da: Il Fatto Quotidiano - di Gianni
Barbacetto
Ubi,
il fondo delle Cayman e gli affari offshore dei soci
La
Procura vuole capire se dietro “Parvus” ci siano i grandi soci bresciani e
bergamaschi. Il diario dell’ex
manager: “Ubi Int. schermava i loro patrimoni”
Chi ha detto che la finanza è noiosa? Il
matrimonio tra Intesa e Ubi, per esempio, è appassionante quanto una serie tv:
riuscirà o non riuscirà? Perché vi si oppongono con forza molti degli azionisti
storici di Ubi, all’ombra del loro padre nobile, Giovanni Bazoli? E ancora: chi
c’è dietro (e dentro) il primo azionista di Ubi, il misterioso fondo Parvus di
Edoardo Mercadante, basato a Londra ma controllato da una società delle Cayman?
Sono domande che stanno incuriosendo anche la
Consob e la Procura di Milano, a cui piacerebbe tanto sapere chi ha affidato a
Mercadante le sue azioni. Per provare a capirlo, bisogna forse tornare ai
Panama Papers, in cui sono state trovate tracce di società offshore, basate a
Panama e alle Seychelles, che apparivano legate a Ubi International, la società
lussemburghese del gruppo Ubi.
Lo denunciano, nell’aprile 2016, Elio
Lannutti (Adusbef) e Giorgio Iannone (Associazione piccoli azionisti Ubi). Dopo
venti giorni, la banca annuncia di voler vendere Ubi International,
guscio
estero diventato imbarazzante, che sarà ceduto a Efg International nel novembre
2017. Pochi giorni dopo la cessione, compare sulla scena per
la prima volta Parvus, citata nella “Relazione
sul governo societario Ubi 2018”: “Si precisa che Mercadante Edoardo, in data
16 novembre 2017, ha comunicato di detenere indirettamente per il tramite della
società di gestione controllata Parvus AssetManagement Europe Ltd una posizione
lunga complessiva con regolamento in contanti pari al 5,091% del capitale
sociale”. A oggi, Parvus è arrivata a controllare oltre l’8% della banca, dopo
aver investito il 46,6% delle sue risorse tutte in Ubi: troppo, per un fondo
“neutrale”; poco accorto, per un investitore di mercato.
Ora la Procura milanese vuole capire se
sono trasmigrate in Parvus le grandi famiglie bresciane e bergamasche legate a
Ubi fin dalla sua fondazione e che tenevano i loro soldini in Ubi
International, all’ombra esotica delle palme. Istruttivo è rileggere una una
paginetta del diario segreto di Italo Lucchini, membro del consiglio di gestione
di Ubi, uomo fedele al gruppo di comando della banca, che annotava
diligentemente ciò che accadeva nelle riunioni, anche riservate, dei vertici.
Nel 2014, chiede notizie sui quaranta trust di Ubi Trustees controllati
all’estero da Ubi International, chiamata anche Ubi Lux: “Sono intervenuto per
richiedere informazioni sia sul numero dei Trust che fanno attualmente capo a
Ubi Trustees (40), sia sui ricavi rivenienti da tale attività (in un primo
tempo Massiah ha stimato 50.000, poi rettificato in 300.000), sia sulla
legittimità dei trusts amministrati in rapporto alla normativa italiana, sempre
più restrittiva nei campi fiscale, antiriciclaggio ecc. Ho ammonito in merito alla
delicatezza delle pratiche gestite da Ubi Trustee, ritenendo che qualunque
accordo con Ubi vada subordinato al ruolo da assegnare alla struttura Ubi Lux
nella sua globalità. Vi è stata una vera e propria levata di scudi da parte di Polotti,
Pizzini, Fidanza e dello stesso Massiah che hanno tessuto le ‘lodi’ del
dr.Massimo Lodi, che soprattutto in quel di Brescia ha raccolto ampi consensi
sia presso clienti che presso professionisti per la sua competenza. È stato
precisato che nel corso del 2013 ha fatto 36 visite, raccogliendo il consenso anche
dello studio Erede, oltre che del notaio Camadini. È apparso evidente che Ubi
Trustee è stata creata e funziona in virtù della copertura dei patrimoni delle
grandi famiglie bresciane”.
Il Massimo Lodi citato è il direttore
generale di Ubi Trustee. Victor Massiah è l’amministratore delegato di Ubi. Franco
Polotti è stato presidente del consiglio di gestione Ubi, Flavio Pizzini suo
vicepresidente, Silvia Fidanza consigliera. Quanto alle “grandi famiglie
bresciane” (e bergamasche), sappiamo che nell’autunno 2019 cinque grandi azionisti
di Ubi, le famiglie Bombassei (Brembo), Bosatelli (Gewiss), Pilenga (Fonderie
Pilenga), Radici (Radici group) e Andreoletti (Cospa) hanno costituito il Car (Comitato
azionisti di riferimento) a cui si è unita anche la famiglia bresciana Gussalli
Beretta (quella delle armi), giungendo a controllare circa il 20% di Ubi.
Proprio Pietro Gussalli Beretta è stato il presidente di Ubi International dal 2013
al 2016. Forse c’è chi si oppone alla fusione anche perché teme che un estraneo
come CarloMessina, l’ad di Intesa, possa mettere il naso nei vecchi affari
offshore dei suoi nuovi soci.
La Procura di Milano cerca di capire se è
vero che c’è stata una trasmigrazione da Ubi International a Parvus. Quali
cognomi hanno le “grandi famiglie bresciane” (e magari anche bergamasche)
citate dallo scrupoloso Lucchini. Se ci sono ipotesi di reati fiscali e se sono
azzerati o no dalla prescrizione. Se, oltre a eventuali reati fiscali, possono
essere ipotizzati anche reati di market abuse, aggiotaggio, manipolazione di
mercato. Nell’ultima puntata della appassionante serie House of Parvus accade
che Mercadante partecipi all’ultima assemblea Ubi, quella dell’8 aprile 2020,
portando solo il 5%, mentre ha in portafoglio più dell ’8%. Come mai? Ha un pacchetto
determinante per far celebrare o fallire il matrimonio tra Ubi e la banca
Intesa Sanpaolo di Carlo Messina: non tutti i suoi quotisti sono d’accordo pro
o contro il matrimonio con Intesa? Oppure sono gli stessi del Car e temono che,
sommando l’8% di Parvus al 20% del Car, si superi la soglia del 25% che rende
obbligatoria l’Offerta pubblica d’acquisto su tutto il capitale Ubi? I colpi di
scena li vedremo nella prossima stagione della serie.
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