da: https://www.repubblica.it/ - di Rodolfo di Gianmarco
Cantante e showman, compie 70 anni. Da oltre quarant'anni calca le scene interpretando Eduardo, Viviani ma anche Brecht, Pirandello e Shakespeare, diretto da grandi maestri
Sono 45 anni che Massimo Ranieri, il 3 maggio invisibilmente e tonicamente settantenne (auguri!) calpesta le assi dei palcoscenici della prosa, e pur coltivando a più riprese la sua immensa e naturale vocazione di cantante, di incisore di album, di showman e di venditore di milioni di dischi, ha segnato ininterrottamente le stagioni di molte drammaturgie di prestigio.
È stato attor giovane e poi primattore in compagnie teatrali private di rinomata qualità, è stato tante e tante volte conteso e scritturato da registi del calibro di Giuseppe Patroni Griffi e Maurizio Scaparro, ha ricevuto fiducia e investitura da Giorgio Strehler al Piccolo Teatro di Milano, ha avuto come performer il benvenuto in musical cari a Garinei & Giovannini, s'è sintonizzato su una recente ricerca cechoviana di Giancarlo Sepe, ha preso lui stesso confidenza realizzativa con quattro testi eduardiani in tv, ha rimodulato/diretto/interpretato uno Shakespeare in forma di romanzo criminale del '900, e ha spesso teatralizzato come jam session recitate certi exploit canoro-sonori. E si potrebbe dire che è un genio della voce e dell'arte melodica moderna straordinariamente (a costo anche di risultati non uniformi e non convenzionali) imprestato alla pratica del teatro. Lo testimonia la sfilza di titoli, di interpretazioni, di imprese sceniche in cui s'è avventurato per istinto, chiamata o circostanza non resistibile dal 1976 a oggi.
Il primo ad aver decifrato il suo sicuro potenziale recitativo fu nel 1971 il regista (e autore) Patroni Griffi. Gli disse, in un pubblico incontro di presentazione d'un film, che lui era nato per esprimersi nello spettacolo dal vivo. Lo convinse e lo aspettò per i suoi Viviani di Napoli chi resta e chi parte, lo coinvolse anche per In memoria di una signora amica. Noi lo scoprimmo poi sulle dune di sabbia dell'Eliseo a fare, come uno scugnizzo pazzariello, l'empatico clown della Dodicesima notte di Shakespeare con la regia di De Lullo. Di lì a poco lo volle Giorgio Strehler, in L'anima buona del Sezuan di Brecht, un violento svezzamento, cui seguì una quindicina d'anni dopo il reingaggio in L'isola degli schiavi di Marivaux (stettero a provare otto ore di seguito, ricorda Massimo, una breve scena), con importante battesimo a Barcellona, dove il Maestro lo elogia con un "Bravo!". Ma la spericolatezza, la ricerca di linguaggi scenici altri di Ranieri è la vera molla: nel 1984 abbraccia la commedia musicale Barnum di Mark Bramble, e prova per mesi l'equilibrio su una fune, allenandosi sotto la tenda del Circo Orfei.
E per rispondere a un'attrazione poetica s'affida poi a Maurizio Scaparro, cominciando a prendere la mano con Varietà, passando in seguito a Pulcinella, e più tardi sarà la volta di Liolà di Pirandello, del Teatro Excelsior di Cerami, di Le mille e una notte, e anni dopo Polvere di Bagdad, Raffaele Viviani Varietà, Teatro del porto da Viviani. L'originaria fedeltà alle messinscene di Patroni Griffi torna in auge per Hollywood - Ritratto di un divo e Il grande campione (dedicato al pugilato di Marcel Cerdan). Nel frattempo ha ricevuto tutti gli onori al Sistina di Garinei & Giovannini per Rinaldo in campo.
Ma l'artista della ribalta Ranieri, sempre amato e seguito anche da un gran pubblico musicale, ha ormai maturato una propria coscienza del teatro. Lo dimostra in lavori in prima persona, in certi casi provvisti di interdisciplinarietà di drammaturgie e spartiti. E fioccano titolazioni come Canto perché non so nuotare, o Sogno e son desto, o magari una Malia napoletana dove Massimo la sa lunga in materia di brani attoriali ma si circonda di mostri sonori come Enrico Rava, Stefano Di Battista, Rita Marcotulli e altri.
Intanto
nel 2015 si toglie un sassolino dalla scarpa agguantando un capolavoro del
Bardo, Riccardo III, e al Teatro Romano dell'Estate Veronese debutta con una
sua versione noir di violenza napoletana con musica di Morricone, e trama in
cui veste i panni di un Riccardo andreottiano con cifosi alla spalla destra,
dirigendo lui stesso un'impresa per quindici attori. Due anni fa s'affida
invece a Giancarlo Sepe per Il Gabbiano (à ma mère), calandosi nei panni di un
Konstantin cresciuto e maturo che ripensa al proprio rapporto con la madre, che
immette qualcosa di autobiografico in Ranieri style, alternando qua e là cinque
importanti canzoni francesi anni 50/60. E forse appartiene più alla sua storia
tv il ciclo eduardiano di quattro commedie (Filumena Marturano, Questi
fantasmi, Napoli milionaria e Sabato, domenica e lunedì) che Rai 1 mette in
onda tra il 2010 e il 2011. Ma insomma, che non si dica che Ranieri non è un
uomo nato per il teatro.
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