giovedì 24 ottobre 2019

Agenzia delle Entrate sotto organico: la lotta all’evasione fiscale del Conte 2 sarà (come sempre) solo un annuncio?



Uffici che chiudono, dipendenti che diminuiscono: ecco a voi la lotta all’evasione all’italiana
I sindacati denunciano gravi carenze d’organico nelle sedi territoriali, dove non si riescono a garantire i servizi. E il direttore dell’Agenzia non è stato ancora riconfermato dal governo giallorosso. Un ottimo inizio (per gli evasori)

«Il governo vuole fare la rivoluzione nella lotta all’evasione fiscale? Se si devono fare le cose seriamente, bisogna avere una macchina che funzioni. Serve la Formula Uno, con la 500 non si va da nessuna parte». Stefania Silveri, coordinatore nazionale Cisl all’Agenzia delle entrate, è uno dei rappresentanti sindacali che mercoledì mattina sono stati ricevuti dal viceministro dell’Economia Antonio Misiani (Pd), in concomitanza con il presidio di mobilitazione tenuto sotto le finestre di via Venti settembre per denunciare lo stato disastroso delle agenzie fiscali italiane. «Non basta sbandierare la lotta evasione per realizzarla. Gli uffici territoriali, presidio di legalità, continuano a chiudere. E da qui a due anni, anche per effetto di quota cento, ci saranno 5mila dipendenti in meno», denunciano Cgil, Cisl e Uil.

Mentre il governo annuncia nella manovra economica strumenti «mai visti prima» nel contrasto agli evasori, gli uffici di chi dovrebbe fare le pulci ai contribuenti, controllare entrate e uscite, sono sempre più al collasso. Costretti a ridurre i servizi per mancanza di personale. Con l’Agenzia delle entrate che, per giunta, è ancora in attesa della nomina dei vertici da parte della nuova maggioranza. Il direttore Antonio Maggiore, generale della Guardia di finanza scelto dal precedente governo gialloverde, non è stato ancora
riconfermato. Ed essendo sottoposto a spoil system, secondo molti sembrerebbe già sulla porta. Non è un caso, forse, che mentre dal governo si fanno grandi proclami di lotta all’evasione, Mister Fisco non sia stato coinvolto nelle scelte politiche anti-evasione.

Intanto, da qui a due anni, la previsione è che 5mila dipendenti andranno in pensione senza essere rimpiazzati. «Se mancano ispettori, accertatori, funzionari, la lotta all’evasione chi la fa? Non basta dire di voler fare la lotta all’evasione, occorre metterla in pratica», dicono i sindacati. E invece, 2mila funzionari sono già usciti negli ultimi anni. E con il blocco del turnover sono stati sostituiti dai nuovi assunti solo per il 5 per cento. Con gli uffici che risultano sotto organico, soprattutto al Sud, dove però l’evasione fiscale è più alta.

E se a questi poi si aggiungono i pensionamenti previsti con la legge Fornero e quota cento, la previsione è che da qui a due anni nelle agenzie fiscali ci saranno circa 5mila dipendenti in meno. «Con 5mila unità in meno sarà molto difficile fare la lotta all’evasione che annunciano», dice Luciano Boldorini, coordinatore Cgil alla Agenzia delle entrate. «Prima del carcere di cui alcuni politici parlano, ci sono accertamenti, notifiche, contenziosi da gestire. E questo significa che servono accertatori, verificatori e assistenti ai contribuenti».

Ad oggi, il ministero dell’Economia sta svolgendo le prove per l’assunzione di 511 funzionari, che entreranno in ruolo a gennaio 2020. E probabilmente si terrà un altro concorso a dicembre. Ma «sono una goccia nel mare», denunciano i sindacati. L’ultimo concorso nelle agenzie fiscali risale a tre anni fa.

Così, da Nord a Sud, molti uffici hanno già dovuto ridurre servizi erogati e gli accertamenti fiscali per mancanza di personale. A Ragusa, i dipendenti sono da tempo in stato di agitazione e non riescono più a coprire tutte le richieste dell’utenza. Con conseguenti ritardi nei rimborsi. «Nelle condizioni attuali non è più possibile garantire servizi di qualità alla collettività e altrettanto impossibile appare un vero presidio del territorio nella mission principale della Agenzia che è la lotta all’evasione», fanno sapere. E situazioni simili si trovano a Catania e Palermo. Ma anche a Bolzano, è stato aperto un tavolo per chiedere nuove assunzioni di personale bilingue.

Mentre i governi di ogni colore hanno fatto della lotta all’evasione fiscale un cavallo di battaglia politico buono per ogni stagione, in dieci anni i dipendenti su scala nazionale sono stati ridotti di circa 7mila unità. Con situazioni gravi, come quella siciliana, dove mancano all’appello 1.200 dipendenti del Fisco. La media nazionale è di sei dipendenti ogni 10mila abitanti, in Sicilia è di cinque. Ad aprile, i lavoratori dell’Agenzia delle entrate avevano già proclamato uno sciopero. E mentre dal governo giallorosso arrivano nuovi annunci nella lotta all’evasione fiscale, ora sono tornati in stato di agitazione.

Intanto, con il blocco del turnover, l’età media degli accertatori fiscali italiani ha superato ormai la soglia dei 55 anni. Con ricadute pure sull’aggiornamento delle competenze, soprattutto tecnologiche. Laddove invece servirebbero molti più tecnici e ingegneri, soprattutto dopo l’introduzione della fatturazione elettronica e l’accorpamento dell’Agenzia con il catasto e la conservatoria dei registri immobiliari.

Qualche settimana fa, Luigi Di Maio ha pure annunciato un nuovo misterioso software contro le frodi fiscali, in collaborazione con l’Inps di Pasquale Tridico, che dovrebbe permettere di recuperare tra i 4 e i 5 miliardi. Ma se dall’Agenzia delle entrate nessuno sa niente, e la stessa Ragioneria dello Stato ha smentito le previsioni di recupero, ora altri uffici territoriali sembrano destinati alla chiusura. Dopo che dal 2012 in poi, per effetto della spending review montiana, un centinaio hanno già chiuso i battenti.

«Se davvero si vuole fare la lotta all’evasione fiscale, serve un piano Marshall nell’immediatezza, con l’innesto di nuove competenze», spiega Renato Cavallaro, coordinatore nazionale della Uil all’Agenzia delle entrate. Secondo i calcoli del ministero dell’Economia, ogni euro investito nell’Agenzia delle entrate produce 12 euro di recupero economico per le casse dello Stato. «Insomma, è solo una questione di volontà politica».

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