da: Il Fatto Quotidiano
Renzi
vuole portare a Roma i Giochi per dimenticare Mafia Capitale. Un progetto da 9,8
miliardi scartato da Monti.
Quindici giorni fa, la retata per Mafia
Capitale. Adesso, la candidatura per la Capitale olimpica. Questa è Roma, che
aspira al 2024 con i Cinque Cerchi per scordare er Cecato Carminati. Non c’è
evento più scintillante (e dispendioso) delle Olimpiadi, peste che da Oslo in
Norvegia a Monaco di Baviera terrorizza i governanti. La coppia, Giovanni
Malagò e Matteo Renzi, non è meno scintillante e non sarà meno dispendiosa per
le casse pubbliche. Il capo del Coni garantisce trasparenza, teorizza
investimenti privati: auspici, nulla più. Perché Roma sarà premiata o esclusa
tra un paio di anni, settembre 2017. Ma soltanto per far sentire il
nome di Roma al Comitato Olimpico Internazionale, prima di consegnare un
progetto con i disegnini che spesso in Italia si traducono in cantieri
immortali, occorrono una decina di milioni di euro (2 li mette il Cio).
Verrà un gruppo per la promozione di Roma
2024 e ci sarà il consulente Andrea Guerra, Malagò a capotavola. Perché Malagò
è l’uomo sportivo, di larghe relazioni e di smisurate ambizioni, che affascina
e conforta Renzi. Per qualsiasi
esigenza. Elezioni anticipate a Roma? Malagò
non va preparato, è sempre pronto. Effusioni mediatiche di ottimismo? Viva le
Olimpiadi di Malagò. E poi Renzi, il fiorentino, propone le gare itineranti, a
Firenze ovvio, a Napoli come no, pure in Sardegna per la vela e forse a Milano
per il Duomo e perché escludere Torino che Piero Fassino già s’infervora? Pare
che persino il Vaticano sia disponibile a ospitare il tiro al volo nei santi
giardini. Quel che va scrutato, quel che resta di concreto, oggi,
sono le fotografie di grandi intese e grandi sorrisi tra lo scalpitante Malagò,
lo speranzoso Renzi e il riabilitato Ignazio Marino, il sindaco che in questi
giorni ha sprigionato indignazione per le malefatte romane e ora rievoca con
orgoglio rionale la storia millenaria di questa città. E come sottovalutare i
miliardi: sei o sette o fino a dieci. Chissà. Ma esiste uno studio, firmato dal
professor Marco Fortis, che valutava in 9,8 miliardi di euro il conto per
Roma2020, una bizzarra proposta in piena recessione di Gianni Alemanno e di
Silvio Berlusconi, ancora a Palazzo Chigi, cestinata con un glaciale comunicato
da Mario Monti. Il traguardo 2024 non è lontano, di più. Ma l’Italia, stavolta,
ha battuto la concorrenza, tra francesi e tedeschi che tentennano e gli Stati
Uniti che nicchiano.
Il Cio sarà grato a Renzi, non sapeva
davvero come perpetuare questa diabolica macchina mangia-soldi che ha devastato
aree urbane e diffuso sprechi ovunque. Neanche dieci giorni fa, il Cio s’è
riunito a Montecarlo per stravolgere le regole e rendere più commestibile
l’organizzazione dei giochi olimpici. Malagò e Renzi, furbi, erano già
d’accordo, e sono scattati come da agenda. La tenzone Olimpiadi sì e Olimpiadi
no, Olimpiadi banchetto per le mafie e Olimpiadi opportunità nazionale, che ci
viene somministrata ai tempi di Carminati&Buzzi, ha curiose origini fiorentine.
E ci conduce a Eugenio Giani, consigliere regionale toscano, un quarto di
secolo a Palazzo Vecchio. Giani racconta al Fatto che i delegati provinciali
(che rappresentava) furono determinanti per la sorprendente elezione di Malagò
contro Raffaele Pagnozzi. Anche per rendere omaggio a Giani, che dirige il Coni
fiorentino, Malagò andò agli Uffizi per un convegno assieme a Renzi. Aprile
2013. E capita, perché capita in politica, fu folgorazione. Malagò disse che
“la voglia di cambiamento”, classica espressione renziana, Matteo la poteva
replicare al governo. Da poche ore insediato, e siamo alle Olimpiadi invernali
di Sochi, febbraio di quest’anno, il primo ministro Renzi telefonò a Malagò per
i rituali complimenti. E così pensarono di trasferire a Palazzo Chigi le
passerelle del Coni, che mai fanno male. Il genio di Malagò e Renzi ha prodotto
il presidente con la racchetta da tennis, con la maglia da pallavolo, con la
sciabola, col ciclista Vincenzo Nibali. Con cadenza mensile, Malagò va a
Palazzo Chigi e accompagna un campione italiano. Quando Carlo Tavecchio scivolò
col razzismo di “Optì Pobà” che sbarca in Italia con le banane e poi correva
temerario verso la Figc (ci è riuscito), Renzi disse che per il calcio
s’affidava a Malagò. Per le Olimpiadi, anche. E la politica vien da sé.
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