da: https://www.editorialedomani.it/ - di Giorgio Meletti
La nuova assessora al Welfare della Lombardia Letizia Moratti ha chiesto al commissario Domenico Arcuri che nella distribuzione delle dosi di vaccino alle regioni si tenga conto non solo del numero degli abitanti, ma anche del prodotto interno lordo (Pil).
Il ministro della Salute Roberto Speranza
l’ha presa alla lettera e si è arrabbiato: «La salute è un bene pubblico
fondamentale garantito dalla Costituzione. Non un privilegio di chi ha di più».
Ma Moratti – ex ministra della Pubblica
istruzione, ex sindaco di Milano, ex presidente della Rai ed ex presidente
della banca Ubi, nonché vedova di uno degli uomini più ricchi d’Italia –
non ha solo detto la più odiosa delle stupidaggini. Ha anche manifestato la più selvaggia idea di
società che sia capitato di sentire in questi tempi grami. Parafrasando il
leggendario detto del ministro della Polizia francese Joseph Fouché
(1759-1820), quella di Moratti è peggio
di una sciocchezza, è un errore. Infatti l’assessora, per rimediare alla figuraccia del lunedì, ha escogitato la spiegazione
del martedì, argomentando che non si tratta di privilegiare i più ricchi ma
di salvaguardare il «motore d’Italia».
Se si permette al Covid di fermare per troppo tempo l’economia lombarda, dice,
«questo penalizzerebbe tutta l’Italia». Purtroppo
per lei questo è semplicemente falso.
Sacrificare l’uguaglianza
Quando una comunità affronta un pericolo mortale, quasi sempre deve sacrificare
il principio di uguaglianza all’interesse generale. Un caso di scuola è quello
del disastro aereo delle Ande. Nel
1972 un aereo precipita in mezzo alle montagne argentine, ad alta quota, 16
passeggeri su 45 sopravvivono ma nessuno li trova e devono cavarsela da soli,
anche nutrendosi dei cadaveri dei deceduti. Tra i 16 sconosciuti si salda un autentico patto di solidarietà. Designano i due più tonici perché
scavalchino montagne innevate di oltre 4mila metri alla ricerca di presenze
umane a cui chiedere aiuto. Decidono
(tutti insieme) che i due esploratori si mettano in forze con razioni di
cibo maggiori degli altri. Assumono
(volontariamente) il rischio di morire di fame per consentire ai
“privilegiati” di salvare tutti. A sessanta
giorni dall’incidente arrivano due elicotteri a prenderli, ma a salvarli è stata, in senso non
sentimentale ma tecnico, la solidarietà.
La scelta tragica è un luogo comune della letteratura ma stavolta l’occidente ricco, tutto insieme, la deve fare sul serio. Dobbiamo decidere chi vaccinare e chi no. Medici e infermieri, anche se giovani, li proteggiamo per una valutazione razionale: se si ammalano loro, nessuno curerà gli altri. Le dosi per i sanitari le togliamo agli anziani, ai quali pure è stata data la precedenza perché sono i più a rischio. Se i vaccini scarseggiano bisogna mediare le ragioni umanitarie con un superiore interesse generale. Ma quale interesse generale ha in mente Moratti? Davvero vuole convincere qualche giovane sardo o calabrese che il motore lombardo, se lo facciamo ripartire magari sacrificando i loro nonni, porterà il Bengodi nel Sulcis e sulla Sila? Il suo ragionamento risulta non stupido ma schiettamente classista, con la solita pigra cantilena che chi produce ricchezza lo fa per tutti. Ma, ammesso e non concesso, se dobbiamo mandare più vaccini in Lombardia, in quanto «motore dell’economia d’Italia», perché non mandarli tutti in Germania, la «locomotiva d’Europa»? E perché non dare a Milano i vaccini di Lodi, visto che il Pil pro capite del capoluogo è il doppio? E soprattutto, se proprio dobbiamo difendere la trincea della produzione, perché non vaccinare gli operai di Milano prima degli anziani di Milano? Nella logica morattiana, per privilegiare le aree dove si produce più ricchezza, si finirebbe per ritagliare i territori comune per comune, strada per strada, casa per casa. E si scoprirebbe che anche a Milano ci sono i produttori di ricchezza e i percettori di reddito di cittadinanza, i ricchi e i poveri appunto, e gli inutili pensionati. Qui casca l’asino.
La solidarietà è un’altra cosa
Se la Lombardia ha un Pil pro capite
nettamente più alto del resto d’Italia, ha anche il reddito pro capite più
alto. A differenza di ciò che Moratti si racconta con i suoi simili in chissà
quale salotto o consiglio d’amministrazione,
chi produce più ricchezza non la
distribuisce ai meno fortunati. Per questo il modello proposto dalla stimata imprenditrice non è stupido, semmai è
astuto, sia pure di quella penosa
astuzia confindustriale che tanti danni continua a fare. Ma ha un difetto,
postula la guerra civile. Prefigura uno scenario in cui i lombardi vaccinati fanno ripartire la loro economia a manetta mentre
al sud muoiono di Covid (e di fame) come mosche per far ripartire “il
motore d’Italia”. Il finale è noto: la brillante
imprenditrice torna nei panni della politicante (che veste da decenni) e rilancia il verbo del federalismo fiscale caro
ai suoi partiti di riferimento: i soldi
restino a chi produce, e un bel ciaone al Sussidistan (ricordate?) e ai
terroni scansafatiche. Per fortuna non ci crede nessuno. La solidarietà tra 60 milioni di persone è una cosa molto seria, molto
più seria che mandare bonifici a San Patrignano. Purtroppo ci sono pensatori a pancia piena che pensano a
uscire più ricchi dalla pandemia,
come i loro genitori uscirono più ricchi
dalla seconda guerra mondiale. Papà
sarebbe fiero di loro.
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