmi dell’esibizione. E
in quel momento io avevo capito: 1) che ero in grado di attirare l’attenzione;
2) che potevo essere pagato per quello che facevo».
È così che è nato Morgan, il musicista innamorato di Bach che è
cresciuto con la voglia di fare spettacolo e di dare spettacolo. E le occasioni
non gli sono certo mancate. Soprattutto da quando è diventato giudice di «X
Factor», ruolo che ha sempre interpretato cercando di assomigliare ad uno
scugnizzo dispettoso.
Tuttavia, anche se sarà «pure pazzo, isterico, ingestibile, ritardatario cronico, egoista», Morgan non riesce a dire bugie. E perciò ammette: «Nonostante la mia strafottenza nei confronti di chi è più forte di me. Nonostante tutto, la televisione è riuscita a normalizzarmi». Adesso il re è nudo: «Ogni anno dico sempre che sarà l’ultimo e invece, puntualmente, ci sono dei nuovi motivi, sempre diversi, per cui sono costretto a farlo. Ormai sono nel meccanismo, che non è solo economico, è tutto un sistema di interessi convergenti che orbitano intorno alla mia persona, e io non sono abbastanza forte da svincolarmene. E sono completamente schiavo».
In pochi sanno cosa fa Morgan una volta spente le telecamere di «X Factor», ma ora Marco è pronto a svelarlo: «Faccio la puntata, poi mi chiudo in casa per tre giorni e spengo il telefono. Al quarto giorno c’è sempre qualcuno che mi chiede dov’ero scomparso. “Mi sono vergognato”, rispondo. Ed è la verità. Grazie alla televisione la vergogna è diventata una delle mie attività principali. Perché alla fine, non c’è troppo da girarci intorno: la televisione ha reso un pagliaccio anche me». Confessioni di un artista prestato alla tv, che all’inizio però pensava in buona fede di «portare la musica alla platea di un pubblico generalista». Poi ha dovuto arrendersi: «”X Factor” è glam. Anche lì, come dappertutto, ha vinto l’immagine». Quindi, tirando le somme: «In televisione sono tutti burattini, tutti marionette. Tutti vuoti. Perché sono macchine da soldi».
Tuttavia, anche se sarà «pure pazzo, isterico, ingestibile, ritardatario cronico, egoista», Morgan non riesce a dire bugie. E perciò ammette: «Nonostante la mia strafottenza nei confronti di chi è più forte di me. Nonostante tutto, la televisione è riuscita a normalizzarmi». Adesso il re è nudo: «Ogni anno dico sempre che sarà l’ultimo e invece, puntualmente, ci sono dei nuovi motivi, sempre diversi, per cui sono costretto a farlo. Ormai sono nel meccanismo, che non è solo economico, è tutto un sistema di interessi convergenti che orbitano intorno alla mia persona, e io non sono abbastanza forte da svincolarmene. E sono completamente schiavo».
In pochi sanno cosa fa Morgan una volta spente le telecamere di «X Factor», ma ora Marco è pronto a svelarlo: «Faccio la puntata, poi mi chiudo in casa per tre giorni e spengo il telefono. Al quarto giorno c’è sempre qualcuno che mi chiede dov’ero scomparso. “Mi sono vergognato”, rispondo. Ed è la verità. Grazie alla televisione la vergogna è diventata una delle mie attività principali. Perché alla fine, non c’è troppo da girarci intorno: la televisione ha reso un pagliaccio anche me». Confessioni di un artista prestato alla tv, che all’inizio però pensava in buona fede di «portare la musica alla platea di un pubblico generalista». Poi ha dovuto arrendersi: «”X Factor” è glam. Anche lì, come dappertutto, ha vinto l’immagine». Quindi, tirando le somme: «In televisione sono tutti burattini, tutti marionette. Tutti vuoti. Perché sono macchine da soldi».
Eppure Morgan avrebbe potuto salutare
definitivamente il piccolo schermo, che frequenta ma non apprezza, magari
approfittando di una disgrazia che lo travolse nel 2010: a quel tempo «X
Factor» veniva trasmesso dalla Rai e Castoldi era lì da tre edizioni. Doveva
pure andare a Sanremo, ma poi svanì tutto per un’intervista (che provò in tutti
i modi a smentire) in cui sosteneva di assumere droga come antidepressivo. «Di
fatto quello, il 2010, sarebbe stato l’anno dell’amicizia tra me e Celentano.
Forse l’unica cosa bella dell’anno peggiore della mia vita». Un anno in
castigo, e quando «X Factor» passò a Sky Morgan tornò in tv.
Sfuriate, dito medio alzato, guasconate:
possibile che nelle giornate di Morgan non ci sia spazio per un po’ di
tenerezza? Chissà, di sicuro però ce n’è per il rimpianto: «Ho la tristezza di
desiderare una famiglia da fuori. Di rivedere qualcosa di perduto...». E per la
malinconia: per un periodo, con Asia e
Anna, «abbiamo vissuto a Milano: io, la mia donna e la mia bambina, l’unica famiglia che io sia mai stato in
grado di avere in vita mia. Una famiglia semplice, come dovrebbero essere
tutte le famiglie».
Ma al bando i sentimentalismi, Morgan è
Morgan, uno «concreto, pratico, forse cervellotico». Sarà per questo che oltre
che alle due figlie, alla sua ex moglie Asia Argento, a Bach, a Maria De Filippi, ha dedicato
il libro a se stesso e anche a Gesù di Nazareth. Qualcuno direbbe:
questione di feeling.
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