Va che immagine….se ci fosse il Lombroso che direbbe di queste facce?!
Il sistema bancario
italiano: Ignazio Visco, Bankitalia e lo slalom tra i problemi
da: Il Fatto Quotidiano – di Stefano Feltri
La Banca d’Italia non è abituata ad
affrontare situazioni di crisi, specie se la crisi riguarda anche la sua
credibilità. E si vede.
Le “considerazioni finali” del governatore
Ignazio Visco erano attese come l’occasione, la prima davvero pubblica, di fare
un bilancio esplicito di questi mesi drammatici: azzerati i risparmi di
migliaia di risparmiatori – dalle quattro banche “salvate” a novembre alla Popolare
di Vicenza a Veneto Banca – in un contesto di grande fragilità del sistema
bancario italiano. Fragilità a lungo negata. E che Bankitalia nega tuttora,
ribadendo che fino al 2013 andava tutto bene (mentre la catastrofe di Etruria
era già chiara dal 2011, le premesse di quella di Vicenza risalgono addirittura
al 2001).
Visco ha scelto di evitare, anche in questa
occasione, ogni autocritica. La linea di pensiero dentro la Banca d’Italia è la
seguente: noi spieghiamo cosa abbiamo fatto, diamo tutti i dettagli poi spetta
al pubblico e alla politica farsi un’idea. Sul Fatto oggi in edicola,
l’economista Luigi Zingales auspicava che Visco annunciasse una indagine
interna sui fallimenti della vigilanza. Non succederà mai.
Visco si limita a dire tre cose e a lasciarne
intuire una quarta: 1) Bankitalia ha fatto tutto quello che poteva in base alle
leggi in vigore; 2) quando Bankitalia vede qualcosa che non va, lo segnala ai
pm, lì si ferma la sua responsabilità; 3) tutti i problemi nella gestione della
crisi sono colpa della Commissione Europa che ha vietato l’uso del fondo
salva-depositi per salvare le banche e non ha accolto la richiesta italiana di
rinviare l’applicazione del bail in, cioè il principio per cui le crisi
bancarie le pagano prima azionisti e creditori e solo alla fine interviene, se
serve, un aiuto esterno.
Quarto punto: Bankitalia ha evitato molte
crisi di cui, per ragioni di riservatezza, il pubblico nulla può sapere.
Argomento impossibile da verificare e dunque da confutare.
Il resto della relazione è un’analisi del
bicchiere mezzo pieno: gli incentivi del governo alle assunzioni hanno
funzionato, gli 80 euro hanno spinto i consumi, le misure a sostegno delle
banche sono state importanti, le riforme come quelle sulla giustizia civile
sono incoraggianti. Certo, bisogna fare di più ma c’è un giudizio molto
positivo sull’azione di Matteo Renzi.
Il premier apprezzerà sicuramente. Dopo le
rimostranze del Quirinale, ha rinunciato a indicare Bankitalia come la
responsabile ultima di tutto il disastro bancario, ora trattato un po’ come una
calamità naturale, una fatalità. Del progetto di una commissione di inchiesta
che indaghi sulla vigilanza dal 2011 a oggi, toccando quindi anche l’operato di
Mario Draghi quando era governatore, non si sente più parlare. E le
considerazioni finali di Visco certificano la nuova sintonia tra palazzo Chigi
e via Nazionale.
Inutile cercare nel discorso di Visco una
visione, una linea netta e, soprattutto, una gerarchia di priorità.
C’è un paragrafo sulla legalità e sulla
lotta alla corruzione, ma non è certo il cuore della relazione. Viene
sottolineata l’urgenza di aiutare i più poveri, ma anche non subito se il
bilancio non lo consente. La disoccupazione giovanile? Migliora ma troppo
lentamente. È così via. Difficile trovare in Italia qualcuno che dissenta da
queste affermazioni. Che quindi verranno archiviate senza indugio appena
espletato l’obbligo di farne una sintesi sui giornali, con un titolo in prima a
pagina e un commento.
Mi permetto un suggerimento: il prossimo
anno superiamo la tradizione. Aboliamo la lettura dal podio delle pagine delle
considerazioni finali, che tanto sono disponibili sul sito e in agenzia, e
sostituiamolo con “il governatore risponde”. Un’occasione, almeno una in un
anno, in cui Visco abbandona la comunicazione top-down e si sottopone alle
domande senza filtro dai giornalisti.
Se può farlo il presidente del Consiglio,
alla fine di ogni anno, è davvero troppo aspettarsi che un’istituzione
rilevante ma in crisi di legittimità come la Banca d’Italia faccia lo stesso?
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