da: Il Fatto Quotidiano - di Giacomo Salvini
Matteo Renzi continua a ripetere che la sua
è una “battaglia di idee” e non di
“poltrone”. Anzi, ha detto ieri orgoglioso in un’intervista al Messaggero,
“abbiamo la schiena dritta, se le nostre idee danno fastidio andiamo
all’opposizione”. Come se, nella sua testa, fossero lui e Italia Viva ad essere
sotto ricatto di Giuseppe Conte, Pd e M5S e non il contrario. Ma tant’è: anche
dando all’ex premier il beneficio del dubbio – cioè provando a credere che
dietro l’apertura della crisi ci siano le sue proposte e non la voglia di
pesare di più nell’esecutivo – guardando
alle “idee” del piano “C.I.A.O” per spendere i soldi del Recovery viene il
dubbio che dietro ad esse ci sia la volontà dell’ex premier di tornare ad
aiutare quelle lobby che con il governo
Conte hanno perso un po’ di centralità. Vediamo quali.
Industria farmaceutica. Al punto 55 del piano Renzi propone di “investire quattro miliardi per creare posti di lavoro di qualità e ricerca avanzata nel mondo farmaceutico” perché l’Italia “è uno dei Paesi all’avanguardia mondiale in questo settore e ha distretti di eccellenza assoluta”. Ma non si capisce il motivo per cui l’ex premier voglia destinare ulteriori fondi – il 3% dei prestiti totali che arriveranno dall’Ue – a un settore, quello farmaceutico, che è stato uno dei pochi a resistere nel 2020 della pandemia. Secondo il Rapporto dei settori industriali di Intesa Sanpaolo del 28 ottobre, quello farmaceutico è uno dei pochissimi settori in crescita del 2020 facendo registrare un +3,9%. A Renzi il settore sta a cuore. Certo non solo per il legame antico con la famiglia Aleotti, che possiede il colosso farmaceutico
Menarini. Memorabile la visita nel marzo 2015, alla vigilia del primo bilaterale con Angela Merkel a Berlino, nella sede tedesca della Menarini per la gioia di Lucia Aleotti. Poi gli Aleotti – come persone fisiche e non la società – sono stati anche tra i principali finanziatori della fondazione renziana Open per un totale di 300mila euro. Senza essere indagati, furono perquisiti nel 2019 dalla Procura di Firenze, ma la Cassazione a settembre ha annullato i sequestri di cellulari e documenti, definiti “onnivori e invasivi”.
Ponte
sullo Stretto e Tav. Al punto
32 del piano “Ciao” Renzi torna ancora a perorare la causa del Ponte sullo Stretto di Messina sapendo
che non è finanziabile con i soldi del
Recovery (ha un arco temporale più lungo del 2027) ma, scrive l’ex premier, “i soldi che arriveranno sulle
infrastrutture rendono il ponte irrinunciabile logicamente e più facile da
realizzarsi”. Renzi, prima di arrivare a
Palazzo Chigi, era contrario all’opera (“Quegli 8 miliardi li dessero alle
scuole” diceva), ma poi è diventato tra
i suoi principali sostenitori. Almeno da quando, nel settembre 2016, partecipò alla festa dei 110 anni del gruppo Salini
Impregilo, oggi We Build, dicendo all’amico Pietro Salini: “Sul ponte noi
siamo pronti, se voi ci siete noi sblocchiamo”. Peccato che già allora lo
Stato, rappresentato dal premier, avesse un contenzioso aperto proprio con il
consorzio Eurolink (guidato dalla Salini Impregilo) che nel 2013 aveva fatto causa
per 800 milioni contro la decisione del governo Monti di stoppare l’opera. Il
Tribunale Civile di Roma nel 2018 ha respinto la causa e, dopo il ricorso, si
attende l’appello. Ma Renzi continua a
sponsorizzare l’opera, insieme
all’Alta Velocità da Nord a Sud. Anche se non c’è nel piano, Iv da giorni
sta portando avanti la battaglia del Tav Torino-Lione. E chi c’è nel
raggruppamento di imprese del cantiere in val Susa? Salini Impregilo, ovvio.
Prescrizione.
Dopo aver fatto tremare il governo, Renzi torna ad attaccare anche sulla
prescrizione che resta “un nodo tutt’altro che risolto”. Considerando i processi in cui è coinvolto il padre
Tiziano, l’ex premier dovrebbe tenersi lontano anni luce dal tema prescrizione ma
i suoi parlamentari chiedono una commissione
ad hoc in cui dovrebbe entrare il presidente delle Camere Penali Gian Domenico
Caiazza. Che però nel frattempo è anche
avvocato dello stesso Renzi nell’inchiesta dei pm di Firenze sulla fondazione
Open.
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