venerdì 15 gennaio 2021

All’Italia serve una strategia per non sprecare il Recovery plan

 

 

da: Domani - di Luigi Paganetto

Tra i candidati per il dopo Mustier c’è Morelli, scelto da Padoan per Mps. Ma il conto per una fusione continua a lievitare: solo per gli esuberi servono altri 1,2 miliardi

Il nostro sistema economico soffre da tempo di problemi strutturali che, come ha detto il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, nascono dal ritardo del suo adeguamento ai cambiamenti da tempo in atto nell’economia mondiale.

Prima ancora della scelta dei singoli progetti, infatti, la questione da affrontare riguarda quale sia la strategia di sviluppo che ci può consentire di cogliere la straordinaria opportunità del Piano nazionale di recupero e resilienza (Pnrr). L’obiettivo non può che essere quello di alzare la crescita e in quest’ottica devono essere adottati tutti gli investimenti capaci di farvi fronte. Vanno messi pertanto a confronto i progetti già programmati a bilancio con quelli da presentare a Bruxelles perché non possiamo permetterci di portare avanti progetti con ritorni inadeguati e tanto meno le cui determinanti consistano in decontribuzioni e spesa corrente che secondo una stima approssimata ammonterebbero al 40 per cento della bozza di Pnrr. Gli investimenti pubblici in infrastrutture sono senz’altro molto importanti. Ma da qui al 2026 hanno effetti solo sul lato della domanda.

Un aspetto a cui occorre fare molta attenzione nella valutazione dei progetti di investimento è quello della distribuzione nel tempo dei loro benefici competitivi. Se per l’energia si punta nel lungo periodo all’idrogeno, ad esempio, non si può ignorare che nei prossimi anni la sostituzione del petrolio avverrà con un altro combustibile fossile, il gas metano, che già comincia ad alimentare i motori delle navi del Mediterraneo seguendo la normativa europea. Anche l’adozione di connessioni in fibra e del 5G in sostituzione del 4G avrà implicazioni decisive per lo sviluppo. Occorre dunque favorire la ricerca e sviluppo con interventi che incentivino le imprese ad aumentare i loro investimenti in questa direzione. La creazione di un clima favorevole agli investimenti privati è essenziale assieme al sostegno della spesa in capitale basato sulla conoscenza. 

L’esigenza di aumentare produttività e crescita è però una sfida che non si vince da soli ed è nota la difficoltà del nostro sistema industriale nell’adattarsi ai cambiamenti competitivi internazionali. Una spinta può esser data  dall’associazione con progetti europei di altri paesi seguendo l’esempio di Francia e Germania che hanno messo assieme i loro progetti in materia di accumulo di energia ed idrogeno e sono intenzionate a chiedere a Bruxelles lo status di “Progetto di comune interesse europeo” (Ipcei). Per recuperare lo svantaggio in termini di tecnologia e innovazione che l’Unione europea ha maturato nei confronti di Stati Uniti e Cina e adesso anche rispetto ai paesi dell’Asean (Asia-Pacifico), occorre puntare sul digitale con ricadute in tutti i campi: mobilità e trasporti, sanità a distanza, internet delle cose. Se si conviene che l’investimento in conoscenza è fondamentale va fissata come priorità l’investimento su scuola e formazione. Si tratta di una scelta che impone la destinazione non solo di risorse ma di progetti mirati. 

In quest’ottica è perdente una scelta a favore del blocco dei licenziamenti non accompagnata da progetti di formazione capaci di rimediare alla insufficienza delle competenze che saranno richieste dal mercato e che mancano nelle imprese in difficoltà. In questo quadro la scolarità, valore in sé, diventa una priorità da sostenere con incentivi alle famiglie a basso reddito che assicurino la partecipazione dei figli ad attività di formazione. L’intervento a favore del Mezzogiorno, oggi lo si riconosce, deve essere in linea e parte del progetto Italia. Occorre perciò pensare a una politica che, oltre a puntare sugli investimenti pubblici su trasporti, portualità, territorio, si concentri su formazione, innovazione e disponibilità di connessioni in rete piuttosto che solo sulla riduzione degli oneri fiscali per ridurre il costo del lavoro al sud e rendervi conveniente l’attività d’impresa.

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