da: Il Fatto Quotidiano
Dopo tanti cadaveri eccellenti, da
Berlinguer a Ingrao alla Iotti, arruolati nella ragionevole certezza che non
possano disertare, il fronte del Sì al
Referenzum strappa finalmente la firma di un vivo famoso, accanto a quelle
dei soliti giuristi di partito e di governo ignoti ai più: Franco Bassanini, consulente di Renzi per l’innovazione (ha appena
76 anni) dopo l’uscita da Cassa depositi e prestiti, già Psi, Indipendente di Sinistra col Pci, poi Pds, Ds e Pd, salvo
una fuitina in un memorabile comitato di “saggi” di Alemanno. Non è certo la
prima volta che l’insigne giurista firma qualcosa.
L’11 dicembre 1989 il suo pregiato
autografo apparve in calce a una lettera piuttosto servile a Bettino Craxi, che
si chiudeva così: “A tua disposizione per ogni collaborazione che riterrai
utile”. Il che – quando uscì sul Giornale otto anni fa – fece un po’ discutere,
perché Bassanini nell’89 era deputato della Sinistra Indipendente e, ai tempi
del Psi, aveva militato nella sinistra ferroviaria di Signorile, prima di
essere espulso nel 1981 per un manifesto sulla questione morale, peraltro in
lieve contraddizione con i trascorsi accanto a Giorgio Mazzanti, ras craxiano e
piduista dell’Eni. Bassanini comunque giurò che la lettera, conservata da Craxi
in archivio, era “apocrifa”.
È invece autentico un suo saggio del settembre 2006 su Il Mulino a proposito del referendum costituzionale che l’aveva appena visto ai vertici del Comitato del No alla schiforma Berlusconi-Bossi-Calderoli. Un saggio che, senza la data, sarebbe perfetto per il Comitato del No alla schiforma Renzi-Boschi-Verdini. Dopo la vittoria schiacciante dei No, Bassanini parlava di “svolta”, come dopo “i referendum sul divorzio e sul maggioritario”: “Uno di quei referendum che lasciano un segno e impongono una discontinuità nella storia politica”, con buona pace dei “gattopardi, già all’opera per ridimensionarne la portata”.
È invece autentico un suo saggio del settembre 2006 su Il Mulino a proposito del referendum costituzionale che l’aveva appena visto ai vertici del Comitato del No alla schiforma Berlusconi-Bossi-Calderoli. Un saggio che, senza la data, sarebbe perfetto per il Comitato del No alla schiforma Renzi-Boschi-Verdini. Dopo la vittoria schiacciante dei No, Bassanini parlava di “svolta”, come dopo “i referendum sul divorzio e sul maggioritario”: “Uno di quei referendum che lasciano un segno e impongono una discontinuità nella storia politica”, con buona pace dei “gattopardi, già all’opera per ridimensionarne la portata”.
Quale portata? Il definitivo e
irreversibile “rifiuto di riforme non condivise o incoerenti con i principi e i
valori fondamentali della Costituzione”, come richiesto dal Comitato del No
creato dalla sua Astrid e da Libertà e Giustizia a suon di convegni su
“Salviamo la Costituzione: aggiornarla, non demolirla”, con “Amato, Fassino,
Rutelli, Bertinotti, Veltroni e Prodi” autore di “un ruvido intervento: ‘No
alla dittatura del premier’”. Ai valorosi combattenti si unirono tosto “Cgil,
Cisl, Uil, i partiti dell’Unione, Acli, Arci, Anpi”. Perbacco, perfino l’Anpi,
allora tutta formata da partigiani veri. E poi una “vastissima schiera di
costituzionalisti, giuristi e studiosi”: gli stessi che dicono NO anche oggi,
salvo Bassanini s’intende. E pure –udite udite – vari “magistrati”, ancora
dotati del diritto di parola. Il messaggio era forte e chiaro: “Le Costituzioni
sono destinate a durare nel tempo. Non cambiano ad ogni cambio di
maggioranza…Nelle grandi democrazie le modifiche costituzionali vanno
concordate fra maggioranza e opposizione”, mai “sostenute dalla sola
maggioranza”. Questo lo “fece il centrosinistra, nel 2001, con la riforma del
titolo V...Lo ha fatto il centrodestra, con una riforma assai più impegnativa”
e non doveva accadere mai più. Ergo,
vinto il referendum, bisognava “mettere in sicurezza la Costituzione,
rafforzandone il grado di rigidità…elevando a 2/3 la maggioranza necessaria per
approvare le leggi di revisione (come in Germania e negli Usa, dove peraltro
occorre poi anche l’approvazione dei Parlamenti di 4/5 degli Stati)”.
Insomma, mai più “l’idea di una grande riforma
costituzionale…semplicemente perché non ce n’è bisogno” né “riforme imposte a colpi di maggioranza
dalla coalizione che ha vinto le elezioni”. Figurarsi da un premier che
dalle elezioni non ci è mai passato. “Il referendum non lascia dubbi”, “così
hanno deciso gli italiani, nell’esercizio diretto dei loro poteri sovrani”:
“Rifiutare una grande riforma, preferire la via di riforme puntuali e mirate,
coerenti con i principi e i valori costituzionali”. Ma con “leggi ordinarie” e
nuovi “regolamenti parlamentari”.
E che a nessuno venisse più in mente “il
modello ipermonista di concentrazione dei poteri nelle mani del capo del
governo, in deroga al principio della divisione dei poteri”. Semmai urgevano
“argini solidi al potere di chi ha vinto…Il pluralismo istituzionale, i
controlli sul potere, i checks and balances,
non sono un impaccio. Sono la forza della democrazia…Perché il ‘potere
corrompe’ e il ‘potere assoluto corrompe assolutamente’”. “Purtroppo – notava
amaro il Bassanini – in Italia hanno molto seguito teorie esasperatamente
moniste…l’idea che la miglior forma di governo sia quella che concentra quasi
tutti i poteri in capo a un uomo solo e gli garantisce l’inamovibilità nella
carica, per tutta la legislatura, alla sola condizione che egli sia scelto
dagli elettori”: “forme di governo cesariste, plebiscitarie o peroniste. Non
basta infatti la legittimazione elettorale, per rendere democratica una forma
di governo: la storia è ricca di dittatori eletti”.
Per tutti questi motivi, dieci anni dopo,
la schiforma Renzi-Boschi-Verdini
imposta insieme all’Italicum a colpi di maggioranza (tra l’altro truccata dal
Porcellum) per accentrare tutti i poteri nelle mani del capo del primo partito
e dunque del governo, e svilire il Parlamento e tutti gli organi di controllo,
ha ottenuto la firma di Bassanini. Seguirà, con poco sforzo, un suo nuovo
saggio su Il Mulino, previa
avvertenza al redattore: “Prendi il testo del 2006 e, dove scrivo Berlusconi,
metti Renzi. Dove scrivo mai, metti sempre. Dove scrivo brutto, metti bello.
Dove scrivo NO, metti Sì. Sempre a disposizione”.
La tentazione di afferrare tutte le leve del potere è sempre viva anche da noi nonostante l' esperienza del ventennio fascista.
RispondiEliminaSpero che gli italiani sappiano scongiurare questo pericolo anche se il dubbio rimane, poichè ai nostri compaesani basta la promessa di un biglietto gratis allo stadio per vendersi anche l' ano.