“far
credere che biglietto staccato e biglietto venduto siano la
stessa cosa: ma quanti sono i biglietti comprati al prezzo pieno di 39
euro, quelli omaggio e quelli a 10 o 5 euro?”
da: https://ilsimplicissimus2.wordpress.com/
di ilsimplicissimus
Se un premier o un suo manutengolo vantassero come un grande successo la
perdita di un miliardo e mezzo di soldi pubblici sarebbero sonoramente fischiati. Altrove
sarebbero cacciati seduta stante e costretti a ritirarsi a vita privata se
dichiarassero di voler fondare su questo tipo di trionfo la governance
del Paese e delle sue maggiori città. Purtroppo è proprio ciò che sta
avvenendo, ahimè senza la cacciata dei ninfomani del potere annidatisi nei
gangli vitali: il sedicente trionfo
dell’Expò viene preso a pietra miliare per governare Roma, Milano e il
Paese tutto sulla base di eventi comunque occasionali e transitori
come l’esposizione universale, nient’altro che un grande ristorante
temporaneo o il giubileo, dietro cui si nasconde poi il magna magna della
corruzione.
Ma i conti dell’Expò il cui successo consiste solo nel
non essere stato un fallimento completo, sono già stati fatti e parlano di
quasi un miliardo e 600 milioni di
perdita secca, sempre che i dati forniti al termine della
manifestazione,
siano veritieri cosa di cui c’è da dubitare visti sia i tentativi già accertati
di giocare sulle cifre, sia il fatto che il risultato finale in fatto di
biglietti staccati, più di 21 milioni, è così vicino alle previsioni fatte due
o tre anni fa da essere sospetto. E questo anche con la disperata
mobilitazione della buona scuola per mandare il maggior numero di studenti
possibile nella mega mangiatoia, impresa per la quale sono stati spesi altri 4
milioni, le offerte a prezzo stracciato che per mesi hanno girato in ogni dove,
l’ingresso gratuito ai pensionati e via dicendo. La cosa odiosa in tutto questo
è il tentativo di far credere che
biglietto staccato e biglietto venduto siano la stessa cosa: ma quanti
sono i biglietti comprati al prezzo pieno di 39 euro, quelli omaggio e quelli a
10 o 5 euro? Quanto si è perso e quanto si è speso in più per far numero e
non andare incontro a una completa figuraccia, per riprendere la fila
dell’ultim’ora in favore di telecamera? Non si sa nemmeno quando
avremo i conti reali e non solo la cifra sommaria degli ingressi – forse
solo dopo le elezioni a Milano – ma c’è un evidenza non contestabile:
Expò non è riuscita a coprire nemmeno le spese di gestione del falansterio
culinario che ammontano a oltre 900 milioni. Se questo è un successo
io sono la regina di Saba, tanto più che si tratta della più fallimentare
esposizione universale dopo quella di Hannover del 2000, che tuttavia riuscì a
contenere le perdite a un miliardo e duecento milioni.
La differenza è che il cancelliere
Schroeder accusò il colpo e cominciò il suo declino, così come gli
organizzatori dell’evento scomparvero dalla scena circonfusi di vergogna e
pentimento, mentre da noi il guappo premier grida all’ “impressionate
successo”, chi ha guidato il trabiccolo fra ritardi e corruzioni è ormai
lanciato sulla strada di Palazzo Marino (strana coincidenza di nomi), chi
doveva vedere non ha visto nulla e ora fa di Milano la capitale morale grazie
alla presunta virtù assolutoria di un successo esistente solo nei media
fiancheggiatori. Personaggetti, come direbbe De Luca.
Sulla placenta di corruzione e mafia nella
quale è avvenuta la gestazione dell’Expo, così come quella delle grandi opere,
ha già scritto ciò che si doveva Anna Lombroso (qui) ed è inutile ripetersi, preferisco
parlare di una corruzione ancora più disperante: quella di un di un ceto
dirigente, vorace e ottuso che
pensa di uscire fuori dagli immensi problemi del Paese a forza di eventi estemporanei e di emergenze, privo di qualsiasi idea di sviluppo, di
qualsiasi progetto, che si dedica alla spoliazione dei più deboli
dai loro diritti, alle riduzioni di salario, ai risparmi europei a danno dei
beni comuni e della civile convivenza prima ancora per inadeguatezza che
per vocazione. Certo un giubileo qui, un expo là portano soldi a valanga
nelle tasche dei soliti noti che spesso coincidono coi soliti ignoti delle
tangenti, ma portano poco o nulla sul piano generale. Sono le mangiatoie da
basso impero tra le quali è venuto alla luce il bambin Matteo a miracol
mostrare.
L’Expo
da questo punto di vista è da manuale perché oltre ad ingrassare Comunione e Liberazione, Farinetti. movimenti terra,
subappalti e compagnia cantante, ha
prodotto il nulla: qualche spicciolo in giro, sì, ma niente di più oltre
all’imposizione del lavoro semigratuito e politicamente selezionato.
L’Italia, dopo aver vinto fortunosamente la gara per l’esposizione
universale non è stata in grado di concepire nulla che andasse oltre lo
stereotipo pizza e mafia, organizzando qualcosa di lontanissimo da una seria
occasione di confronto globale sulle politiche agricole e alimentari per
dedicarsi alla costruzione di una fiera di ristorazione. Si sa da decenni che
queste manifestazioni sono in perdita e che se possono servire a qualcosa è
fornire una nuova immagine del Paese che le ospita. Senza questo sono solo e in
questo caso letteralmente, magna magna. Nel mondo – Italia esclusa, ci
sono più di 75 mila ristoranti che fanno cucina del nostro Paese
per un giro di affari annuale di 30 miliardi dollari: la tavola è uno dei
pochissimi campi in cui abbiamo un prestigio riconosciuto anche se non
sempre onorato. Si sarebbe dovuto pensare ad altro rispetto a una stanca
riproposizione o comunque a qualcosa che andasse al di là del solito mega
ristorante. Si è sciupata un’occasione per incapacità
ideativa, mettendo in piedi qualcosa solo per dare spazio ai peggiori e più
sospetti appetiti. E per trasformare in speculazione selvaggia il
dopo.
Mi sembra davvero giusto che tutto questo
aspiri adesso e senza vergogna a essere pietra miliare per il futuro del
Paese.
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