da: Il Fatto Quotidiano
Non è vero che, come qualcuno ha
ricominciato a dire dopo la riabilitazione del Ponte sullo Stretto, Renzi sia
uguale a B. Parla come lui e fa più o meno le stesse cose che faceva o voleva
fare lui, ma non è uguale a lui: per certi versi è meglio, per altri è
addirittura peggio. È meglio perché gli mancano la P2, la mafia, le mazzette e
le mignotte. È peggio perché B. almeno andava al governo dopo aver vinto le
elezioni: Renzi mai. B. non destituì mai un sindaco perché non gli andava a genio:
Renzi l’ha fatto a Roma, cacciando il sindaco eletto dal popolo per sostituirlo
con un Dream Team non eletto da nessuno, ma nominato da lui che non ha eletto
nessuno. Ma soprattutto: B. aveva sempre
un piede in galera, dunque le porcate le faceva per costrizione e per
disperazione: Renzi invece le fa per convinzione. Per B. le leggi vergogna
erano un dovere: per Renzi sono un piacere. La devastazione autoritaria della
Costituzione, il supercondono che manda al macero 10 mila processi per evasione
fiscale, la soglia del contante a 3 mila euro, l’occupazione militare della Rai,
la responsabilità civile dei giudici, il disprezzo per i sindacati, l’attacco
ai talk che osano criticarlo, la cancellazione dell’articolo 18, la legge
elettorale per nominare i parlamentari anziché eleggerli, la tassa sulla casa
tolta anche ai ricchi, il doppio gioco su diritti e unioni civili, l’amore per
Alfano e Verdini, ora pure il Ponte (che, come ha scritto qualcuno, serve a
collegare Alfano al Pd).
Renzi non ha ancora detto che Mangano era
un eroe, ma solo perché non sa chi sia. Chi s’illudeva che bastasse mandare a
casa B. per liberarsi del berlusconismo ha la sensazione di rivivere sempre lo
stesso giorno, come Albanese nel film È
già ieri. Ma non è tutto come prima. Oggi è peggio.
Il
Caimano ne combinava tali e tante da svegliare la società civile,
creando con le sue mani un movimento spontaneo di cittadini che, per la prima
volta in Europa, scesero in piazza in difesa della legalità e addirittura della
magistratura. La Costituzione non ebbe
mai tanti tifosi come quando B. la picconava. Ma, se quel movimento di cittadini era spontaneo, non si può dire
altrettanto di chi lo catalizzava, canalizzava e chiamava a raccolta: molto
spesso erano giornali e intellettuali di sinistra (o sedicenti tali) che
della legalità e della Costituzione se ne infischiavano: le usavano per
combattere B., colpevole ai loro occhi non di attaccare legalità e
Costituzione, ma di essere “di destra” e di governare al posto della sinistra.
Oggi
che gli stessi valori sono minacciati dall’altra parte, quella “giusta” (la
loro), i paraculi si voltano dall’altra parte (tipo Benigni ndr), non si fanno
trovare, hanno altro da fare o fanno mille distinguo: eh,
certo, questi magistrati sono dei gran rompicoglioni… e quella Costituzione,
beh, a guardarla meglio non è proprio la più bella del mondo… Anche il Ponte
sullo Stretto, che quand’era targato B. faceva schifo, non stava in piedi
(letteralmente: la campata unica con quei venti e quei rischi sismici), era un
regalo alle mafie o uno spreco di miliardi, ora che è targato Renzi beh,
insomma, non è mica una brutta idea.
L’altra sera se ne parlava a Linea Notte,
che quando la conduce Maurizio Mannoni
è meglio del Processo di Biscardi. M’annoi
aveva convocato una delle lingue più
vellutate del new journalism, Salvatore Merlo del Foglio, che difendeva il
Ponte con argomenti filosofici (“come si può essere contrari a un ponte?”),
teologici (“Pontefice vuol dire facitore di ponti”, dunque Bergoglio è con lui)
e persino odontotecnici (“quando ti cade un dente ti fai mettere un ponte”).
M’annoi dirigeva il traffico delle cazzate tutto giulivo, ben conscio di aver
servito ancora una volta la Causa. Nessuno
ricorda quel che diceva Renzi prima della cura: “Preferiamo la banda larga al
ponte sullo Stretto” (prima Leopolda, 7.11.2010), “Continuano a parlare del
Ponte: ma gli 8 miliardi li dessero alle scuole!” (1.10.2012). Anzi, avverte su
La Stampa Federico Geremicca, il Ponte di Renzi è “moderno” e “postideologico”
e chi si attarda a contestarlo è la “vecchia sinistra”, con “i piedi
impantanati nel secolo scorso”. Il fatto che proprio le grandi opere, pesanti,
inquinanti, costose e criminogene, siano roba degli anni 80 e che tutto il
mondo civile oggi insegua la leggerezza, il verde e il risparmio, non lo
sfiora: per Geremicca le grandi opere sono sinonimo di “futuro, velocità,
modernità e crescita”. E cita, che Dio lo perdoni, come padre della modernità
renziana Tony Blair (uno che passa il tempo a chiedere scusa e non osa mettere
il naso fuori di casa nel suo Paese sennò lo lapidano) e come ultimo “modello
della capacità italiana” l’Expo: grande emblema di “velocità”, forse per le
code di 7-8 ore. A questo punto il raccordo anulare di Roma, come dice Crozza,
dovrebbe essere monumento nazionale.
Ma non è mica finita qui: “la Tav e il
Mose” eguaglieranno presto “il Colosseo, Firenze e Pompei” (al netto del
Vesuvio, si spera): “il futuro è scritto e appartiene alle grandi opere. Alla
faccia di quei gufi tristanzuoli della sinistra pd. Anzi della sinistra tutta,
più in generale”. Allarghiamo gli orizzonti. “Perché – domanda il piccolo
scrivano renziano – la Francia deve avere la torre Eiffel e l’Italia non può
avere il Ponte sullo Stretto, che servirebbe pure?”. Mi voglio rovinare: perché
gli egiziani devono avere la Sfinge e la Piramide di Cheope, i cinesi la Grande
Muraglia, e noi no? Pensiamo in grande e soprattutto annunciamo alla
grandissima.
L’altro giorno è tornata a piede libero Wanna Marchi: appena in tempo.
L’altro giorno è tornata a piede libero Wanna Marchi: appena in tempo.
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