martedì 15 marzo 2016

Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, manovre su Mediaset-Vivendi-Telecom. Così riappare il Patto del Nazareno



da: http://www.huffingtonpost.it/ - di Alessandro De Angelis 



All’incrocio dei venti riappare il Nazareno, o meglio il “Nazareno della roba”, senza neanche l’impiccio di una copertura parlamentare. Il vento del nord, teutonico, che spinge Matteo Salvini a stracciare la foto di Bologna (con Silvio Berlusconi) e a costruire una corsa solitaria, come l’estrema destra che nei Lander ha preso il 20 per cento. E il vento di Cologno Monzese, dove il Biscione nell’era Renzi, sta conoscendo una seconda giovinezza.

Una seconda giovinezza (la prima risale a quando Craxi schiaffeggiò il Parlamento pur di imporre la Legge Mammì) che val bene la sconfitta a Milano, con lo sconosciuto Stefano Parisi da contrapporre a Beppe Sala e a Roma, dove Berlusconi ormai, dopo la finzione delle gazebarie, su Guido Bertolaso non torna indietro: “Con Giorgia Meloni a capo della coalizione – dicono furiosi dentro la Lega – il ballottaggio sarebbe stato tra lei e Cinque Stelle. Così invece a destra si va in ordine sparso, con Storace, Marchini, Bertolaso e vediamo come va a finire con la Meloni. Insomma, così al ballottaggio va Giachetti e la Raggi”. Il vertice, chiesto dalla Meloni, è saltato, tutta Forza Italia fa quadrato attorno a
Bertolaso, anche dopo una serie di gaffe, e la Lega deve solo capire se Giorgia dà la disponibilità a scendere in campo oppure Salvini sosterrà Storace. Ecco, Bertolaso, rinviato a giudizio sull’eolico e sull’Aquila, debolissimo nei sondaggi, consente al Pd di rientrare in partita.

Telecom e Mediaset, partita francese in terra Italianail titolo delle pagine economiche di Repubblica, dove il destino dell’azienda appare più roseo di quello di Forza Italia descritto nelle pagine politiche. Più che una coincidenza, un disegno. Berlusconi offre il disarmo politico e ottiene la tutela degli interessi aziendali. Negli ultimi giorni si sono intensificati i contatti tra la famiglia Berlusconi e la famiglia Bolloré, azionista di riferimento di Vivendi e principale azionista di Telecom. L’ultimo incontro, secondo alcune indiscrezioni, è stato a Parigi proprio tra Bollorè e Pier Silvio. I quotidiani francesi per primi, ma non solo, hanno svelato che Vivendi sta trattando con Berlusconi per aggregare Canal Plus a Mediaset Premium nella pay tv. Voci, abboccamenti, per ora fonti ufficiali dicono che non c’è nulla di concreto. Ma l’operazione, cui si lavora, è chiara. E mira a creare un nuovo concorrente a livello mondiale del magnate delle televisioni Rupert Murdoch, che vedrebbe ridotte le sue quote di mercato. L’obiettivo è creare una realtà integrata, tra Vivendi, Mediaset, Telecom e Telefonica per diventare la media company numero uno nel Sud Europa. “Il matrimonio si farà, si farà” scommettono i parlamentari di area Mediaset.

In questo clima nessuno si stupisce che, sulle amministrative a Roma, dichiarino più che gli uomini di partito, gli uomini Mediaset come Giovanni Toti o il capogruppo al Senato Paolo Romani, uno per cui il Nazareno non è mai finito e, ogni volta che ha potuto, ha dato una mano al governo. O che Fedele Confalonieri non fa mistero, durante le cene o le chiacchierate negli ambienti milanesi che contano, di invitare a votare Giuseppe Sala e non Stefano Parisi. Gli osservatori di vicende politiche aziendali dicono che la storia di Mediaset può essere letta attraverso il pendolo di Foucault: quando va su Berlusconi (politica), va giù Confalonieri (azienda). Infatti quando il Cavaliere stava al governo e dal governo combatteva la sua battaglia contro i giudici, le aziende soffrivano. Ora è l’opposto. “Paradigma Confalonieri” titolava il Foglio, dopo la partecipazione di Renzi dalla D’Urso, fatta di ammiccamenti, intervista col tu e bacetti sulla guancia. Proprio Fidèl si è intrattenuto col premier dietro le quinte della trasmissione. Il Foglio il suo Nazareno lo ha realizzato, col passaggio di testimone tra il papà berlusconiano Giuliano Ferrara e il figlio renziano Claudio Cerasa, un passaggio di testimone senza un cambio di linea, un po’ come Confalonieri e Verdini speravano che facesse Berlusconi con Renzi, che sta realizzando – come ripete Denis – “ciò che Silvio ha detto per vent’anni”. Ebbene il giovane direttore del Foglio così spiega il “paradigma Confalonieri:

Il significato del “paradigma Confalonieri” è presto spiegato: è la predisposizione naturale del presidente del Consiglio a conquistare la simpatia di elettori storicamente lontani se non ostili alla sinistra italiana. A prima vista ci si potrebbe chiedere quale sia la novità, dato che il successo renziano, nel Pd, è da sempre legato alla sua possibilità di sfondare al centro e a destra, anche a costo di sacrificare pezzi importanti della sinistra. La novità è che oggi, in presenza di una scissione sentimentale sempre più forte con i reduci della sinistra dei diciamo e dei D’Alema, è diventata cruciale, per Renzi, la conquista dei Fedele Confalonieri e dei Gianni Letta. E da questo punto di vista le prossime elezioni, già quelle amministrative, saranno un banco di prova importante.

Evidentemente, di questa “conquista” fa parte la tutela degli interessi di Mediaset di cui l’operazione sulla Rai è stata parte integrante. “Cambieremo la legge Gasparri” diceva Renzi da rottamatore. Da premier ne ha lasciato immutato l’impianto, non toccando il duopolio. Il che, per dirne una, ha consentito a una azienda non proprio in salute come Mediaset di non investire per diventare competitiva. Non solo. Il Biscione, la cui informazione è assetata su uno spartito filo-governativo, ha vissuto come una boccata d’ossigeno l’operazione Canone in bolletta. Perché in tal modo la tv pubblica dimagrisce sulla pubblicità, liberandola anche per altri, Mediaset in primis. Il meccanismo è semplice. Il canone Rai, la tassa finora più evasa d’Italia, sarà in bolletta, garantendo a giugno un incasso importante. Denari che verranno stornati dagli introiti pubblicitari di viale Mazzini. Qualche giorno fa, nel corso di un convegno all’istituto Bruno Leoni, il viceministro alle comunicazioni Giacomelli spiegava: "Se il gettito del canone fosse quello che il governo si aspetta e l’evasione si riducesse all’evasione fisiologica che esiste già nel pagamento dell’utenza elettrica, questo porterebbe a rivedere secondo un principio di proporzionalità le possibilità dei accesso al mercato pubblicitario? Io sono disponibile a parlarne, non è un tabù".

È chiaro che parole come queste suonano come una musica dolce dalle parti di Fedele Confalonieri. E anche di Silvio Berlusconi. Molto più dolci dei capricci di Salvini, delle durezze della Meloni, da cui si sente trattato come un vecchio rimbambito. È vero, c’è l’indole del lottatore, che non ha mai concepito il ritiro dal campo e il passaggio di testimone ma – in questo momento – è tornato, prepotente, il primato dell’azienda sulla politica. Si rischiano smentite a scriverlo, ma più volte Confalonieri negli ultimi tempi ha ricordato a Silvio la promessa che si fecero da giovani: “Quando uno dei due inizia a perdere colpi, l’altro glielo deve dire”. Fidèl lo ha detto. È il momento di cambiare schema, di mollare la politica, tornando allo schema delle origini: tutelare l’azienda all’ombra di un governo amico. La democrazia dell’alternanza è finita. Ora al centro c’è il partito della Nazione, con a destra e sinistra Salvini e Grillo, considerati a Cologno Monzese due matti cui non si può affidare neanche un’edicola, figuriamoci il paese. Meglio stare all’ombra del partito Nazione e appoggiarlo, come accadeva vent’anni fa ai tempi di Craxi e del pentapartito. Un seconda giovinezza.

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