sabato 13 marzo 2021

Banca Carige è il nuovo, inatteso problema del governo Draghi e del ministro Franco

 

 

da: https://it.businessinsider.com/ - di Carlotta Scozzari

Mentre le trattative tra il Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd) e Cassa centrale banca (Ccb) sul passaggio dell’80% di Carige dal primo alla seconda sembrano sempre più raffreddarsi, per il governo di Mario Draghi, e in particolare per il ministro dell’Economia Daniele Franco, va prendendo forma un nuovo problema: chi si prenderà la patata bollente della banca ligure? Cosa succederà, insomma, se il gruppo trentino non eserciterà l’opzione di acquisto (call) che ha in mano dal 2019 e non diventerà quindi proprietario di Carige con poco più dell’88%? Un’ipotesi che, del resto, appare più probabile, soprattutto dopo che Il Messaggero ha riferito che Ccb non solo ha messo sul piatto la cifra simbolica di 1 euro per acquistare la banca ligure ma ha anche chiesto una iniezione di capitale da parte del Fondo di tutela, una sorta di “dote”, da 500 milioni. Una richiesta che il Fitd avrebbe rispedito al mittente, anche alla luce del fatto che in base agli accordi del 2019 Ccb avrebbe dovuto pagare circa 300 milioni per rilevare l’80% di Carige oggi in mano al Fondo.

Cos’è successo per spingere Cassa centrale a chiedere un prezzo tanto diverso rispetto a quello originale pattuito? Il principale fattore su cui Ccb fa leva è naturalmente la pandemia del Covid-19, che ha completamente mutato lo scenario sociale ma anche economico. E non è casuale che ci sia la pandemia anche tra gli argomenti usati dalla stessa Carige per giustificare numeri del 2020 non soltanto sotto alle attese ma addirittura peggiorati nel giro di pochi giorni.

Sì, perché se la banca il 23 febbraio scorso aveva annunciato per gli undici mesi da febbraio (finita l’amministrazione straordinaria) a dicembre 2020 una perdita netta preliminare di 185,3 milioni, in un secondo momento, il 10 marzo, ha peggiorato il dato in -251,64 milioni. Contestualmente, a proposito di imposte differite attive (Dta), che potrebbero consentire anche in base all’ultima Legge di bilancio di offrire un tesoretto a un eventuale acquirente, il gruppo guidato dall’amministratore delegato Francesco Guido ha fatto sapere che al 31 dicembre 2020, a livello consolidato, “il complesso delle Dta iscritte a bilancio ammonta a 827 milioni mentre le Dta fuori bilancio salgono a 491 milioni”, per un totale di quasi 1,32 miliardi.

Ma come visto nemmeno il “tesoretto” costituito dalle Dta sembra essere sufficiente a impedire a Ccb di chiedere una ricapitalizzazione della banca, l’ennesima, per 500 milioni. Secondo alcune interpretazioni, 500 milioni rappresenta la cifra necessaria a impedire che la situazione patrimoniale di Carige vada a intaccare gli indici di capitale della banca che la compra. E qui si arriva al problema subito successivo: se effettivamente le trattative col Fondo dovessero concludersi con un nulla di fatto, quale altro soggetto bancario (tra l’altro con un utile di bilancio per potere beneficiare delle Dta) sarebbe disposto a farsi carico di Carige senza chiedere una dote di capitale analoga? Qualcuno ha ipotizzato un coinvolgimento di Unicredit, in questa fase ancora senza l’ad designato Andrea Orcel, ma è difficile pensare che anche il gruppo di piazza Gae Aulenti non chieda doti patrimoniali (cosa tra l’altro già fatta dall’ex ad Jean Pierre Mustier per farsi carico del Monte dei Paschi di Siena).

C’è chi indica come modello da seguire l’operazione sulle banche venete che, nel 2017, aveva visto Intesa Sanpaolo rilevarne la parte “buona” alla cifra simbolica di 1 euro con l’esborso immediato da parte dello Stato di 4,8 miliardi più tutta una serie di garanzie. Ma in quel caso, affinché tutti i “pezzi” si potessero incastrare e lo Stato potesse impiegare denaro pubblico nell’operazione, la parte “cattiva”, la cosiddetta “bad bank”, era finita in liquidazione coatta amministrativa, con l’azzeramento delle azioni e delle obbligazioni subordinate (e la previsione di ristori per i risparmiatori). E al momento le azioni di Carige, sospese dalla Borsa, sono per l’80% in mano al Fitd, per poco più dell’8% della stessa Ccb e per il resto fanno capo ai vecchi soci; mentre l’unica obbligazione subordinata è quella da 200 milioni emessa a fine 2019, nell’ambito del piano di rafforzamento patrimoniale imperniato sull’aumento di capitale da 700 milioni. Di più: il tempo per beneficiare della rete di protezione pubblica stesa a suo tempo sulla banca ligure dall’ex governo Conte 1 all’inizio del 2019 è scaduto.

Insomma, esclusa l’opzione di un intervento pubblico per colmare l’ammanco di capitali, gli scenari che restano non sono molti. Il primo vede Ccb e il Fitd incontrarsi a metà strada rispetto alle proprie posizioni. Del resto, il Fondo interbancario ha fretta di uscire da un investimento che a livello di bilancio si è rivelato disastroso. Mentre sarà da vedere se Cassa centrale riuscirà a superare le resistenze di alcune banche territoriali interne al gruppo che obiettano la perdita di potere ma anche la “cessione di capitale” in termini di impoverimento degli indici se le condizioni di acquisto dovessero discostarsi troppo da 1 euro più 500 milioni di dote patrimoniale. Alcuni consulenti sono al lavoro ormai da giorni per convincere queste banche territoriali più scettiche. Anche perché Carige nell’ultimo anno e mezzo è stata gestita proprio tenendo conto degli accordi stabiliti nel 2019 per fare entrare nel capitale il Fitd e la stessa Ccb, quest’ultima con una quota di minoranza di poco più dell’8%, azzerando quasi completamente i vecchi azionisti.

L’altro scenario possibile, in mancanza di banche pretendenti, è quello di una liquidazione volontaria dell’istituto ligure.

A questo punto, si apre una settimana decisiva per la trattativa: un consiglio di amministrazione di Ccb è stato convocato per il 15 marzo (come riferito dall’agenzia Radiocor), mentre un cda del Fitd è in calendario per il 17. Se entro la fine di marzo le due parti non troveranno un accordo, il governo Draghi e il ministero dell’Economia Franco avranno ufficialmente un altro problema da risolvere nel panorama bancario italiano che va ad aggiungersi a Monte dei Paschi di Siena: Carige.

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