mercoledì 16 dicembre 2020

Mariangela Pira: Anno Zero d.C. / 7

 


Perché tu, paese, chiedi il Mes?

 - Hai bisogno del mio aiuto perché hai un colpo casuale di grande sfortuna (un terremoto particolarmente grave, una crisi economica inaspettata e non a causa tua). Nel qual caso so che sei illiquido (ti servono soldi) ma non insolvente (la situazione debitoria è sotto controllo), quindi intervengo senza condizioni.

 - Hai bisogno del mio aiuto perché per anni hai violato gli accordi del Patto di stabilità e crescita, ora ti sono esplosi sul naso ed è arrivato il conto. Ti aiuto lo stesso ma mi prometti che la smetti di fare stupidaggini. Ecco, quest’ultima condizionalità c’è sempre stata. Non si è trasformata nel passaggio da Berlusconi a Monti.

Lo stesso governo Berlusconi nel 2011, parlando del Mes in un comunicato, scriveva: «Far sì che tutti gli Stati dell’Eurozona possano istituire, se necessario, un meccanismo che renderà possibile affrontare situazioni di rischio per la stabilità finanziaria dell’intera area dell’euro». Mario Monti, in un editoriale sul «Corriere della Sera» ricorda: «Il Mes rappresenta l’evoluzione del Fondo europeo per la stabilità finanziaria (Fesf). Il Fesf prima e il Mes poi sono stati preparati e decisi a livello europeo nel 2010-2011 con l’Italia rappresentata da Silvio Berlusconi nel Consiglio europeo e da Giulio Tremonti nell’Eurogruppo/Ecofin [la riunione dei ministri delle Finanze della zona euro, nda]». Non sono in pochi a sostenere che Fesf e Mes abbiano fatto errori. Sulla Grecia si è arrivati in ritardo e le misure imposte sono state «lacrime e sangue», con una severa intransigenza nell’imposizione delle tappe di riduzione del deficit che forse si sarebbe potuta evitare. Tra il 2010 e il 2012 il Fesf e il Mes hanno concesso circa 98 miliardi di prestiti al Portogallo, oltre 200 miliardi alla Grecia, 76 miliardi all’Irlanda, 41 miliardi alla Spagna: senza questi quattrini cosa sarebbe accaduto a questi paesi? Davvero come dice Varoufakis sarebbero cresciuti molto di più? Forse, ma non lo sapremo mai.

Un esercizio utile è quello di sfogliare i quotidiani dell’epoca. Il giorno dopo il citato Eurogruppo, che approvò la modifica del Trattato per creare il Mes, era il 22 marzo 2011 (ripeto, Governo Berlusconi), «La Stampa» titolava: I ministri economici hanno chiuso ieri l’intesa e «Il Giornale»: Fondo salva Stati a 700 miliardi. Tre giorni dopo arrivò la decisione del Consiglio europeo presieduto dall’olandese Herman Van Rompuy e ad agosto il voto in Consiglio dei ministri. Il Mes approdò in Parlamento quando ormai c’era Mario Monti e il 19 luglio 2012 ci fu il via libera definitivo: 325 sì, 53 no e 36 astenuti. La Lega – ormai all’opposizione – disse no. Il Pdl appoggiò il provvedimento, con alcune eccezioni. Giorgia Meloni non partecipò al voto.

Chiarite le tappe e chiarito cosa sia il Mes, torniamo alle decisioni dell’Eurogruppo del 9 aprile 2020.

Nel comunicato si legge che sono state tolte al Mes le condizionalità per le spese mediche, ma non per il sostegno economico. Come dire: se volete denaro in prestito per la sanità, dalla costruzione di ospedali alla ricerca, non ci sono condizioni e potete avere quei quattrini. Se lo usate per altro, ci sono delle condizioni che dovete rispettare. Sentir parlare di «condizioni» rinvia subito alla troika e ai paesi che per rispettarle hanno sofferto molto, come appunto la Grecia. Da qui la ritrosia di molti a concepire il Mes come uno strumento adeguato. Su di esso pesa uno stigma: chi lo usa è un appestato. Molti economisti, pur europeisti, sostengono che imporre condizioni oggi, in un momento difficile per i paesi, sia insostenibile. Soprattutto ora che uno tsunami ci attraversa in pieno. «Se c’è la Banca centrale europea, che in questo momento compra i titoli di stato, perché chiedere soldi in prestito rispettando condizioni alla “lacrime e sangue”?» mi spiega un economista.

«Il solo requisito per accedere alla linea di credito del Mes sarà che gli Stati si impegnino a usarla per sostenere il finanziamento di spese sanitarie dirette o indirette, cura e costi della prevenzione collegata al Covid-19» si legge nelle conclusioni dell’Eurogruppo. E ancora: «La linea di credito sarà disponibile fino alla fine dell’emergenza. Dopo, gli Stati restano impegnati a rafforzare i fondamentali economici, coerentemente con il quadro di sorveglianza fiscale europeo, inclusa la flessibilità».

Come si può leggere, è scritto nero su bianco quanto spiegato sopra: sono state eliminate le condizioni per accedere al Mes per far fronte alla spesa sanitaria. Restano eccome i paletti da rispettare per il sostegno economico. Come chiedeva l’Olanda.

«Con condizionalità light si intende che non ci sono richieste di austerità o aggiustamento del deficit, ma si chiede solo che i fondi e le risorse che arrivano dal Mes vengano utilizzati per affrontare le spese sanitarie, dirette e indirette, legate alla crisi.

Si tratta di un radicale cambiamento della normale operatività del Mes» spiegano fonti del nostro ministero dell’Economia.

Cosa significa «finanziamento di spese sanitarie dirette o indirette, cura e costi della prevenzione collegata al Covid-19»?

La definizione si presta a diverse interpretazioni. «Spese indirette» potrebbero includere l’onere di tenere a casa i lavoratori di imprese chiuse. «Prevenzione» potrebbe riferirsi agli investimenti da fare per mettere e mantenere le fabbriche nelle nuove condizioni di sicurezza necessarie alla ripresa della produzione. Il Mes è ora disposto a finanziare tutto questo senza la contropartita di condizioni macroeconomiche, per somme fino al 2 per cento del prodotto del paese che chiede il prestito. Per l’Italia sarebbero circa 36 miliardi di euro.

In molti però continuano a essere dubbiosi e guardinghi sul Mes. Proprio non si fidano. È evidente quindi che in Europa il primo problema è questo: la fiducia. Te lo possono dire, te lo possono scrivere, te lo possono giurare, ma il diavolo è nascosto nei dettagli e «ci deve essere per forza qualcosa sotto».

A ogni modo, farsi qualche domanda è lecito, e in effetti in molti si chiedono: Perché tutti parlano di assenza di condizionalità ma i trattati non sono stati modificati? Se ci dite che c’è la Bce, allora perché dovremmo aderire al Mes? In quale caso dovremmo usufruirne?

Dopo molte interviste fatte a persone diverse, di differente orientamento politico, europeiste e non, trovo un minimo comun denominatore che ora illustrerò con un esempio (che per fortuna, a oggi, è una situazione irreale, altrimenti saremmo fritti).

Facciamo finta che la Banca centrale europea di punto in bianco smetta di comprare i nostri titoli di Stato (ripeto, oggi non è così, la Bce è il nostro principale cliente). Ma noi abbiamo ancora bisogno che ce li compri perché ci serve il denaro per spendere nella fase 2, in quello che sarà il dopo dell’altra vittima del Covid, la nostra economia. Ecco, allora il Mes avrebbe un senso. Perché è un prestito al quale – se vogliamo – possiamo accedere e possiamo farlo senza condizioni se speso in sanità. A quel punto si potrebbe spendere per costruire ospedali, per fare investimenti in quel settore, creando lavoro.

Se però si accede a quel prestito e quel denaro lo si spende in altro, allora le condizioni ci sono eccome. Nell’accordo in sede Eurogruppo è scritto nero su bianco: il prestito è with conditionalities se non lo si utilizza per spese sanitarie.

A ogni modo ecco spiegato un caso specifico per il quale il Mes potrebbe essere utilizzato. Una sorta di ultima spiaggia in mancanza di mamma Bce. Per questo c’è ancora chi vede l’adesione al Mes in generale (dato che come abbiamo visto il Mes sanitario è una linea di credito differente dal Mes tradizionale) come uno stigma: l’idea è che lo si abbracci perché si è con l’acqua alla gola.

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