lunedì 23 maggio 2016

Cristiani, il dramma ignorato tra Siria e Libano

da: http://www.lettera43.it/ - di Antonietta Demurtas

Fuggiti da Aleppo. In direzione Beirut. Dove alloggiano 1,5 milioni di rifugiati. Oueiss, Lebanese Forces: «Stoppare l'esodo verso l'Ue? Battete Assad, non l'Isis».

Il 10 maggio 2016, davanti all'aula dell'europarlamento di Strasburgo, Federica Mogherini l'ha detto chiaro: «Il nostro sostegno alla Giordania e al Libano è un investimento» che l'Ue ha fatto «nell'interesse di quei Paesi, dei suoi abitanti e dei rifugiati siriani» e anche «nell'interesse dei cittadini europei».
Perché aiutare oggi il Libano e la Giordania - è previsto un piano di finanziamento per i due Stati di oltre 1 miliardo di euro nel 2016 e 2017 - vuol dire bloccare il flusso di migranti che altrimenti supererebbe di gran lunga quello registrato sinora, con o senza l'accordo con la Turchia.
CIRCA 1,5 MILIONI DI RIFUGIATI. Per dare ragione all'Alto rappresentante Ue per la politica estera di sicurezza comune basta guardare le cifre: in Libano ci sono circa 1,5 milioni di rifugiati.
Un Paese che «è appena un po' più grande della regione di Strasburgo, l'Alsazia», ha ricordato Mogherini, «eppure da solo ospita tanti siriani quanti ne ospita l'intera Unione europea».

Il Libano confina con un Paese lacerato da cinque anni di guerra e dall'Isis, «quindi coloro che credono che i rifugiati potrebbero distruggere la nostra Unione dovrebbe guardare queste cifre e vergognarsi», ha detto Mogherini.
E soprattutto «preoccuparsi«», dice a Lettera43.it Elsy Oueiss, responsabile Esteri e Relazioni internazionli del Lebanese Forces (Fl), il principale partito cristiano libanese, e il primo partito extraeuropeo a diventare partner del Partito popolare europeo (Ppe).
«VA FERMATO BASHAR AL-ASSAD». Oueiss è arrivata a Bruxelles con una piccola valigia e tante idee: vuole incontrare politici e funzionari delle istituzioni europee per far sentire la voce del suo Paese, «raccontare i problemi che stiamo vivendo da quando è iniziata la guerra in Siria, fare lobbying e soprattutto far capire agli amici europei che sino a quando l'Ue non si deciderà a fermare Bashar al-Assad una volta per tutte, i rifugiati aumenteranno e in Europa ne arriveranno molti di più di quelli che avete avuto sinora».

«Perché si bombarda Aleppo e non Raqqa, capitale dell'Isis?»

Quella di Oueiss non è una minaccia, ma una semplice constatazione che nasce da una domanda: «Perché Assad e Putin sinora hanno bombardato molto più Aleppo e Hama che non Raqqa, la vera capitale di Daesh?».
La risposta è semplice, dice: «Perché l'obiettivo è uccidere tutti i ribelli anti-Assad usando la scusa dell'esistenza del Califfato».
Un regno del terrore sorto in pochi anni sotto il naso di tutti, «che si potrebbe eliminare in un paio di giorni se solo ci fosse la volontà di farlo».
Secondo Oueiss, l'Isis «non è un problema, ad Assad infatti è bastato fare un accordo con loro per riavere Palmira», è l'esempio.
TRIANGOLO PERICOLOSO. Il vero problema, che l'Ue sta sottovalutando, secondo la leader dell'Fl è invece «il pericoloso triangolo tra il governo siriano, quello iraniano ed Hezbollah».
Un asse «che ogni giorno diventa sempre più forte e che rischia di cancellare definitivamente non l'Isis, ma la presenza cristiana in Medio Oriente».
Se la maggior parte dei cristiani siriani sono scappati, «quelli rimasti sinora non sono stati attaccati da Assad perché non hanno mai rivendicato un ruolo politico a Damasco, hanno solo fatto affari con il governo», è la teoria della politica dell'Fl, «ma non dimentichiamoci che durante l'occupazione siriana del Libano noi cristiani siamo stati massacrati per 11 anni proprio dalla famiglia Assad».
CRISTIANI INDIFESI. Un tiranno «che non durerà a lungo e che non difenderà certo i cristiani rimasti in Siria». Alla fine a loro, avverte Oueiss, «non sarà riservato nessun ruolo nel processo di pace».
Un'estinzione annunciata che il Fl denuncia già ora.
Per cercare di accendere un faro sulla questione e offrire una lettura diversa della crisi in Medio Oriente, il Lebanese Forces party ha iniziato a viaggiare per l'Europa mettendo proprio l'accento sulla presenza cristiana, che in Libano nel 1993 rappresentava il 60% della popolazione, ma dopo la guerra, l'occupazione siriana e la diaspora si è ridotta al 40%.
REPRESSIONE E TORTURE. «Tutti i cristiani libanesi furono perseguitati dal regime siriano durante l'occupazione, nessun poteva fare politica, il nostro leader fu imprigionato e torturato», ricorda Oueiss riferendosi a Samir Geagea che fu incarcerato dal 1994 al 2005.
Poi nel 2005 la 'Rivoluzione dei cedri' e la nascita della 'Coalizione 14 marzo' formata da cristiani e musulmani sunniti: «Insieme siamo riusiciti a mandare via l'esercito siriano e stiamo cercando di creare uno Stato forte e solido». Obiettivo reso sempre più difficile dalle diverse anime politiche del Paese e soprattutto dalle influenze esterne, saudite e iraniane in primis.
«SERVE DEMOCRAZIA». Ma a un'altra stagione di guerre e crisi Oueiss non si vuole proprio rassegnare: «Noi cristiani e noi libanesi non abbiamo bisogno di protezione, ma solo di democrazia, perché la protezione ci viene dallo Stato», dice Oueiss.
La costituzione impone infatti per legge che il capo del governo sia druso, il presidente del parlamento sia sunnita, e il presidente della Repubblica cristiano maronita.

«Ci manca un presidente capace di portare le nostre ragioni»

Una sedia, quest'ultima, che però è vuota da circa due anni: non si riesce a raggiungere il quorum per colpa degli “astensionisti” che appartengono in particolare al gruppo parlamentare cristiano capeggiato dal generale Michel Aoun e dai suoi alleati sciiti.
«Quelli di Hezbollah non vanno al parlamento a votare proprio per impedire l'elezione del presidente. E così destabilizzano il Paese», accusa il Fl.
«Ormai stanno creando uno stato parallelo: hanno i loro ospedali, i loro media, il loro esercito».
A Beirut si respira così, ancora una volta, un senso si incertezza politica che preoccupa «e che soprattutto ci danneggia», spiega Oueiss, perché per quanto sia chiaro che il Libano sta riuscendo a resistere ai richiami di guerra al suo confine, vive una situazione di instabilità.
«Soffriamo la mancanza di un presidente, un ambasciatore capace di andare e portare le nostre ragioni in giro per il mondo, proprio come fa il re Abd Allah II di Giordania», osserva Oueiss.
«ALLA GIORDANIA PIÙ AIUTI». E infatti «grazie alla sua presenza la Giordania sta ricevendo più aiuti di noi. Il nostro governo invece non sta lavorando bene, non riesce neanche a gestire il problema della spazzatura a Beirut».
Secondo i dati mostrati da Mogherini al parlamento europeo, il Libano ha 4 milioni di abitanti e ospita 1,5 rifugiati, la Giordania con 6 milioni «ha 630 mila rifugiati registrati, oltre a contare 1,2 milioni di siriani nel Paese».
Un costo quello della guerra in Siria che oltre a pagare i rifugiati «stiamo pagando noi e voi europei», ricorda Oueiss, «ma non è aiutando Assad o lasciandolo fare che miglioreremo la situazione».
Un aiuto che invece Assad sta ricevendo proprio dai libanesi sciiti di Hezbollah, «perché sono entrambi partner strategici dell'Iran», ricorda Oueiss con grande rammarico: «Noi libanesi dovremo stare nei nostri confini, non è la nostra guerra, e soprattutto non possiamo combatterla al fianco di Assad, che ha occupato e perseguitato il nostro Paese per anni, elimanando migliaia di cristiani».

Un periodo storico che «noi e gli europei non dovremmo mai dimenticare».

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