da: http://www.linkiesta.it/it/
Dai
cattolici tradizionalisti ai movimenti in difesa della famiglia, si diffonde
l’opposizione alle nuove idee di Papa Bergoglio, accusato addirittura di non
essere cattolico
di
Francesco Peloso
Le truppe ultra-tradizionaliste non hanno
retto: il Papa venuto dalla fine del mondo non gli piace, non gli è mai
piaciuto per la verità, solo che ora il brusio di fondo, il malcontento che si
sentiva come un rumore in lontananza, è esploso. Il Papa non è cattolico,
accusano, è quasi un eretico anzi; si avvicinano così alle classiche posizioni
sedevantiste dei lefebrviani, la Fraternità di San Pio X che resta, per molti
di loro, un punto di riferimento. Il punto di non ritorno è stato il sinodo
sulla famiglia, anzi i due sinodi: a lungo l'ala conservatrice più
intransigente ha coltivato l'obiettivo di mandare a monte il progetto
riformista del Papa che metteva fuorigioco la dottrina concepita come
ideologia: chi è in regola è dentro tutti gli altri fuori, altro che
misericordia, altro che amore di Dio, altro che accoglienza: porte chiuse e non
e ne parli più.
Su questa linea si asserragliava l'integralismo
duro e puro che aveva più di una diramazione rosso porpora nei sacri palazzi,
anche se certo i cardinali integralisti non usavano il linguaggio aggressivo e
feroce di certi gruppi e siti internet. D'altro canto uno dei padri sinodali,
l'arcivescovo Tomash Peta, di Astana (Kazakhstan), appartenente alla corrente
più intransigente, è andato fino in fondo e ha detto senza giri di parole –
riprendendo una celebre espressione di Paolo VI - che il «fumo di Satana» è
entrato in Vaticano con il sinodo e «precisamente attraverso la proposta di
ammettere alla sacra comunione chi è divorziato e vive in una nuova unione
civile; l’affermazione che la convivenza è un’unione che può avere in se stessa
alcuni valori; l’apertura all’omosessualità come qualcosa dato per normale».
Non meraviglia più di tanto allora che nel
sottobosco del web, di gruppi e associazioni fondamentaliste, il Papa diventi
una specie di anticristo, un diavolo che si è infiltrato al vertice della
Chiesa cattolica; ambienti marginali dai quali trapela però un clima pesante,
una pericolosa aggressività mal repressa. Non va dimenticato, tuttavia, che se
l'estremismo religioso cattolico ce l'ha con Bergoglio, i primi a dargli del “comunista”
sono stati i fanatici dell'iperliberismo economico a stelle e strisce, i capi
del Tea Party, le falangi repubblicane aderenti al cristianesimo evangelico in
salsa fondamentalista, quello della “bible belt” che si saldavano agli ideologi
di Wall street: il Papa si occupasse di anime, il capitalismo finanziario in
crisi di questi anni turbolenti, non poteva essere toccato, tanto meno era
compito del vescovo di Roma parlare di diritti sociali.
In ogni caso se un'opposizione coerente al Papa non riesce a prender forma, e appare anzi piuttosto frastagliata e divisa, gruppi e sensibilità diverse convergono però in un malumore crescente contro Francesco e i suoi collaboratori. Solo che questo sommovimento ha dovuto fare i conto con l'immenso consenso che accompagnava il Papa argentino, da Manila a Rio de Janeiro, dove interi popoli cattolici, folle di “scartati”, di marginali, ritrovavano una guida e un riferimento in un mondo regolato dal potere di una economia che non aveva – negli slums filippni e brasiliani - un volto umano.
In ogni caso se un'opposizione coerente al Papa non riesce a prender forma, e appare anzi piuttosto frastagliata e divisa, gruppi e sensibilità diverse convergono però in un malumore crescente contro Francesco e i suoi collaboratori. Solo che questo sommovimento ha dovuto fare i conto con l'immenso consenso che accompagnava il Papa argentino, da Manila a Rio de Janeiro, dove interi popoli cattolici, folle di “scartati”, di marginali, ritrovavano una guida e un riferimento in un mondo regolato dal potere di una economia che non aveva – negli slums filippni e brasiliani - un volto umano.
Del resto è lungo l'elenco delle cose che
hanno fatto sobbalzare i gruppi tradizionalisti: dalla critica alla finanza
mondiale al San Francesco ecologico, dall'attacco alla corruzione nella Chiesa
alla richiesta di pastori “col puzzo di pecora” - in grado cioè di stare in
mezzo al popolo - alla scomunica ai mafiosi diretta anche e forse soprattutto
ai tanti silenzi interni di preti e vescovi conniventi, dalla riforma delle
finanze vaticane al depotenziamento della corte pontificia. E poi c'è stata la
sconfessione di ogni criterio gerarchico nelle nomine cardinalizie: la scelta
non premiava più diocesi potenti e carriere costruite per arrivare a quello zucchetto
rosso, ma uomini di Chiesa che abitano i luoghi complessi di un mondo reale:
dalla Birmania alla lontana Tonga, da Motevideo ad Agrigento.
L'enciclica sull'ambiente, inoltre, ha
mobilitato intorno al Papa mondi che prima guardavano solo con diffidenza alla
Santa Sede, ma in modo particolare ha avvicinato al vertice della Chiesa dopo
molto tempo una miriade di organizzazioni cattoliche che dal Brasile,
all'Africa, all'Australia, hanno combattuto col Vangelo in mano battaglie non
di rado disperate per difendere territori depredati e comunità umane fatte a
pezzi. Così è lo stesso papa Francesco ha descrivere il modello di Chiesa che
ha in mente come una piramide rovesciata, dove il popolo di Dio – secondo la
definizione del Concilio Vaticano II - è il protagonista e non più il porporato
di Curia con il codice di diritto canonico fra le mani.
Infine è arrivato il tema più grosso, la
famiglia, dove Bergoglio ha dato indicazione, senza cambiare la dottrina, di
aprire le porte a tutti: divorziati, conviventi, madri single, omosessuali. Non
un'assenza di regole, ma il ritorno al fondamento della fede cristiana, il
perdono e l'accoglienza. E su questo si è aperta una battaglia culturale
cruciale nella Chiesa.
Il sinodo è diventato allora il momento nel quale i vari oppositori interni hanno provato a riunificare le forze per fare muro contro il Papa, per bloccarne il disegno. Ma certo cardinali come Gerhard Muller, prefetto della dottrina della fede, e Angelo Scola, arcivescovo di Milano, pure in dissenso, non potevano approvare un progetto di 'guerra civile' interna come quello scatenato dai circoli più oltranzisti, per altro le voci più oltranziste e forse finivano col danneggiare l'ala meno irruenta dei conservatori. Fiorivano intanto gli interventi del professor Roberto De Mattei, della Fondazione Lepanto, o quelli di Antonio Socci, commentatore cattolico tradizionalista, che evocava paragoni storici per parlare di eresia latente e di Papa in definitiva non cattolico o quasi.
Forze più organizzate, come la lobby
ultra-tradizionalista “Voice of the family”, attaccavano le posizioni
“aperturiste” presenti nel sinodo mentre accoglieva e pubblicava in bella
evidenza il comunicato del Superiore dei lefebvriani, monsignor Bernard Fellay,
che a proposito del testo finale del sinodo affermava: “Vi si possono leggere
sicuramente dei richiami dottrinali sul matrimonio e la famiglia cattolica, ma
si notano anche delle spiacevoli ambiguità e omissioni, e soprattutto delle
brecce aperte nella disciplina nel nome di una misericordia pastorale
relativista. L’impressione generale che si ricava da questo testo è quella di
una confusione che non mancherà di essere sfruttata in un senso contrario
all’insegnamento costante della Chiesa”. A canto a questi si muoveva anche il
gruppo “Tradizione famiglia proprietà”, fondato in America Latina alla fine
degli anni Cinquanta del secolo scorso da Plinio de Correa de Oliveira, e poi
diffusosi in varie parti del mondo; il movimento entrò in conflitto con la
conferenza episcopale brasiliana a causa del suo fondamentalismo estremista.
Alla rete di “Voice of the Family”, aderisce anche “Famiglia domani”, l'organizzazione italiana che ha indetto da qualche anno la marcia per la vita nella quale si ritrovano i settori integralisti del cattolicesimo italiano e che incontra il consenso di gruppi politici di estrema destra come “Forza Nuova”. In Curia le posizioni oltranziste sono state rappresentate in primo luogo da un cardinale americano, Raymond Leo Burke, fautore della messa preconciliare; e all'interno dello stesso sinodo una personalità come il cardinale Carlo Caffarra, ormai ex arcivescovo di Bologna, ha dato voce, insieme ad altri, alla fazione più intransigente. C'è poi un livello di discussione più articolato, quello promosso da settori del cattolicesimo conservatore d'Oltreoceano, che non gradiscono la dottrina sociale declinata dal papa e dai suoi sostenitori, giudicata troppo sensibile ai temi della giustizia sociale.
Alla rete di “Voice of the Family”, aderisce anche “Famiglia domani”, l'organizzazione italiana che ha indetto da qualche anno la marcia per la vita nella quale si ritrovano i settori integralisti del cattolicesimo italiano e che incontra il consenso di gruppi politici di estrema destra come “Forza Nuova”. In Curia le posizioni oltranziste sono state rappresentate in primo luogo da un cardinale americano, Raymond Leo Burke, fautore della messa preconciliare; e all'interno dello stesso sinodo una personalità come il cardinale Carlo Caffarra, ormai ex arcivescovo di Bologna, ha dato voce, insieme ad altri, alla fazione più intransigente. C'è poi un livello di discussione più articolato, quello promosso da settori del cattolicesimo conservatore d'Oltreoceano, che non gradiscono la dottrina sociale declinata dal papa e dai suoi sostenitori, giudicata troppo sensibile ai temi della giustizia sociale.
D'ora in avanti, insomma, il cammino si fa
più aspro per il Papa, come dimostra la vicenda grottesca della falsa malattia
diffusa a poche ore dalla conclusione del sinodo. dietro le quinte s'intuisce
un lavorìo che fa leva sulla suggestione del caos, sul disordine interno che
avrebbe suscitato l'azione riformatrice di Bergoglio. Del resto non c'è
rivoluzione che non crea conflitti, e questo il Papa lo sa bene. Così il
prossimo sinodo, potrebbe avere per tema – lo ha ipotizzato il cardinale Oscar
rodriguez Maradiaga, vicino al pontefice - il decentramento della Chiesa,
ovvero il potenziamento del ruolo delle conferenze episcopali nazionali, delle
singole diocesi, dei sinodi continentali. Una Chiesa in grado di discutere di
tutto dunque, in cui il Papa sarebbe il garante dell'unità; in un progetto
simile c'è certo poco spazio per i diktat della curia vaticana.
E poi - a sinodo appena concluso - sono
arrivate due nomine importanti di vescovi in Italia, a Bologna e Palermo, città
chiave per la chiesa italianam alla cui guida Francesco ha chiamato due
pastori, nell'accezione bergogliana del termine: monsignor Matteo Zuppi, già
vescovo ausiliare di Roma, e Corrado Lorefice, parroco e studioso. Da ultimo il
Papa ha dato una stoccata indiretta ma ben assestata ai suoi detrattori
parlando di Monsignor Oscar Arnulfo Romero, il vescovo assassinato da gruppi
armati di estrema destra in Salvador nel 1980 e divenuto un simbolo della lotta
evangelica contro l'oppressione dei più poveri. Il suo martirio, ha detto il
Papa, è proseguito anche dopo la morte: «Una volta morto – ero giovane sacerdote
e ne fui testimone – fu diffamato, calunniato, infangato. Il suo martirio
continuò anche da parte di suoi fratelli nel sacerdozio e nell'episcopato. Non
parlo per aver sentito dire. Ho ascoltato queste cose». Insomma Bergoglio
comincia a levarsi qualche sassolino dalle scarpe e si prepara intanto al
Giubileo della misericordia.
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