da: la Repubblica
E'
morto Giorgio Albertazzi, l'ultimo imperatore del teatro: aveva 92 anni
L'attore e regista si trovava in Toscana
nella casa di Pia De' Tolomei. Fu uno dei primi divi televisivi, ma soprattutto
uno straordinario attore teatrale. Renzi: "Un grande italiano, artista
classico e controcorrente". Mattarella: "Maestro per generazioni di
attori e registi"
Si è spento all'età di 92 anni Giorgio
Albertazzi, una delle più importanti figure del teatro italiano del Novecento.
L'attore si trovava in Toscana nella casa di Pia De' Tolomei. Le ultime
apparzioni in teatro ne Il mercante di Venezia, La tempesta e Memorie di
Adriano. Come ha reso noto la famiglia, annunciando la scomparsa del "più
grande attore italiano, Albertazzi da
tempo "era sofferente e il suo cuore ha smesso di battere alle 9".
“Vengono a vedermi in tanti a teatro forse
perchè pensano che potrebbe essere
l'ultima volta ormai”. Lo diceva la scorsa
stagione mostrando che anche da
ultranovantenne l'ironia, l'intelligenza, lo sguardo beffardo non erano
venuti meno. Giorgio Albertazzi avrebbe compiuto 93 anni il prossimo 20 agosto;
è morto stamane nella sua casa in Maremma, con accanto la moglie Pia de’
Tolomei, per una sofferenza al cuore. Ma
proprio il cuore, la passione, l'entusiasmo erano stati il motore, forse la
ragione della sua vita di attore e uomo che ha attraversato in prima linea, con
temperamento guascone, temerario, senza censure.
Oltre 40 film, (tra cui L'anno scorso a
Marienbad di Alain Rasnais ), oltre venti sceneggiati e fiction - tra cui alcune pietre miliari della
televisione italiana, come Delitto e castigo, regia di Franco Enriquez nel
1954, l'insuperato L'idiota del 1959 dal romanzo di Dostoevskij e l'ormai
leggendario dottor Jekyll e mr. Hyde di Jekyll che nel '69 tenne incollata
l'Italia al piccolo schermo per una intera stagione, o il divertente Philo
Vance della serie del '74 – ma soprattutto uno sterminato repertorio teatrale
fanno di Albertazzi, attore e regista, uno dei più grandi protagonisti della
nostra scena.
Nato a Fiesole, aveva iniziato a fare
l'attore imparando a recitare da mostri sacri come Renzo Ricci e Memo Benassi.
Nel '49 entra già dalla porta principale: Troilo e Cressida di Shakespeare, con
la regia di Luchino Visconti al Maggio Musicale Fiorentino.
Da quel momento Albertazzi è sempre rimasto
in prima linea e sulla cresta dell'onda. Dal 1956 inizia a lavorare con Anna
Proclemer. Tutto era cominciato perchè nel '55 l'impresario Lucio Ardenzi, che
allora teneva in pugno tute le grandi compagnie private, cioè metà del teatro
italiano, aveva organizzato una tournèe
in Sud America. Albertazzi era già una celebrità e con Tino Buazzelli impreziosiva
la compagnia in trasferta. Da lì però nacque anche una bella e tempestosa
storia d'amore con Anna Proclemer, due leoni, che proseguì con un solido e
lungo sodalizio artistico. Nella compagnia Proclemer-Albertazzi, chi ha più di
cinquant'anni oggi, riconosce una delle punte più alte di quel teatro popolare
che erano le compagnie, quel teatro cioè che ha contribuito a formare la
cultura teatrale nazionale. Da Shakespeare a Ibsen, da George Bernard Shaw a
Vitaliano Brancati, da Pirandello a D'Annunzio: insieme Albertazzi e Proclemer
hanno fatto centinaia di testi. Moltissimi i traguardi: nel 1964, in occasione
del 400º anniversario della nascita di Shakespeare, debuttarono all' Old Vic di
Londra con Amleto, diretto da Franco Zeffirelli, nel '69 alla Scala di Milano
in Edipo re di Sofocle.
Quando a metà degli anni Ottanta finisce
l'amore con la Proclemer, Albertazzi prosegue anche professionalmente per conto
proprio: nel 1994 fonda e dirige il Laboratorio Arti Sceniche Città di
Volterra, dal 2002 per cinque anni è
direttore del Teatro di Roma (e lo ricorda con affetto il direttore di oggi
Antonio Calbi), intanto porta in giro le tante letture di Dante (nel 2009, per
Rai 2, ha registrato la Divina Commedia fra le rovine del centro storico
dell'Aquila dopo il terremoto del 6 aprile), nel 2004 con Dario Fo battezza un
ciclo di lezioni sulla storia del teatro, va al Teatro Greco di Siracusa per
un Edipo a Colono di Sofocle diretto da
Krzysztof Zanussi. Negli ultimi anni è stato spesse volte al Teatro Ghione di
Roma con Il mercante di Venezia, e qualche anno fa fu Prospero in scarpe da
ginnastica al Teatro Globe di Roma
invitato da Gigi Proietti in La tempesta di Shakespeare con la regia di Daniele
Salvo.
“Il vero grande classico non si dimentica mai” diceva. E mai sarà dimenticato
il suo Memorie di Adriano della Yourcenar con la regia di Maurizio Scaparro: da
quando debuttò alla Villa Adriana di Tivoli nel 1989, ha raggiunto quasi 1000
repliche, in Italia e all’estero. Uno spettacolo che ormai era perfetto, come
se quel pezzo di teatro fosse diventata la sua vita, e lui Adriano: la finzione
pareva verità, il romanzo una cosa personale.
Il suo sogno futuro, dice ora la famiglia, era fare Giulietta e Romeo con Valeria Valeri.
Dall'archivio: "Sono Re Lear e voglio
morire sul palcoscenico"
E ce l'avrebbe fatta, perchè tra l'altro
aveva ancora una memoria di ferro. Anzi, da animo avventuroso che era, diceva:
“Anche delle mie donne ricordo tutto. Rammentano ogni attimo, ogni dettaglio
d’amore”. Bello era sempre stato bello: biondo e aitante da giovane, ma anche
ora che il viso si era scavato era sempre un bel signore, forse solo un po'
immalinconito. “Se non ci fossero le donne, la vita sarebbe come una stanza
chiusa senza finestre. Noi uomini siamo molto più grezzi. Ecco, la donna è una
finestra che si apre”, diceva. E tra i suoi amori ci furono Anna Proclemer,
Bianca Tocafondi, Elisabetta Pozzi, Mariangela D'Abbraccio.... Il 12 dicembre
2007 si era sposato a Roma con Pia de' Tolomei, discendente della nobildonna di
dantesca memoria. 36 anni gli anni di differenza.
Tra i suoi vizi e le sue doti, quella di
vivere con lo stesso entusiasmo cultura alta e cultura popolare: solo così si
ricorda la sua partecipazione nel 2014 a
Ballando con le stelle su Rai 1. Perchè le contraddizioni, fare il bastian
contrario, gli erano sempre piaciute. Anche in politica. Nel 1996 si era
candidato alla Camera sostenuto dal centrodestra. Era stato repubblichino
confesso, come Dario Fo, e era sempre
stato classificato di destra, tanto che
prontamente la “destra” di oggi si è messa in fila per dire la sua
parola du Albertazzi da Meloni, Gasparri e perfino la Santanchè. Ma lui si
definiva “un anarchico. Per essere più precisi un anarchico di centro. Mi interessano, invece, le battaglie per i
diritti civili”. Il premier Matteo Renzi lo ricorda come “un grande italiano”
e “un artista che è stato
contemporaneamente classico e controcorrente". E non ha tutti i torti.
Della vecchiaia ultimamente diceva : «è più
corporea della giovinezza, ti costringe a fare i conti con il tuo corpo, che
reclama le sue esigenze. Quando sei giovane non ti accorgi di averlo, ti
obbedisce. Ma poi arriva il momento che ti dice 'no, questo non lo puoi fare
perché sei vecchio'".
La famiglia fa sapere che l'ultimo saluto
avverrà in Maremma : “Non sarà un funerale, perchè il maestro desiderava così,
ma un saluto agli amici domani, domenica, alle 17 agli amici nella tenuta di
famiglia alla Pescaia di Grosseto". Ci piace ricordare questa sua frase: "Dovunque stiamo andando cerchiamo di
andarci con leggerezza".
Al cordoglio si è unito anche il presidente
della Repubblica Sergio Mattarella: "Con Giorgio Albertazzi scompare uno
dei massimi interpreti del teatro e del cinema italiano contemporaneo", ha
ricordato Mattarella, "le sue interpretazioni dei grandi classici restano
una pietra miliare nella storia dello spettacolo. Albertazzi, che ha dedicato
al teatro l'intera esistenza, è stato punto di riferimento e maestro per
generazioni di attori e registi".
Attendo con ansia che Lando Buzzanca e Alvaro Vitali tocchino la novantina per sentirli chiamare "Maestro". Fossero tuttì morti quarantenni, Zeffirelli sarebbe l'oleografico "trovarobe di Visconti", la Pampanini - doppiata regolarmente - la Gloria Guida anni '50, e Albertazzi, primo, narciso e spocchioso divo televisivo, ìl repubblichino fucilatore di partigiani che fu e sempre è stato dal momento che non si è mai "pentito". È che l'Italia non ha avuto la sua Norimberga, purtroppo.
RispondiEliminap.s. Quali sarebbero le sue innovazioni? Quali i nobili eredi o emuli artistici? Quali le opere teatrali che ha creato? Carmelo Bene con un solo titolo -il titolo più geniale della storia del teatro e non solo - "Sono apparso alla Madonna", lo ha seppellito da decenni sotto i suoi parrucchini biondi e i mantelloni da Capitan Fracassa.
RispondiEliminaMAB....implacabile!............il talento di Albertazzi, per me, non si discute...le sue scelte, sono, come per tutti, discutibili....è vero che diventano tutti maestri quando passano nel'aldilà..."provincialismo" italiano...io però ho in mente l'attore Albertazzi...esattamente come ho in mente l'arte di Dario Fo, a prescindere dalle sue scelte politiche che posso o meno condividere
RispondiEliminabuon fine settimana!
Infatti, è come teatrante che l'ho giudicato. Il suo talento lo discuto. La capacità di innovare e il talento di creare che non aveva.
RispondiEliminaEssere un fucilatore nazi-fascista non è una scelta sbagliata, è un crimine per cui lui, come tantissimi suoi camerati, non hanno mai pagato, e, direi di conseguenza, mai rinnegato. Se la Costituzione fosse rispettata e il codice pure, certi rivendicatori di "scelte sbagliate" abbasserebbero la cresta. Non credeva nell'Aldilà, almeno non in quello raffigurato dalle religioni imperanti, quindi ho apprezzato, almeno alla fine, la mancata ostentazione di nuvole d'incenso.
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