da: https://www.corriere.it/ - di Fausta Chiesa
Catasto, gli archivi da aggiornare
Della temuta riforma del catasto si è cominciato a parlarne nella seconda metà di agosto, con gli italiani ancora in vacanza, con il ministero dell’Economia e delle Finanze che nell’atto di indirizzo alle amministrazioni fiscali per il triennio 2021-2023 scrive di voler aggiornare gli archivi catastali «anche nell’ottica di una più equa imposizione fiscale». Ora la questione si fa più concreta, se sono vere le indiscrezioni in base alle quali il governo vuole inserire nella riforma fiscale che dovrebbe approdare in Consiglio dei ministri nei prossimi giorni anche la revisione del catasto. Indiscrezioni che hanno sollevato le proteste dei partiti di centro-destra, compresa la Lega che appartiene alla maggioranza, e quelle degli imprenditori del settore, con il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, che ricorda. «Nel luglio scorso le Commissioni Finanze di Senato e Camera si erano espresse in senso diametralmente opposto. Se il Parlamento ha ancora un senso, qualcuno batta un colpo». Secondo Massimo Bitonci, capogruppo Lega in commissione Bilancio alla Camera, la riforma prevede il passaggio del calcolo delle rendite catastali in base ai metri quadrati e non più secondo i vani dell’immobile. «I calcoli e le prime elaborazioni porterebbero a un aumento indiscriminato dal 30 al 40% delle stesse, che si potrebbe tramutare in aumento corrispondente dell’Imu e Irpef, senza tener conto dell’aumento del valore degli immobili nelle compravendite ai fini della tassa di registro e Iva».
Vani al posti dei metri quadrati
L’indicazione dei vani catastali lascerà lo spazio ai metri quadrati. Il valore di reddito potrebbe essere affiancato da quello medio di mercato, le molte categorie catastali potrebbero essere drasticamente semplificate, fino al punto di cancellare la separazione tra case popolari e di lusso. A fare la differenza potrebbe invece essere la fattura e tipologia edilizia, l’affaccio, il cosiddetto «intorno», i servizi. Ma per tutto questo servirà tempo. Il governo infatti, nella riforma fiscale, inserirà molto probabilmente un articolo che dà la delega al governo di preparare la riforma, per fissare poi i criteri. Le indicazioni saranno ampie e generiche, anche se tracceranno il percorso. Che potrebbe essere modificato dal parlamento. Non è escluso poi che sia prevista anche una indicazione chiara di invarianza di gettito sia a livello nazionale sia a livello territoriale.
Niente vani per il valore complessivo
Il valore di una singola unità immobiliare sarà dato dal valore unitario della propria categoria in una singola zona. Nella precedente ipotesi di riforma a questo si sarebbero applicati dei correttivi, per aumentare o diminuire questo parametro, prevedendo poi di moltiplicare il risultato per la superficie in metri quadrati. Di fatto si mandano in pensione i vani catastali. Del resto spesso gli immobili vengono modificati, spostando muri per adeguarli a nuove esigenze, prevedendo open space o aree studio.
Catasto, due categorie di immobili
Tra le ipotesi sul tappeto potrebbe arrivare l’indicazione di suddividere tutti gli immobili in due grandi gruppi, in base alla destinazione d’uso. Da una parte le unità Ordinarie, dall’altra quelle Speciali. Chiaramente ci sarebbero le sottocategorie che caratterizzeranno le abitazioni a seconda delle tipologia. Nell’ultima ipotesi di riforma gli immobili in condominio erano ovviamente diversi dalle ville, ma scompariva la differenza tra categoria di lusso ed economica. In questo caso a fare la differenza sarebbero le caratteristiche, sia di fattura, sia di zona, sia di servizi.
Catasto, il divario tra centro e periferie
Il
nodo da sciogliere, urticante per le forze politiche perché comporta un
riequilibrio e quindi la certezza che qualcuno possa avere un aggravio, è il
divario che esiste tra i valori dei centri storici - con immobili di pregio ma
dal basso estimo catastale - e quelli delle periferie, più recenti e quindi più
vicini ai prezzi di mercato. Per avvicinarsi ad un riequilibrio l’ultima
ipotesi di riforma prevedeva l’affiancamento al «reddito» così come è ora
calcolato, di un ulteriore parametro, una sorta di valore medio di mercato
degli ultimi anni. Già da molto tempo, infatti, negli atti di compravendita
oltre al valore catastale viene indicato anche il prezzo reale d’acquisto,
senza che quest’ultimo abbia impatto sulle imposte da pagare.
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