Se nasci tondo, mica diventi quadro. Se nasci figlio di papà e hai bisogno della “badante” che ti segua passo per passo (Confalonieri), può essere che prima o poi riesci a camminare (decidere) da solo, ma può essere che inciampi, cadi. Più di una volta.
Ecco una “illuminante” dichiarazione di Piersilvio Berlusconi (senza badante zio Confi) su Netflix:
“La tv generalista serve piatti caldi da consumare in diretta. Loro sono una dispensa con prodotti preconfezionati sempre disponibili, noi viviamo del qui e adesso”.
Ecco. Appunto. Mediaset fa piatti caldi. Beh…non proprio tutti caldi. E, di certo, non originali. Solite pietanze. Trite e ritrite con ingredienti mediocri (GF, Amici,ecc…). Se qualche pietanza riesce meglio te la fanno gustare dalle 21,45 e nei giorni sbagliati.
Netflix ha prodotti preconfezionati. Già. Ma rispetto ai “piatti di Mediaset” che sono? Non sono certo tutti piatti originali. Ma sono sempre disponibili, alcuni gustosi, alcuni invitanti. Altri, meno gustosi e originali. E li puoi gustare quando vuoi.
da: https://www.corriere.it/ - di Daniele Manca
«Un anno terribile», sono le prime parole che pronuncia Pier Silvio Berlusconi. «La tragedia della prima ondata, poi la seconda con persone care, collaboratori, dipendenti, la famiglia, toccati da vicinissimo. Il virus ci ha costretti a una vita diversa, ma ci ha anche confermato che quello che stavamo facendo tra informazione e intrattenimento diventava sempre più centrale per le persone». A capo di Mediaset da vent’anni, non si nega alle domande.
«Quando vedi, come abbiamo visto, che ad aprile la pubblicità realizza un calo record sopra il 50% e che nei primi sei mesi il crollo è del 24%, capisci che è inutile pensare ai risultati a breve. Che la via d’uscita è guardare al futuro, difendere l’azienda, difendere l’occupazione: pensare a quello che si potrà fare dopo, perché il 2020 è un anno che hai voglia solo di cancellare. E invece succede che reagisci così fortemente che con la tua spinta il motore non solo non si blocca, ma il grande lavoro che hai fatto in primavera con revisione dei costi e riprogrammazione si è trasformato in un’opportunità». E questo nonostante la spina nel fianco Vivendi tra ricorsi, inchieste della magistratura sui francesi, pronunce della Corte europea, indagini dell’Agcom italiana.
Dall’altra parte del telefono non si ride, ma il tono di voce è divertito. «Se tutte queste vicende ci avessero distratti in un contesto così drammatico, non ci avvieremmo a chiudere un bilancio così buono». Conferma l’accelerazione sui progetti europei, ha idee precise sugli emendamenti parlamentari che sono stati definiti salva-Mediaset e sulla strategia da tenere con Vivendi. Ne parla dopo tutte le polemiche di queste settimane con tranquillità: «Sa, quando si riesce a ribaltare previsioni catastrofiche…»
Ci sta dicendo che visto che la pubblicità anticipa l’economia reale, qualcosa si sta muovendo nell’economia?
«Le dico quello che succede a noi. Dopo i primi mesi dell’anno pensavamo di poter solo limitare le perdite. Ci siamo mossi alla velocità della luce: con decisione e orgoglio tutta la nostra azienda ha capito il momento eccezionale. E ora potremmo chiudere l’anno addirittura con un utile importante, forse sorprendente. Abbiamo migliorato di oltre 260 milioni di euro le previsioni del budget costi del Gruppo. La posizione finanziaria netta consolidata migliorerà di circa 200 milioni di euro nonostante i nuovi importanti investimenti come quello che abbiamo fatto nella tv tedesca Prosiebensat».
Ma come, tutti parlano di Netflix, Disney+, Amazon…
«Questo merita un discorso a parte. La verità è che la tv generalista ha sempre avuto, e anzi ha aumentato, la sua centralità. Sia come mezzo di informazione, in termini di affidabilità, sia come palcoscenico d’intrattenimento per avere anche delle pause leggere in un periodo così difficile. Tutta la tv italiana ha aumentato gli ascolti, ma noi di Mediaset abbiamo anche guadagnato quote. Ne sono fiero soprattutto per tutti i nostri collaboratori che non hanno mollato un giorno».
Se poi il mercato si riprende…
«Quando le aziende comunicano, fanno pubblicità, significa che hanno fiducia. E non a caso in un momento complesso hanno scelto di investire con gli editori veri come noi. Nel secondo semestre cresceremo in Italia del +4% rispetto al 2019, con un’accelerazione al +6-7% negli ultimi due mesi. Grazie alle nostre scelte di programmazione, da soli riusciamo a generare oltre la metà dei contatti pubblicitari prodotti da tutte le televisioni».
Non potrà negare che Netflix…
«Sì certo, ma loro non raccolgono pubblicità, hanno un modello di business diverso da quello di noi editori classici. Li vediamo come complementari. Con la loro offerta toglieranno certamente un po’ di tempo di attenzione ai giornali, alle tv e ai libri… Ma la tv generalista serve piatti caldi da consumare in diretta. Loro sono una dispensa con prodotti preconfezionati sempre disponibili, noi viviamo del qui e adesso. Il problema enorme invece sono i “mostri del web”».
E chi sarebbero questi mostri?
«Facebook, Google e altri social che sfuggono a qualsiasi controllo fiscale e di trasparenza. Raccolgono pubblicità a tappeto ma non rendono pubblici i loro dati, danneggiano tutti i media. Vorremmo solo che fossero uguali a noi, o noi uguali a loro: stessi diritti ma anche stessi doveri. Perché dal punto di vista industriale non li temiamo. La tv ha riconquistato soprattutto nell’emergenza quel ruolo di credibilità e autorevolezza che è caratteristica dei veri editori. Offriamo un servizio di pubblica utilità».
Un servizio utile al punto che il Parlamento ha fatto un emendamento a difesa dell’italianità di Mediaset.
«Posso essere sincero? Il Parlamento si preoccupa di tutelare il sistema dei media e delle tlc nazionali come si fa in tutto il mondo ed è inaccettabile che quelle preoccupazioni vengano marchiate, strumentalizzate, per motivi solo di propaganda politica».
Fatto sta che vi dà una mano.
«Ma scusi, lo Stato ha solo acceso un faro perché si possono innescare posizioni dominanti estere o scalate illecite, e si grida allo scandalo? Come si fa a pensare che le parole di ministri come Patuanelli e Gualtieri, i cui orientamenti politici sono noti, possano essere guidate dagli interessi di una sola azienda? E’ un altro esempio del conflitto di interessi al contrario che abbiamo pagato a lungo. Speravo fosse superato».
Superato o no, intanto vi dà tranquillità visto che i ricorsi di Vivendi hanno bloccato la vostra strategia.
«Ma noi andremo avanti comunque. Vogliamo costruire il polo paneuropeo della tv gratuita. E sono orgoglioso che sarà un’azienda italiana a farlo. Serve un player di dimensioni sufficienti per rimanere in partita con i giganti americani: da solo, nessuno in Europa ce la farà. E se Vivendi non ci avesse bloccato, avremmo già realizzato la fusione con la Spagna e inserito anche la partecipazione in ProsiebenSat1. O forse saremmo già al livello successivo di integrazione internazionale. Ma la cosa certa è che non vogliamo e non possiamo più perdere tempo».
Con Vivendi quindi è battaglia aperta?
«Noi vogliamo andare avanti con il nostro progetto di sviluppo europeo. Premesso che Vivendi ha causato a Mediaset e a tutti i suoi azionisti danni enormi, se troveremo un accordo con loro bene, altrimenti seguiremo un’altra strada. Si dichiarano favorevoli a ogni nostro progetto di sviluppo, ma poi in concreto le nostre proposte industriali cadono nel nulla. Non mi pare che sia questo l’atteggiamento. Di certo un danno c’è stato e l’inchiesta della Procura di Milano apre molte domande. La magistratura farà il suo lavoro».
Ma nel frattempo potreste fare accordi con altri, si parla del colosso americano Discovery.
«Nomi in questa fase non se ne fanno. Ci
hanno contattato tv da altri Stati europei e anche un grande player dagli Stati
Uniti. Ma finché non si supera l’ostracismo dei francesi è complicato agire.
Una cosa però è certa: quest’anno abbiamo dimostrato che anche nelle situazioni
più difficili Mediaset è in grado di reagire, andare avanti e portare
risultati. Oggi in Italia e Spagna. Domani in Europa».
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