mercoledì 23 dicembre 2020

Mariangela Pira: Anno Zero d.C. / 9

 


Come saranno restituiti i soldi che Bruxelles chiederà al mercato?

Il denaro versato da Bruxelles come prestito sarà ripagato dagli Stati che lo hanno ricevuto, con interessi comunque molto bassi. Per restituire la parte versata sotto forma di sussidi, una possibilità è che la Commissione usi risorse proprie, raccolte con nuove tasse comunitarie. Secondo Bruxelles nuove imposte sulle imprese più inquinanti e sulle multinazionali del web potrebbero portare nelle sue casse circa 35 miliardi all’anno, ma non è chiaro come questo possa impattare su consumatori e imprese. La seconda possibilità è che la restituzione sia a carico del bilancio europeo. Cosa significa?

Vuol dire che Bruxelles ripagherà i bond (i titoli che emetterà per ricevere soldi in cambio) con i soldi del proprio budget. Quest’ultimo è composto dai fondi versati da tutti gli Stati. Quindi anche la parte del Recovery Fund ricevuta come sussidio non sarà esattamente gratis. La vera somma a fondo perduto sarà la differenza tra i soldi ricevuti come aiuto e i soldi versati dall’Italia al budget europeo.

Ma c’è una terza possibilità, per quanto più remota. Quella cioè che la scadenza dei bond emessi per costituire il Fondo Recovery sia spostata in maniera indefinita. Sto parlando dei cosiddetti «bond perpetui». Si verificherebbe se la Commissione, per rimborsare i 750 miliardi alla scadenza, ne chiedesse altrettanti con un nuovo prestito. Una specie di debito europeo perpetuo oggi assai poco popolare nelle cancellerie del Nord.

Tutti questi discorsi, in ogni caso, sono rimandati a dopo il 2028, quando comincerà a porsi il tema dei rimborsi di questi soldi che la Commissione chiederà al mercato.

Questo il piatto europeo, ma all’Italia quanto arriverà? Secondo Palazzo Chigi, nel corso di sei anni, si tratta di poco più di 81 miliardi di trasferimenti, in teoria a fondo perduto, e di 127 sotto forma di prestiti, quindi con un inevitabile impatto sui nostri conti pubblici. Un euro su quattro fra tutti quelli messi a disposizione dall’Europa li incasserà quindi l’Italia.

Vale la pena ricordare che i prestiti, reperiti emettendo bond comunitari, andranno restituiti, certo, ma in un tempo lungo: in trent’anni ed entro il 2058. Inoltre, i tassi di interesse che pagheremo saranno molto bassi – per fare un esempio, dovrebbero costarci meno dei nostri titoli di Stato.

I soldi arriveranno probabilmente dal 2021, benché sia previsto un piccolo anticipo sulle spese fatte dai governi anche per quest’anno. Stando alla tabella di marcia, il 70 per cento delle risorse dovrebbe essere assegnato nel 2021-2022 e la parte rimanente nei quattro anni successivi.

Dobbiamo però tenere a mente una cosa. L’Italia ogni anno paga all’Unione alcuni miliardi di euro per il suo funzionamento, e anche i soldi del Fondo Recovery (la parte prestiti) andranno restituiti. A farlo in maggior parte saranno Germania, Francia, Olanda e altri paesi, ma anche l’Italia farà la sua parte. Dunque i sussidi, tolti questi contributi italiani, dovrebbero ridursi attorno ai 15-30 miliardi di euro, mentre i prestiti andranno restituiti dal 2027.

Visto che i soldi sono raccolti sul mercato in forma comune, ci sono condizioni decise assieme su come spenderli. Dovranno essere investiti nella transizione digitale e ambientale e per seguire le riforme segnalate dalla Commissione europea ogni anno ai paesi membri.

Roma, insomma, dovrà spiegare all’Europa come intende impiegare i quattrini e dovrà tenere conto delle raccomandazioni che la Commissione fa a ogni paese. Nel nostro caso riguardano il miglioramento del sistema sanitario, della pubblica amministrazione, della giustizia, della sostenibilità del debito pubblico e della lotta all’evasione fiscale, su cui abbiamo un non lusinghiero primato.

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