martedì 1 ottobre 2019

Nella lotta dello streaming sempre più serie tv, sempre meno importanti


da: https://www.huffingtonpost.it/ - di Giovanni Cocconi


“Siamo in competizione con il sonno. E stiamo vincendo”. La frase è di Reed Hastings, amministratore delegato di Netflix, 150 milioni di abbonati in 190 Paesi. Presto sarà datata. Perché a combattere con il sonno Netflix sarà sempre meno sola.

A novembre è previsto il debutto dei canali in streaming Apple TV+ (anche in Italia) e Disney Plus, a prezzi molto aggressivi, ai quali seguiranno l’anno prossimo HBO Max di WarnerMedia e Peacock, la nuova piattaforma di Comcast NBCUniversal. Servizi che si aggiungono, naturalmente, alle piattaforme esistenti come Amazon Prime Video e Hulu e che, come vedremo, non utilizzano logiche broadcast cambiando nel profondo il business della tv. 

 “The streaming war” è stata definita. In realtà è la guerra per il tempo a disposizione del consumatore. I vertici di Netflix hanno spiegato agli azionisti di sentirsi più in concorrenza con Fortnite, un famoso videogioco, che con HBO, il network di Game of Thrones. E la Chief executive della britannica Channel 4, Alexandra Mahon, ha detto di considerare propri competitor “Netflix e il porno”. 

Per la fruizione di film, serie tv ed eventi sportivi è certamente lo streaming la tecnologia del futuro. Presto anche dei videogame. Secondo un’analisi sul mercato dell’intrattenimento della MPAA (Motion Picture Association of America) negli Stati Uniti il numero di abbonamenti a servizi in streaming nel 2018 è aumentato del 27% rispetto all’anno precedente e ha superato quello di case collegate alla tv via cavo. Tutto il segmento dell’home entertainment
è cresciuto del 16% nel mondo e del 12% negli Usa dove più del 70% guarda film e show tv anche attraverso abbonamenti a servizi online. 
Oggi si producono circa 500 nuove serie tv all’anno, erano meno di 100 negli anni Novanta. Nessuno di noi riesce più a vedere tutto quello che si dovrebbe vedere, anche togliendo ore al sonno. Ma così non si rischia l’effetto saturazione?

Se lo è chiesto anche The Economist a proposito dell’ultima serata tv dei premi Emmy, che attira sempre meno spettatori. La televisione generalista ha avuto un ruolo centrale nel costruire un immaginario comune, in sostanza ciò che si deve vedere, ciò di cui si deve parlare. Oggi l’ascolto tv è sempre più frammentato e on demand: ognuno vede quello che vuole quando vuole. “L’influenza culturale degli show tv si è ridotta” scrive il settimanale inglese. La serie evento è sempre più rara, e quando c’è - come nel caso di Game of Thrones - si tenta di prolungarla nel tempo il più possibile come farà HBO producendo un prequel, il primo spin-off della sua storia. 


“Sì, si rischia l’effetto saturazione, l’offerta cresce più della domanda e si compete per il tempo dello spettatore che è una risorsa limitata” conferma Alberto Pasquale, docente universitario e curatore del numero monografico “Netflix e oltre” di Bianco e Nero, che sarà presentato a Roma il 9 ottobre. 

Per ora tutte le piattaforme si stanno muovendo verso un modello verticale, senza pubblicità, su abbonamento (da cui si può entrare e uscire con un clic), con contenuti on demand in esclusiva e alternativi fra loro: succederà sempre meno di vedere un film della Pixar su Netflix o una serie Fox su Prime Video. Ma ogni piattaforma, in realtà, sposerà una strategia diversa. Per esempio Disney, un brand legato a bambini e famiglie con parchi a tema e merchandising, cercherà di parlare anche a un pubblico adulto maschile attraverso il pacchetto offerta con Espn+, Fox e Hulu. Netflix cercherà di valorizzare le produzioni nazionali su cui sta investendo da alcuni anni e che distribuisce in tutto il mondo, con rilevanti economie di scala. Prime Video sfrutterà sempre di più la profilazione Amazon del proprio abbonato. 

La domanda che si fanno tutti gli analisti è: i nuovi servizi in streaming ruberanno abbonati a Netflix o la torta complessiva si allargherà? E se sì, qual è la soglia oltre la quale gli spettatori non sono disposti a spendere? 

Ma c’è un aspetto al quale si dedica poca attenzione e che, invece, è centrale per il successo di un servizio in streaming, e cioè la qualità della visione dei contenuti, la cosiddetta user experience. Su questa Netflix ha fissato un modello costruendo il proprio CDN (Content Delivery Network), chiamato Netflix Open Connect: una piattaforma di server estremamente distribuita che consente di offrire ai propri 150 milioni di abbonati in tutto il mondo la migliore esperienza di visione possibile, limitando gli effetti dei problemi di connessione a Internet. Un primato tecnologico che gli altri cercheranno di replicare. Alla guerra (dello streaming) come alla guerra.

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