Condivido, sottoscrivo parola per parola, punteggiatura inclusa, questo articolo di Massimo Fini.
da: Il Fatto Quotidiano
A Milano ieri ha nevicato. Oh bella. Vivo da 75 anni in questa città, vicinissima alle Prealpi, il mitico Resegone ricordato dal Manzoni, la Grigna, la Grignetta, ma non molto lontani sono il Cervino e il Rosa che nelle giornate in cui lo smog non ci tortura posso vedere nitidamente dalle mie finestre e so come tutti i miei concittadini che dai primi di Dicembre a metà Marzo può nevicare.
Per noi milanesi la neve è quindi un habitat abbastanza naturale e ce la siamo sempre cavata con disinvoltura. Solo nel 1985 la città si fermò per tre giorni, ma erano caduti tre metri, tre metri, di neve e non 20 centimetri come questa volta. E furono giornate molto belle perché, nell’emergenza, nelle difficoltà, i milanesi ritrovavano quella solidarietà – “Milan col cor in man” – che avevano già allora perso dall’epoca del primo dopoguerra (oggi siamo in un’altra emergenza, quella Covid, ma io non ho scambiato una sola parola con le due famiglie che sono mie vicine di pianerottolo).
Questa volta invece Milano s’è fatta sorprendere dalla nevicata. Eppure il meteo, che oggi è molto più preciso di quello dei tempi del colonnello Bernacca, da un paio di giorni aveva preavvertito che ci sarebbero state delle nevicate sulla Pianura Padana. A Parma, che è a un centinaio di chilometri da qui, si sono attrezzati per tempo e la vita, approfittando anche della zona arancione, è continuata come sempre.
Milano si è semiparalizzata. Nel momento in cui scrivo, attorno a mezzogiorno, sotto le finestre di casa mia ci sono quattro tram incolonnati e fermi. Il tram, che per me è il simbolo di Milano più del Duomo, è un mezzo di trasporto molto importante per la nostra città. Non ci voleva molto a capire che le rotaie e gli scambi andavano riscaldati. Invece per sei ore la paralisi.
Noi italiani continuiamo a raccontarci la favola che siamo sfigati e che gli eventi naturali ci travolgono. A travolgerci sono la nostra imprevidenza e la nostra dissennatezza. A Genova abbiamo ricoperto di cemento dei torrenti, in realtà poco più che dei rigagnoli, che quando piove venendo giù dalle montagne retrostanti scoppiano, inondano la città e provocano disastri, a Rigopiano è stato costruito un grande albergo a metà montagna che ci voleva poco a capire che prima o poi sarebbe stato travolto da una valanga (29 morti). Ci abbiamo messo anni a capire, nonostante tutti i notissimi e spaventosi precedenti, che il nostro è un territorio sismico e quindi ogni volta che c’è un terremoto anche non particolarmente intenso, poiché a differenza del Giappone non abbiamo riconvertito le abitazioni, siamo lì a chiagne disgrazie e morti.
Ma torniamo a Milano. Sono bastate sei ore per semiparalizzare la città. E questa, guidata
dal milanese doc Beppe Sala, dovrebbe essere l’Amministrazione, basata su
un retroterra austro ungarico, che ci
farà riemergere dopo il Covid più forti, energici e motivati di pria, guidando la Nazione verso i suoi luminosi
destini? Ma “andate a dar via i
ciapp” come “disem noi incì a Milan”.
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