da: http://www.lettera43.it/ -
di Antonietta Demurtas
Fuggiti
da Aleppo. In direzione Beirut. Dove alloggiano 1,5 milioni di rifugiati.
Oueiss, Lebanese Forces: «Stoppare l'esodo verso l'Ue? Battete Assad, non
l'Isis».
Il 10 maggio 2016, davanti all'aula
dell'europarlamento di Strasburgo, Federica Mogherini l'ha detto chiaro: «Il
nostro sostegno alla Giordania e al Libano è un investimento» che l'Ue ha fatto
«nell'interesse di quei Paesi, dei suoi abitanti e dei rifugiati siriani» e
anche «nell'interesse dei cittadini europei».
Perché aiutare oggi il Libano e la
Giordania - è previsto un piano di finanziamento per i due Stati di oltre 1
miliardo di euro nel 2016 e 2017 - vuol dire bloccare il flusso di migranti che
altrimenti supererebbe di gran lunga quello registrato sinora, con o senza
l'accordo con la Turchia.
CIRCA 1,5 MILIONI DI RIFUGIATI. Per dare
ragione all'Alto rappresentante Ue per la politica estera di sicurezza comune
basta guardare le cifre: in Libano ci sono circa 1,5 milioni di rifugiati.
Un Paese che «è appena un po' più grande
della regione di Strasburgo, l'Alsazia», ha ricordato Mogherini, «eppure da
solo ospita tanti siriani quanti ne ospita l'intera Unione europea».
Il Libano confina con un Paese lacerato da
cinque anni di guerra e dall'Isis, «quindi coloro che credono che i rifugiati
potrebbero distruggere la nostra Unione dovrebbe guardare queste cifre e
vergognarsi», ha detto Mogherini.
E soprattutto «preoccuparsi«», dice a
Lettera43.it Elsy Oueiss, responsabile Esteri e Relazioni internazionli del
Lebanese Forces (Fl), il principale partito cristiano libanese, e il primo
partito extraeuropeo a diventare partner del Partito popolare europeo (Ppe).
«VA FERMATO BASHAR AL-ASSAD». Oueiss è
arrivata a Bruxelles con una piccola valigia e tante idee: vuole incontrare politici
e funzionari delle istituzioni europee per far sentire la voce del suo Paese,
«raccontare i problemi che stiamo vivendo da quando è iniziata la guerra in
Siria, fare lobbying e soprattutto far capire agli amici europei che sino a
quando l'Ue non si deciderà a fermare Bashar al-Assad una volta per tutte, i
rifugiati aumenteranno e in Europa ne arriveranno molti di più di quelli che
avete avuto sinora».
«Perché
si bombarda Aleppo e non Raqqa, capitale dell'Isis?»
Quella di Oueiss non è una minaccia, ma una
semplice constatazione che nasce da una domanda: «Perché Assad e Putin sinora
hanno bombardato molto più Aleppo e Hama che non Raqqa, la vera capitale di
Daesh?».
La risposta è semplice, dice: «Perché
l'obiettivo è uccidere tutti i ribelli anti-Assad usando la scusa
dell'esistenza del Califfato».
Un regno del terrore sorto in pochi anni sotto
il naso di tutti, «che si potrebbe eliminare in un paio di giorni se solo ci
fosse la volontà di farlo».
Secondo Oueiss, l'Isis «non è un problema,
ad Assad infatti è bastato fare un accordo con loro per riavere Palmira», è
l'esempio.
TRIANGOLO PERICOLOSO. Il vero problema, che
l'Ue sta sottovalutando, secondo la leader dell'Fl è invece «il pericoloso
triangolo tra il governo siriano, quello iraniano ed Hezbollah».
Un asse «che ogni giorno diventa sempre più
forte e che rischia di cancellare definitivamente non l'Isis, ma la presenza
cristiana in Medio Oriente».
Se la maggior parte dei cristiani siriani
sono scappati, «quelli rimasti sinora non sono stati attaccati da Assad perché
non hanno mai rivendicato un ruolo politico a Damasco, hanno solo fatto affari
con il governo», è la teoria della politica dell'Fl, «ma non dimentichiamoci
che durante l'occupazione siriana del Libano noi cristiani siamo stati
massacrati per 11 anni proprio dalla famiglia Assad».
CRISTIANI INDIFESI. Un tiranno «che non
durerà a lungo e che non difenderà certo i cristiani rimasti in Siria». Alla
fine a loro, avverte Oueiss, «non sarà riservato nessun ruolo nel processo di
pace».
Un'estinzione annunciata che il Fl denuncia
già ora.
Per cercare di accendere un faro sulla
questione e offrire una lettura diversa della crisi in Medio Oriente, il
Lebanese Forces party ha iniziato a viaggiare per l'Europa mettendo proprio
l'accento sulla presenza cristiana, che in Libano nel 1993 rappresentava il 60%
della popolazione, ma dopo la guerra, l'occupazione siriana e la diaspora si è
ridotta al 40%.
REPRESSIONE E TORTURE. «Tutti i cristiani
libanesi furono perseguitati dal regime siriano durante l'occupazione, nessun
poteva fare politica, il nostro leader fu imprigionato e torturato», ricorda Oueiss
riferendosi a Samir Geagea che fu incarcerato dal 1994 al 2005.
Poi nel 2005 la 'Rivoluzione dei cedri' e
la nascita della 'Coalizione 14 marzo' formata da cristiani e musulmani
sunniti: «Insieme siamo riusiciti a mandare via l'esercito siriano e stiamo
cercando di creare uno Stato forte e solido». Obiettivo reso sempre più
difficile dalle diverse anime politiche del Paese e soprattutto dalle influenze
esterne, saudite e iraniane in primis.
«SERVE DEMOCRAZIA». Ma a un'altra stagione
di guerre e crisi Oueiss non si vuole proprio rassegnare: «Noi cristiani e noi
libanesi non abbiamo bisogno di protezione, ma solo di democrazia, perché la
protezione ci viene dallo Stato», dice Oueiss.
La costituzione impone infatti per legge
che il capo del governo sia druso, il presidente del parlamento sia sunnita, e
il presidente della Repubblica cristiano maronita.
«Ci
manca un presidente capace di portare le nostre ragioni»
Una sedia, quest'ultima, che però è vuota
da circa due anni: non si riesce a raggiungere il quorum per colpa degli
“astensionisti” che appartengono in particolare al gruppo parlamentare
cristiano capeggiato dal generale Michel Aoun e dai suoi alleati sciiti.
«Quelli di Hezbollah non vanno al
parlamento a votare proprio per impedire l'elezione del presidente. E così
destabilizzano il Paese», accusa il Fl.
«Ormai stanno creando uno stato parallelo:
hanno i loro ospedali, i loro media, il loro esercito».
A Beirut si respira così, ancora una volta,
un senso si incertezza politica che preoccupa «e che soprattutto ci danneggia»,
spiega Oueiss, perché per quanto sia chiaro che il Libano sta riuscendo a
resistere ai richiami di guerra al suo confine, vive una situazione di
instabilità.
«Soffriamo la mancanza di un presidente, un
ambasciatore capace di andare e portare le nostre ragioni in giro per il mondo,
proprio come fa il re Abd Allah II di Giordania», osserva Oueiss.
«ALLA GIORDANIA PIÙ AIUTI». E infatti
«grazie alla sua presenza la Giordania sta ricevendo più aiuti di noi. Il
nostro governo invece non sta lavorando bene, non riesce neanche a gestire il
problema della spazzatura a Beirut».
Secondo i dati mostrati da Mogherini al
parlamento europeo, il Libano ha 4 milioni di abitanti e ospita 1,5 rifugiati,
la Giordania con 6 milioni «ha 630 mila rifugiati registrati, oltre a contare
1,2 milioni di siriani nel Paese».
Un costo quello della guerra in Siria che
oltre a pagare i rifugiati «stiamo pagando noi e voi europei», ricorda Oueiss,
«ma non è aiutando Assad o lasciandolo fare che miglioreremo la situazione».
Un aiuto che invece Assad sta ricevendo
proprio dai libanesi sciiti di Hezbollah, «perché sono entrambi partner
strategici dell'Iran», ricorda Oueiss con grande rammarico: «Noi libanesi
dovremo stare nei nostri confini, non è la nostra guerra, e soprattutto non
possiamo combatterla al fianco di Assad, che ha occupato e perseguitato il nostro
Paese per anni, elimanando migliaia di cristiani».
Un periodo storico che «noi e gli europei
non dovremmo mai dimenticare».
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