da: la Repubblica Affari Finanza - di Francesco Manacorda
In questi giorni natalizi, che molti di noi trascorreranno bloccati a casa davanti a un televisore e costretti a un forsennato zapping pomeridiano, saremo spettatori inconsapevoli anche di una battaglia che si svolge non sullo schermo, ma dietro lo schermo. Per la precisione nelle stanze della politica italiana, francese ed europea e nelle sale dei consigli d’amministrazione di importanti gruppi.
Dietro lo schermo della tv si giocano infatti in queste due settimane due partite dai destini incrociati. La prima, più rovente che mai, riguarda i rapporti tra i francesi di Vivendi e l’italiana Mediaset, di cui i primi hanno il 28,8%. La seconda, ancora più lontana dal nostro schermo televisivo, ma non per questo meno importante, è la battaglia sulla rete unica - quella che dovrà portare i dati ad alta velocità in tutte le case, gli uffici e le fabbriche - dove Vivendi gioca un ruolo in partita come azionista di Tim.
La prima partita, quella sul controllo di Mediaset e in buona sostanza sul suo destino, appare al momento di difficilissima soluzione. La vicenda, iniziata nella primavera del 2016 con un accordo perché Vivendi comprasse Mediaset Premium, si era rapidamente trasformata in uno scontro di cui vediamo oggi alcune conseguenze. Innanzitutto la Procura di Milano ha appena chiuso le indagini sulle mosse in Borsa di quell’anno accusando Vincent Bollorè e Arnaud de Puyfontaine, rispettivamente primo azionista e presidente di Vivendi, di manipolazione al
mercato ed ostacolo all’attività di vigilanza, per aver tentato in modo surrettizio una scalata a Mediaset. Inoltre, a settembre di quest’anno, Vivendi aveva ottenuto dalla Corte di giustizia europea una pronuncia a lei favorevole che stabiliva in sostanza come la legge Gasparri fosse contraria al diritto europeo e non salvaguardasse il pluralismo dell’informazione. La decisione della Corte apre la strada a un ripristino dei pieni diritti di voto di Vivendi, che nel 2017 si era vista sterilizzare dall’Agcom i due terzi dei suoi diritti di voto in un trust e che da quel momento può esprimersi nelle assemblee Mediaset solo con il 9,9% del capitale.La rapida risposta italiana al punto segnato dai francesi in Europa è stata un emendamento alla legge di bilancio, presentato dalla maggioranza giallorossa, che stabilisce che in fattispecie come quella dell’ingresso dei francesi in Mediaset, tocchi all’Agcom valutare se acquisizioni in Italia - anche di soggetti comunitari - possano mettere a repentaglio il pluralismo dell’informazione. Una risposta muscolare offerta dalla maggioranza per salvaguardare l’azienda di Berlusconi, principale esponente dell’opposizione, che lascia molti interrogativi aperti su eventuali contropartite politiche che la coalizione di governo potrebbe puntare e ottenere.
Immediata la risposta di Vivendi, che ha allertato subito la Commissione Ue: a Bruxelles la norma italiana non piace perché la vedono come un ostacolo alla libertà di stabilimento delle imprese e l’hanno fatto sapere subito, mentre Roma difende la sua scelta. Al netto di altre cause che si affastellano nei tribunali italiani tra Mediaset e Vivendi la questione è questa e appare arrivata a uno stallo. Da una parte Vivendi, con i disinvolti raid di Bollorè, appare destinata a finire nell’angolo e a dover affrontare anche un giudizio penale; dall’altra l’escamotage giuridico italiano per evitare che i francesi possano mettere le mani su Mediaset non sembra destinato a ottenere grandi consensi in Europa. Anzi. Bruxelles e Parigi sono poi anche due luoghi dove si deciderà il futuro della rete unica in fibra. Questa settimana la situazione sul fronte della rete si è infine sbloccata, con il cda di Enel che ha accettato di vendere il suo 50% della società Open Fiber, presumibilmente per il 40% al fondo australiano Macquaire e per il 10% alla Cassa depositi e prestiti. Ma se la cessione di Open Fiber è il primo passo per un’integrazione di questa rete con quella di Tim - come ha deciso in estate il governo - gli ostacoli sulla strada sono appunto il ruolo di azionista in Tim di Vivendi e la posizione di Bruxelles, visto che per la Commissione una rete verticalmente integrata con il principale operatore di tlc italiano rischia di violare il principio di infrastruttura neutrale utilizzabile da tutti gli operatori.
Insomma, la pace in Mediaset probabilmente non arriverà e anche per questo quella sulla rete unica sarà difficile da raggiungere.
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