lunedì 31 maggio 2021

Effetto lockdown, la tv preferita è su Internet

 


da: https://www.quotidiano.net/ - di Elena G.Polidori

Nel 2020 c’è stato il balzo della digitalizzazione. Il presidente dell’Auditel, Andrea Imperiali: lo streaming è il nuovo oro televisivo

La domanda è: ce l’avremmo fatta, durante il primo e lungo lockdown del 2020 solo con "Montalbano" e "Distretto di Polizia" (rigorosamente in replica)? Adesso che la tv ci è cambiata sotto gli occhi in modo tanto radicale, ci sembrerebbe impossibile non poter vedere, in una botta sola, serie tv come "The Crown", "Bridgerton", "La casa di carta" o la "Regina degli scacchi". Eppure, era solo un anno fa e la rivoluzione digitale della tv italiana non sembrava poi così dietro l’angolo. Invece. "Ci siamo ritrovati tutti – ci racconta il sottosegretario all’Editoria Giuseppe Moles nella Sala Zuccari del Senato, dove il presidente di Auditel Andrea Imperiali ha presentato ieri la relazione annuale – a fare scorpacciate di tv, a guardare anche cose che forse prima non avremmo mai guardato, ma anche perché mancava lo sport e chi, come me, è comunque onnivoro di contenuti televisivi, ha approfittato di quel periodo per vedere ciò che prima, per ragioni di tempo, non riusciva a vedere. Ma, certo, senza il web l’offerta sarebbe stata senz’altro più magra".

Dunque il 2020 passerà alla storia dei media per essere stato l’anno in cui la popolazione italiana, segregata dal Covid, ha giocoforza compiuto un gigantesco balzo sul fronte della

Ribaltone in Cassa Depositi e prestiti. I Benetton in una botte di ferro. Con il nuovo Ad Scannapieco la revoca della concessione si allontana

 


da: https://www.lanotiziagiornale.it/ - di Raffaella Malito

Su quella poltrona avrebbe potuto forse già sedersi qualche anno fa – la sua candidatura era stata già sostenuta in occasione delle nomine decise dal governo Conte – ma ora Mario Draghi ha deciso che è arrivato il suo turno. Alla guida di Cassa depositi e prestiti arriva Dario Scannapieco, dal 2007 vicepresidente della Bei.

Ribaltone in Cassa Depositi. I Benetton in una botte di ferro

Nato a Maiori, gioiello della costiera amalfitana, nel 1967, si è incrociato con l’attuale premier nel 1997 quando l’allora direttore generale del Tesoro chiamò il giovane economista laureatosi alla Luiss, e con in tasca un master alla Business school di Harvard, come consulente del ministero, allora impegnato sul processo di privatizzazioni. Nel 2002, poi, la nomina a direttore generale Finanza e Privatizzazioni del Tesoro sotto il ministro Giulio Tremonti.

Negli anni a via XX Settembre si occupa della gestione delle operazioni di privatizzazione e delle partecipazioni azionarie dello Stato, della trasformazione di enti pubblici in società per azioni, dei rapporti con la comunità finanziaria internazionale su aspetti attinenti alle società partecipate. Nel corso della sua carriera, iniziata nel 1992 alla direzione Pianificazione e Controllo strategico di Telecom Italia, siede anche in numerosi cda tra cui Finmeccanica.

Chi è Dario Scannapieco

Dario Scannapieco, un "ufficiale di collegamento" per il Recovery

 


da: https://www.huffingtonpost.it/ - di Alberto Quadrio Curzio

Draghi lo ha scelto in Cdp per la sua credibilità nel dialogo in Europa e nel connettere investimenti pubblici e privati, determinanti per il piano italiano

Gli accadimenti europei ed italiani recenti danno un segno importante: i progressi nell’Ue e nel nostro Paese per reagire alla drammatica crisi da pandemia, ma anche per rilanciare uno sviluppo sostenibile, si stanno concretizzando. Per capirlo non bisogna guardare singoli episodi, ma allungare lo sguardo alla traiettoria, pur nella consapevolezza che la stessa non sarà priva di ostacoli. Il Piano europeo per la Ripresa ha avuto il via libera da tutti gli Stati Ue per entrare nella “fase due” con le garanzie che consentono di emettere dal primo giugno Eurobond. Adesso inizia la verifica dei Piani Nazionali che sono stati presentati da tutti gli Stati salvo quattro in ritardo. Il Piano italiano era arrivato puntuale sorprendendo i diffidenti. In Italia ci sono novità di rilevanza europea sia sistemiche per l’attuazione del Piano, sia settoriali per la nomina alla Cassa Depositi e Prestiti.

Il Piano Nazionale: “Italia domani”

Il passaggio alla “fase due” del Piano Europeo spiazza sia le valutazioni antagonizzanti di “sovranisti” italiani, sia quelle arroganti di Stati “frugalisti”. Due visioni opposte, ma entrambe dannose. Per i primi l’Ue non ci avrebbe sostenuto a meno di poter ledere la nostra sovranità

Il percorso verso la crescita passa anche attraverso una seria riforma fiscale

 


da: Domani – di Alfredo Roma  economista

A proposito dell’imposta di successione Enrico Letta e Mario Draghi hanno entrambi sbagliato. Letta, pur avendo ragione nella sostanza, ha sbagliato nella forma perché nel Pnrr, che di certo ha letto, c’è un lungo capitolo dedicato alla riforma fiscale ed è giusto che in tale contesto si attui la riforma dell’imposta di successione, molto più bassa di quella dei principali paesi europei. Mario Draghi perché ha risposto con uno slogan caro alla destra conservatrice e neppure corretto perché questo è sì il momento di dare da parte di uno stato investitore e regolatore del mercato, ma è anche il momento di togliere ai più ricchi, che sono diventati ancora più ricchi a causa della pandemia, per redistribuire diversamente la ricchezza riducendo le disuguaglianze sociali.

Per questo scopo la politica fiscale è lo strumento principe. La riforma fiscale è una delle azioni chiave per dare risposta alle debolezze strutturali del paese e può essere uno strumento essenziale per raggiungere alcuni obiettivi del Pnrr fondamentali per la crescita. Crescere significa creare ricchezza per una famiglia, per un’impresa, per uno stato, per vivere, per operare, per investire, per ripagare i debiti, quindi anche il nostro enorme debito pubblico. In uno stato, crescere richiede forti investimenti in ricerca, nell’innovazione, nella scuola, nell’università e nella cultura. Il Pnrr destina ingenti risorse a questi temi, che tuttavia sono legati all’attuazione della riforma della pubblica amministrazione, alla digitalizzazione del paese, all’efficienza del sistema produttivo.

Nel Recovery plan si parla di riforma fiscale ma non di incentivi ambientali

 


da: Domani – di Edoardo Zanchini  vicepresidente Legambiente

L’Europa ha deciso di fare sul serio nell’impegno su clima ed energia. La riunione dei ministri delle Finanze a Lisbona di venerdì scorso ha dato il via libera a un ampio progetto di revisione delle politiche fiscali con l’obiettivo di accelerare nella riduzione delle emissioni di anidride carbonica.

La riforma di cui più si discute è la Carbon boarder tax, ossia un’imposta sui prodotti ad alta intensità di carbonio importati in Europa. Ma tra le riforme attese nei prossimi mesi vi è la revisione del mercato delle quote di scambio delle emissioni e della direttiva sulla tassazione dell’energia.

Generare gettito

L’obiettivo non è solo di spostare il peso della fiscalità sulle fonti fossili, eliminando i sussidi ancora in vigore, ma di generare gettito fiscale che permetta di spingere la crescita e ridurre le imposte sul lavoro. In questo modo si pone l’Europa alla frontiera più avanzata dell’innovazione ambientale e al contempo si difendono impianti e produzioni industriali dal dumping ambientale e sociale che ha falcidiato interi settori negli ultimi decenni È quantomeno strano che di questi obiettivi e di queste sfide non si parli in Italia nell’ambito della delega fiscale che il governo si è impegnato a presentare al parlamento entro luglio. La delega dovrebbe occuparsi di riforma dell’Irpef e del sistema tributario, di razionalizzazione e coordinamento della legislazione fiscale per mettere ordine e renderla più semplice e trasparente.

domenica 30 maggio 2021

Don Gioba, Domenica della Santissima Trinità: Siamo fatti d'amore

 


da: http://www.gioba.it/ 

" In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.

Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono.

Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo»"

(dal Vangelo di Matteo 28,16-20)

Siamo fatti ad immagine e somiglianza di Dio. Così ci insegna la Bibbia fin dall’inizio nel racconto della Creazione. Le religioni pagane, per quel che conosco, un po’ ribaltavano questa cosa, immaginando un mondo celeste di tante divinità che possedevano le caratteristiche più diverse dell’uomo e anche del mondo animale e naturale. La mitologia antica ci racconta le storie dei tanti dei legati alle diverse caratteristiche dell’uomo comprese le sue passioni, sentimenti, difetti e limiti. Era dio ad essere fatto ad immagine e somiglianza dell’uomo.

La rivelazione Biblica dell’Antico Testamento e molto più quella del Nuovo Testamento con Gesù, rovescia la prospettiva, e insegna che l’uomo, pur con tutti i suoi limiti ed errori, dentro di sé porta l’impronta di Dio che l’ha creato. È quindi importante conoscere chi è Dio per capire chi siamo noi e ogni altro essere umano, anche chi in Dio non ci crede ma è pur sempre come noi.

Quei licenziamenti fantasma nell’anno della pandemia

 


da: Domani – di Francesco Seghezzi  ricercatore

È ormai da oltre un anno che il dibattito sul lavoro in Italia si è polarizzato intorno al tema del blocco dei licenziamenti. Non certo una novità in un paese in cui è ormai impossibile porre l’attenzione su un tema senza appunto uno scontro radicale tra posizioni quasi sempre inconciliabili. Prolungato più volte, il blocco ha ora gli ultimi due step prima di essere tolto del tutto. Ma sono step che non sembrano mettere tutti d’accordo, soprattutto Confindustria e i sindacati, contrapposizione che si traduce poi all’interno delle diverse anime del governo. Il tutto contribuisce a generare non poca confusione alimentata da continue dichiarazioni che fanno perdere di vista la realtà dei fatti. Da ultimo il dibattito di questi giorni che ha visto un rilancio da parte dei sindacati per una proroga del blocco fino a fine agosto ma che sembra essersi tradotto in un nulla di fatto. Le imprese potranno quindi licenziare a partire dal 30 giugno, salvo quelle che utilizzano il Fondo d’integrazione salariale (Fis) o la cassa integrazione in deroga per le quali il blocco finirà il 31 ottobre. In aggiunta le imprese potranno chiedere la cassa integrazione Covid (quindi senza il contributo addizionale) se si impegnano a non licenziare.

Un compromesso che sembra accontentare tutti perché spazza la palla, rimandando il problema più in là e lasciando alle imprese che non vogliono perdere competenze in un momento di crisi la possibilità di ricorrere alla cassa integrazione. Soluzione che sembra però ignorare molti dati della realtà, radicalizzando il dibattito sul tema dei licenziamenti lasciando sullo sfondo molto altro.

sabato 29 maggio 2021

Ristoranti solo all’aperto, ma a Perugia il generale Figliuolo pranza al chiuso con decine di persone

 


da: https://www.tpi.it/  - di Selvaggia Lucarelli 

Nella giornata di ieri (venerdì 28 maggio), il generale Figliuolo è arrivato a Perugia insieme al capo della Protezione civile Fabrizio Curcio. Scopo della visita: verificare che la campagna vaccinale prosegua con successo. Ad accoglierli la presidente della Regione Umbria, Donatella Tesei, e la task force regionale. Tutto molto bello, comprese le sue dichiarazioni: “Dobbiamo intercettare la parte della popolazione degli over 60 che ci manca in modo da mettere in sicurezza le fasce che rischiano più di finire in ospedale o in terapia intensiva”.

Peccato che all’ora di pranzo il generale Figliuolo partecipasse a un buffet al chiuso assieme a decine di persone e, soprattutto, allestito in una struttura aziendale/ospedaliera, il CREO, centro di ricerche emato-oncologiche. Nelle foto scattate all’interno lo si nota di fianco al direttore generale della struttura, ma ci sono anche il sindaco e il presidente di Regione.

La domanda è: possibile che non ci fossero un luogo e una modalità più consoni per

L’ultima magia di Super Mario: la cabina di regia è uguale a quella di Conte ma stavolta nessuno protesta

 


da: https://www.tpi.it/ - di Enrico Mingori

“Ridicola”, “assurda”, “moltiplicatore di poltrone”. Così, circa sei mesi fa, Matteo Renzi apostrofava la cabina di regia annunciata da Giuseppe Conte per la gestione del Recovery Plan. Era dicembre 2020 e il leader di Italia Viva paventava il rischio che l’allora premier volesse accentrare su di sé “pieni poteri”. Il resto è storia nota: le critiche al piano di Conte furono tra i principali motivi agitati da Renzi per far cadere il governo giallorosso. La “irrispettosa” cabina di regia dell’avvocato pugliese non entrò mai in funzione e a Palazzo Chigi arrivò – per la gioia di Renzi – Mario Draghi.

Ieri, 28 maggio 2021, il Consiglio dei ministri presieduto appunto da Draghi ha approvato il Decreto Semplificazioni che contiene, tra le altre cose, la definizione della cabina di regia che gestirà i progetti del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza). Sorpresa delle sorprese: la struttura messa in piedi dall’ex presidente della Banca centrale europea assomiglia molto a quella che era stata pensata da Conte. Con un’importante differenza, però: questa volta Renzi non ha proferito parola.

La governance del Pnrr disegnata da Conte prevedeva una cabina di regia politica composta dallo stesso premier e dai ministri Roberto Gualtieri (Economia, Pd) e Stefano Patuanelli (Sviluppo economico, M5S). Questa cabina di regia politica – che avrebbe dovuto riferire periodicamente sia al Consiglio dei ministri sia al Parlamento –

La giurisprudenza ha già sciolto i “nodi” della legge Zan

 


da: Domani – di Vitalba Azzollini

Nella Giornata internazionale contro la omo-lesbo-bi-transfobia, il presidente della Repubblica ha ribadito «il  rifiuto assoluto di ogni forma di discriminazione e di intolleranza». Nei giorni prima, il presidente della Corte costituzionale aveva affermato che «una qualche normativa, come c’è in quasi tutti i paesi del mondo, è opportuna». Il disegno di legge Zan (ddl Zan) continua a essere criticato da chi reputa che esso ponga problemi di diritto. Ma molti di tali problemi sono già stati affrontati dalla giurisprudenza negli anni scorsi.

Perché una tutela specifica

A differenza di altri paesi europei, l’Italia non ha una normativa specifica contro violenza o discriminazioni motivate dall’appartenenza a un genere, oppure a causa della identità o espressione di genere o della disabilità. Per contrastare questi fenomeni, secondo qualcuno basterebbero le previsioni vigenti. A ciò può replicarsi che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha affermato, ad esempio, che «la discriminazione basata sull’orientamento sessuale è tanto grave quanto la discriminazione basata sulla razza, l’origine o il colore» implicitamente riconoscendo la legittimità del ricorso a una particolare tutela penale. La Corte ha pure condannato stati che non avevano predisposto idonee e specifiche misure di contrasto ad atti di odio, che non possono essere trattati su un piano di parità con i reati aventi motivazioni diverse.

venerdì 28 maggio 2021

Antonio Padellaro, Massimo ribasso, minima sicurezza: sai che impresa…

 

 

da: Il Fatto Quotidiano

Nel leggere l’accusa per gli arresti di Stresa – avere manomesso i freni d’emergenza per non bloccare l’impianto, e avere dunque provocato la tragedia del Mottarone – insieme al disgusto mi è venuta in mente questa frase: l’Italia del massimo ribasso. Procedura che probabilmente non c’entra nulla con la criminale decisione d’inserire sulla funivia il letale “forchettone” (termine molto italiano), ma che molto invece ha a che fare con quella cultura, diciamo così, d’impresa, che pur di aggiudicarsi un appalto – o di garantirsi gli incassi di giornata – non bada a spese. Nel senso che riduce i costi all’inverosimile, comprimendo i salari e favorendo il lavoro in nero.

Ma è soprattutto sulla minima sicurezza che si rivale il massimo ribasso, come dimostrano i numeri assurdi degli infortuni sul lavoro: 554.340 denunciati all’Inail nel 2020, leggermente in calo nell’anno della pandemia, ma con 1.270 morti, più 16,6% rispetto al 2019. Senza contare il problema delle infiltrazioni mafiose che nella deregulation trovano sempre un terreno più che fertile. Principio quello di risparmiare su tutto il risparmiabile sul quale si preferisce non sottilizzare troppo nel momento in cui l’Italia riprende a camminare. Infatti, se qualcuno prova a obiettare che la giusta necessità di accelerare il processo produttivo, evitando le lungaggini burocratiche, non può avvenire a discapito dell’incolumità dei dipendenti e degli utenti, apriti cielo. Nel migliore dei casi le osservazioni prudenziali sulla indispensabile incolumità delle persone saranno catalogate come “ideologiche” (ovvero stataliste e dunque anti-industriali). Come se chiedendo verifiche più rigorose avessi parlato male di Garibaldi.

Speriamo che dopo le aspre critiche di sindacati, Pd e sinistra sulla bozza del decreto Semplificazioni – con costi abbattuti in eccesso, subappalti a volontà e controlli affidati ai controllati – non si debba un giorno parlare del governo Draghi come del governo del massimo ribasso. E che l’auspicata ripresa non debba mai più consentire che le vite umane siano giocate sulla ruota della fortuna. Fino a quando succede che un cavo si spezza.

Cdp e Ferrovie, si cambia: un altro schiaffo ai 5Stelle

 


da: Il Fatto Quotidiano – di Carlo di Foggia

Parafrasando un grande autore, tutti i partiti prendono schiaffi, ma qualcuno ne prende più di altri. L’assaggio di nomine, il più pesante, che apre il valzer nelle grandi partecipate pubbliche (500 i posti tra cda, collegi sindacali etc.) chiude anche nelle poltrone di Stato la breve stagione gialloverde.

Cambiano i vertici di Cassa Depositi e Prestiti e pure delle Ferrovie, i due pezzi da novanta. Via Fabrizio Palermo e Gianfranco Battisti, manager scelti nel 2018 dal governo Lega-M5S e, nello specifico (e forse non è un caso), in quota 5Stelle. Furono i primi atti di un cambio della guardia interrotto dal Papeete.

Nessuna trattativa, nessun manuale Cencelli. La decisione è stata presa dall’azionista, il ministero del’Economia, cioè dal ministro Daniele Franco e da Mario Draghi. Partiti sentiti, ma non accontentati. Le nomine sono state un affare del premier. Alle forze di maggioranza potrebbe essere riservato l’umiliante osso dei posti in cda (in quello delle Fs non spiccano particolari affiliazioni, però) e, forse, il vertice della Rai e di qualche partecipata minore.

In Cdp si chiude la parentesi di Palermo. E qui il cambiamento assume i contorni di una rivalsa. Nel 2018 era il direttore finanziario della Cassa, il candidato meno blasonato, molto

giovedì 27 maggio 2021

Carla Fracci e Milano, l’incredibile ascesa della figlia del tranviere che viveva in una casa di ringhiera

 


da: https://www.corriere.it/ - di Elisabetta Rosaspina

La ballerina scomparsa è sempre stata legatissima alla sua città, nonostante abbia viaggiato in tutto il mondo. Ecco una mappa dei suoi luoghi, dall’infanzia ad oggi

Si potrebbe tracciare un «itinerario Fracci» sulla mappa di Milano. Era lei stessa a descriverne spesso i punti d’interesse, i quartieri, gli indirizzi marcati nei suoi ricordi, dimenticando o volontariamente ignorando, di aver attraversato in settant’anni di carriera i boulevard e le avenue più prestigiose al mondo, da New York a Parigi, da Londra a Sydney, da Mosca a Città del Capo e a Buenos Aires.

«Io posso andare dappertutto – avvertiva -, ma Milano è sempre la mia città, la più bella». L’amava così tanto da non sopportarne i cambiamenti e le contraddizioni, da voler correggerne i difetti come si fa con una ballerina talentuosa ma indisciplinata, brillante ma viziata, altruista ma sbrigativa. Nel suo cuore c’era la periferia dov’era nata e cresciuta: via Ugo Tommei, tra Porta Vittoria e Porta Romana. Adolescente nel dopoguerra, usciva dalla scuola di ballo della Scala e, con il tram numero 13, iniziava il suo viaggio da piazza del Duomo verso viale Umbria, fino alla fermata di piazzale Martini, per arrivare dopo una lunga corsa fra gli alberi alla casa di ringhiera con bagno esterna, quella che poteva permettersi papà Luigi, grazie a lei il tranviere più noto di Milano: «Avevamo due stanze in quattro – raccontava -, per riuscire ad avere una camera in più chiesi aiuto a un pompiere della Scala che conosceva il sindaco, Aldo Aniasi, mi pare. Così ci trasferimmo in via Forze Armate 83».

Carla Fracci e Rudolf Nureyev: Giselle (parte 2)

 

Stefano Feltri: Gli appalti selvaggi che piacciono alla Confindustria

 


da: Domani

Chi si oppone al blocco del licenziamenti, come Confindustria e il suo presidente Carlo Bonomi, lo fa di solito in nome del sacro principio dell’efficienza: congelare il mercato del lavoro in questa fase di ripresa costringe le imprese con scarse prospettive di fatturato a tenere in organico lavoratori che non potranno più permettersi, i quali si illudono di avere ancora un posto mentre sono soltanto in attesa di diventare disoccupati. Il blocco impedisce ai lavoratori di fluire dalle aziende decotte a quelle in ascesa, alle imprese più efficienti di prendere le quote di mercato di quelle che invece dovrebbero sparire ma che il governo tiene in vita con la cassa integrazione Covid, per evitare troppi disoccupati.

Confindustria trascura l’unico argomento di equità contro il blocco dei licenziamenti, cioè che protegge chi è già dentro il mercato del lavoro e ha qualche forma di tutela mentre scarica il peso della crisi su chi è fuori (giovani, precari, partite Iva). E lo trascura perché non ha impatto sul conto economico degli associati.

Se Bonomi e il suo giornale, il Sole 24 Ore, fossero sinceramente interessati all’efficienza del mercato dovrebbero però scagliarsi con molto maggior vigore contro la prevista riforma del codice degli appalti, che introduce distorsioni ben peggiori del blocco dei licenziamenti. Se confermato nell’attuale versione, il decreto Semplificazioni

Cos’è successo con il blocco dei licenziamenti

 


da: https://www.ilpost.it/

Orlando aveva annunciato una proroga ad agosto, ma la proposta è stata eliminata dal Decreto Sostegni bis: scadrà a fine giugno

Martedì è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il cosiddetto Decreto Sostegni Bis, provvedimento del governo che prevede nuovi finanziamenti a sostegno di aziende e lavoratori maggiormente colpiti dalla pandemia da coronavirus, al centro di discussioni negli ultimi giorni per la misura sul blocco dei licenziamenti, inizialmente annunciata e poi ritirata dalla versione definitiva del testo.

Nella versione definitiva del decreto legge non c’è più la proroga del blocco dei licenziamenti al 28 agosto, che terminerà quindi a fine giugno: in sostanza le aziende che dal primo luglio ricorreranno alla “cassa integrazione COVID” – uno dei principali strumenti adottati dal governo per attenuare le conseguenze economiche della pandemia – non saranno più soggette al divieto di licenziamento dei dipendenti, in vigore fin dall’inizio dell’epidemia per evitare che migliaia di persone rimanessero senza lavoro e retribuzione per via della crisi economica seguita alla pandemia.

Il decreto prevede per le aziende che utilizzeranno la cassa integrazione ordinaria la possibilità di non pagare i previsti contributi addizionali fino fino al 31 dicembre 2021,

La Siria al voto: una messa in scena per far vincere ancora Assad e nascondere i crimini del regime

 


da: https://www.tpi.it/ - di Riccardo Cristiano

L’ombra lunga e massiccia di un monaco italiano si stende come un fascio di luce sullo spettacolo spettrale delle inanimi città siriane. È l’ombra di padre Paolo Dall’Oglio. Questa ombra, che non è precipitata nell’oblio dei siriani, riesce ancora a illuminare la realtà siriana per la forza evidente della sua storia: dopo 30 anni di vita nel Paese è stato espulso dal regime di Bashar al-Assad e poi sequestrato a Raqqa dai terroristi dell’Isis. È il destino di un siriano su quattro: anche loro sono stati espulsi da Assad e sequestrati dall’Isis. Il loro sequestro non è stato fisico, ma politico: credendo che l’Isis, invece che “il nemico perfetto” , favorito in ogni modo, fosse il suo vero nemico, si è trasformata la loro richiesta di libertà e democrazia nel suo opposto.

L’ombra di Dall’Oglio, gesuita italiano rimosso come i deportati siriani, è il fascio di luce migliore per cogliere il senso delle macerie siriane mentre chi è rimasto in patria è chiamato in queste ore a rinnovare con l’abituale 90% Assad alla presidenza della repubblica con la messa in scena elettorale di mercoledì 26 maggio.

A cosa serve questo ”voto”? A molto. Serve innanzitutto a rimuovere la storia, il decennio passato, riportare quella che anche ai posti di confine si chiama “la Siria di Assad” nella Lega araba che l’ha espulsa, rilegittimando agli occhi della comunità internazionale il suo “condottiero”. E serve a ottenere i fondi del mondo arabo e dell’Occidente per avviare il processo di ricostruzione del Paese, visto che il conflitto ha causato danni che, per il Syria Center for Policy Research, superavano i 530 miliardi di dollari già lo scorso anno.

mercoledì 26 maggio 2021

Funivia del Mottarone: questa è la ripartenza economica, il ritorno alla normalità?

 

 

Per la tragedia della funivia del Mottarone sono stati effettuati tre fermi. Secondo la procura, il forchettone su un freno era stato inserito volutamente. Dal 26 aprile, giorno in cui l'impianto è ripartito, i freni di emergenza sono stati disattivati inserendo almeno un forchettone per evitare che l’impianto continuasse a bloccarsi a causa di una serie di anomalie che facevano scattare i sistemi di sicurezza.

Deve trattarsi della "ripartenza economica". Deve trattarsi del "ritorno alla normalità".

Sì, perchè la ripartenza tanto agognata – comprensibilmente – ha già provocato un aumento di prezzi. E fin qui, la cosa non piace ma non uccide. La ripartenza metterà business, recupero dei fatturati, sopra tutto e sopra tutti. La persona – come sempre – viene in secondo piano. Quando non viene affatto.

Ieri, in questo momento, e poi domani e poi dopodomani, chissà quante azioni o inazioni, quante decisioni saranno prese per dare uno sprint alla ripartenza. Per recuperare i fatturati. Per incrementare le entrate aumentate durante la pandemia. Perché c'è chi ha perso. C'è chi si è arricchito. Se queste azioni o inazioni possono avere effetti sulla sicurezza della persona, chi se ne fotte. E' la ripartenza, bellezza. E' il ritorno alla normalità, bellezza.

Dobbiamo solo sperare di non essere tra gli sfortunati che incrociano questi pervertiti

Diodato: video, L'uomo dietro il campione – da "Il Divin Codino", Netflix film

 

Le ombre nelle semplificazioni del governo Draghi sugli appalti

 


da: Domani - di Alberto Massera e Francesco Merloni

Per il momento il testo si pone in continuità con i governi di Conte nella ricerca di soluzioni emergenziali che non risolvono i problemi. L’aggiudicazione dell’appalto integrato è problematica rispetto al diritto Ue.

La bozza di decreto Semplificazioni del governo Draghi che sta circolando in questi giorni consente di fare qualche prima valutazione, in qualche caso preoccupata.

Va detto subito che la proposta dell’Antitrust di sospendere il Codice dei contratti non è stata accolta, si deve immaginare perché ci si è accorti che, almeno nell’immediato, l’applicazione diretta delle norme europee era un rimedio peggiore del male. La gran parte delle norme del decreto riguardano le fasi della programmazione, della localizzazione e della progettazione delle opere che abbiamo da sempre segnalato come le più critiche nell’allungamento dei tempi rispetto alla sola fase di gara. Si conferma cioè che non è nel codice dei contratti che si annidano i maggiori problemi.

I problemi del testo

Vanno segnalate alcune criticità, anche gravi, che il testo presenta, a partire dalla proroga per ben cinque anni (dal 2021 al 2026) delle norme emergenziali già contenute nel precedente dl Semplificazione del governo Conte. Innalzamento delle soglie

Con il lockdown e la crisi dei chip aumentano i prezzi di notebook, tv e smartphone: ecco la classifica dei rincari

 


da: https://it.businessinsider.com/ - di Marco Cimminella

La crisi globale dei chip ha avuto un forte impatto su diversi settori: dall’automotive all’elettronica di consumo, fino ai sistemi di difesa e sicurezza. Il rallentamento produttivo dovuto alla chiusura delle aziende in lockdown unitamente all’aumento della domanda di dispositivi tecnologici sono stati seguiti da un aumento dei prezzi di tutta una serie di prodotti, molto richiesti anche per far fronte a nuove esigenze e tendenze che hanno subito un’accelerazione con la pandemia di Covid: dallo smart working alla didattica a distanza, fino alle attività di intrattenimento sempre più digitali. I notebook, i router, le stampanti, i Pc all in one: i prezzi di questi device sono tutti lievitati, chi più chi meno in questi ultimi mesi.

Una tendenza che ha riguardato anche il mercato italiano. Un’analisi di Idealo, portale internazionale di comparazione prezzi, mostra questa fluttuazione dei prezzi di vendita di diversi dispositivi, più alti della media sia in corrispondenza dei primi ritardi delle forniture quando, a causa delle chiusure delle attività, la produzione è rallentata o si è fermata; sia a partire da ottobre 2020.

Come aveva spiegato a Business Insider Italia Alberto Guidi, ricercatore dell’osservatorio geoeconomia dell’ISPI, “con la pandemia si è registrato un boom di richieste per prodotti di elettronica di consumo, smartphone, pc, tablet, console per videogame. Una domanda forte che ha pesato di più sulle catene di approvvigionamento. Nel frattempo, l’industria

martedì 25 maggio 2021

Bob Dylan: Like a Rolling Stones

 

La funivia di Stresa, un’impresa familiare che da decenni era difficile tenere aperta

 


da: Domani – di Davide Maria De Luca

Alti costi di manutenzione, guasti e restauri hanno portato più a volte alla chiusura temporanea dell’impianto, mentre la famiglia che lo gestisce da mezzo secolo trattava con comune e regione per ottenere il denaro necessario a pagare la costosa manutenzione

La funivia di Stresa, dove domenica 14 persone sono morte in un incidente, è un’impresa gestita da mezzo secolo dalla famiglia Nerini di Verbania. Ma gli impianti di risalita richiedono parecchia manutenzione e hanno costi molto alti e così, negli ultimi decenni, i Nerini hanno chiuso più volte l’impianto, a volte per anni, per cercare dal comune o dalla regione i finanziamenti con i quali mantenerlo in attività.

I problemi

La storia della funivia di Stresa è quella di un continuo tira e molla tra la famiglia che lo gestisce da generazioni, il comune di Stresa e la regione Piemonte.

Tra il 1995 e il 1997, ad esempio, l’impianto viene chiuso e i dipendenti ricevono una lettera di licenziamento. L’impresa deve ricomprare i cavi d’acciaio, anticipa il denaro per l’acquisto che ritiene spetti alla regione, ma la giunta trattiene il rimborso perché sosteneva che prima bisognasse fare una gara tra fornitori.

La situazione si sblocca nel 1998, ma la funivia chiude per nuovi lavori di manutenzione nel 1999. Nel luglio del 2001, quaranta persone restano bloccate nella cabina a causa di un

La “cattura” dei media Ue: “Deve indagare l’Antitrust”

 


da: Il Fatto Quotidiano – di Nicola Borzi

Più gli editori sono indebitati, più sono vulnerabili rispetto alle banche creditrici. Sinora mancava una dimostrazione scientifica. Ora la conferma arriva dallo studio La cattura dei media da parte delle banche pubblicato il 7 settembre scorso da Ruben Durante e Andrea Fabiani dell’Università Fabra di Barcellona e José Luis Peydró dell'Imperial College di Londra e del Centro europeo di ricerca economica (Cepr).

La ricerca ha mappato i prestiti delle banche ai principali quotidiani di diversi Paesi europei e verificato la distorsione dei contenuti a favore dei creditori su due temi: le notizie date da 20 giornali sui bilanci di 37 banche (tra le quali le italiane UniCredit, Mps, Bpm e Ubi) e la copertura offerta da 24 testate, tra cui Corriere della Sera e Repubblica, sulla crisi del 2011 dei conti pubblici in Italia, Spagna, Portogallo, Grecia e Irlanda.

L'indagine dimostra che la “sensibilità” degli editori agli interessi dei creditori cresce di pari passo con i loro debiti, ma anche che i giornali indebitati con banche più esposte sui titoli di Stato hanno raccontato la crisi del debito sovrano del 2011 in modo da privilegiare soluzioni che riducessero i rischi di perdite per i loro finanziatori. Questa distorsione ha riguardato non solo i giornali italiani o greci, ma anche francesi e tedeschi, perché le loro banche di riferimento avevano in pancia i titoli di Atene. “I nostri risultati forniscono la prima prova sistematica che i collegamenti tra editori e banche

I giornali (in crisi) in banca: chi presta soldi agli editori

 


da: Il Fatto Quotidiano – di Nicola Borzi e Gaia Scacciavillani

Francesco Gaetano Caltagirone è l’eccezione che conferma la regola. Nel desolato panorama editoriale italiano dei quotidiani, il costruttore romano fa parlare di sé non tanto per i denari che i suoi giornali devono alle banche, quanto piuttosto per quelli che lui stesso investe nel sistema bancario italiano. Un caso più unico che raro in una galassia costellata da prestiti, mutui e gravami dove i ricavi, secondo l’ultimo studio di Mediobanca sul settore, datato 2019, sono in costante diminuzione insieme agli addetti, mentre le perdite aumentano. Nodi che prima o poi vengono al pettine, come ben sa Urbano Cairo.

L’editore del Corriere della Sera rischia di pagare molto caro il conto della battaglia contro Blackstone sul prezzo pagato dal fondo Usa per l’immobile milanese che ospita il primo quotidiano italiano. Un azzardo che gli ha solo temporaneamente risparmiato le rate dell’affitto, in cambio di un conto da pagare in un’unica soluzione che, se perdesse il contenzioso, sarebbe talmente salato da poter mettere in ginocchio società ben più floride di Rcs Mediagroup. In compenso, gli ha già inimicato la stessa mano che gli aveva fornito il denaro per rilevare il CorSera  quella di Intesa Sanpaolo, che dell’operazione Blackstone era stata uno degli architetti chiave: senza il sostegno di Intesa, e del suo presidente onorario Giovanni Bazoli, difficilmente Cairo sarebbe riuscito ad avere la meglio sul finanziere Andrea Bonomi, sponsorizzato da Mediobanca, nella battaglia per il controllo del Corriere del 2016.

lunedì 24 maggio 2021

Eurovision 2021: vincono i Måneskin e (come sempre) i francesi non sanno perdere (soprattutto contro di noi)

 


Måneskin, Ernesto Assante: Quei ragazzi che vogliono il loro posto nel mondo

 


da: la Repubblica

Proviamo a metterla così: forse Zitti e buoni dei Måneskin non è The Times They Are a-Changin’ di Bob Dylan e non passerà alla storia ma non badare a quello che la canzone vuol dire (il testo, il suono, l’atteggiamento della band, la presenza in scena) non sarebbe saggio. Sta accadendo qualcosa nel nostro Paese, non succedeva da una trentina d’anni, forse di più.

Accade che  una generazione nuova, ragazzi tra i quindici e i trent’anni, reclama il suo posto e non vuole che il mondo sia quello che noi gli stiamo consegnando, e ce lo dice attraverso le canzoni. È una richiesta politica? Non necessariamente. È di più: una richiesta vitale. A ben guardare non è nemmeno una richiesta, ma un’affermazione della quale dovremo prendere atto.

Sabato sera i giovani di tre quarti d’Europa hanno votato i Måneskin, una band che non è fatta di brave ragazze e ragazzi in giacca e cravatta che ballano bene e si esprimono in maniera cortese ma quattro ventenni sboccati e truccati, che si baciano sulla bocca senza badare al sesso, portano i tacchi e non vogliono più stare “zitti e buoni”. Promuovono inclusione e comprensione, predicano la libertà e l’amore, non badano ai soldi ma alla felicità, vogliono combattere per il proprio diritto ad essere vivi. Roba vecchia? No, nuovissima, perché caricata dell’energia di quattro ventenni che vengono da un Paese, il nostro, in cui l’età media è di 45 anni e ci sono cinque anziani per ogni bambino. Un Paese in cui si parla quotidianamente, ossessivamente, di precariato e non di start-up, in cui i giovani

Måneskin, Manuel Agnelli: "Sono rock, non bambolotti"

 


da: la Repubblica - di Ernesto Assante

Manuel Agnelli è uno dei “pontefici” del rock italiano, per la sua storia personale, la grande avventura degli Aftehours, le canzoni che ha scritto e canta. Anche per avere “scoperto” e portato al successo a X Factor i Måneskin, secondi nel 2017, e aver sorpreso tutti, nell’ultima stagione del talent, con i Little pieces of marmelade, altrettanto elettrici e rock. Anzi, come tanti dicono, anche di più: «Assurdo fare differenze» precisa Agnelli, «i Måneskin fanno rock mainstream di matrice glam, ma pur sempre rock. Io preferisco i Sonic Youth agli Aerosmith ma non nego la grandezza dei secondi. Il rock è tante cose, non dobbiamo valutare i Måneskin come facciamo con i Sonic Youth o i Nirvana, sarebbe assurdo. Non va confuso il gusto personale con la  valutazione del talento, Damiano & co. possono anche non piacere ma è innegabile che siano straordinari».

La vittoria dei Little pieces of marmalade a XF e la doppietta dei Måneskin a Sanremo e a Rotterdam ci dicono che l’Italia musicale sta cambiando?

«Mi fa paura anche solo dirlo, temo di scatenare la reazione contraria, noi italiani siamo bravissimi a demolire, vediamo subito il marcio ovunque. Se invece riuscissimo a cogliere lo slancio di quanto sta accadendo in questo periodo, sarebbe fantastico. Potrebbe essere una grande occasione per la musica italiana, perché questa vittoria in particolare ha sdoganato davanti al mondo il fatto che in Italia c’è dell’altro oltre “il mandolino, la pizza e la sambuca”, come ha malamente detto il conduttore olandese del programma. E il fatto che i Måneskin

Maurizio Landini: A un anno dalla pandemia siamo....alla "presa per il culo"

 

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da: https://www.ilfattoquotidiano.it/

 

Maurizio Landini intervistato da Gad Lerner in occasione del 120esimo anniversario della Camera del Lavoro di Modena: "Quando adesso ci sono i soldi da redistribuire, torniamo al fatto che il lavoro deve essere precario, che i soldi si danno alle imprese a pioggia, e che addirittura si può liberalizzare tutto perché è il mercato da solo che ti risolve i problemi? Questa è una presa per il culo scusate il francesismo”.