giovedì 11 giugno 2020

Decreto Rilancio, Ecobonus al 110%: rischio sprechi e allarme lavoro nero



da: https://it.businessinsider.com/ - di Marco Cimminella

Rischio sprechi e allarme per il lavoro nero: i limiti dell’ecobonus 2020 al 110% per le ristrutturazioni

Il decreto rilancio introduce nuove misure per favorire le ristrutturazioni delle abitazioni in Italia: i cittadini potranno migliorare l’efficienza energetica e l’adeguamento sismico degli edifici sborsando poco o nulla, grazie ai super bonus con detrazione al 110 per cento. In sostanza, molti potrebbero effettuare lavori in casa gratuitamente, recuperando la somma spesa abbattendo le imposte da pagare negli anni successivi oppure optando per lo sconto immediato in fattura o la cessione del credito. Il meccanismo mira anche a rilanciare i cantieri e promuovere la crescita economica del paese, dopo la battuta d’arresto causata dalla pandemia di covid-19. Ma secondo alcuni esperti, il provvedimento così come è stato elaborato presenta delle criticità: da un lato, non fa nulla contro il lavoro nero e ostacola anche l’impegno alla riduzione del fabbisogno energetico delle famiglie; dall’altro, cresce il pericolo di uno spreco di denaro pubblico, visto che il cittadino non ha più alcun incentivo a cercare sul mercato la migliore offerta in termini di rapporto qualità/prezzo, mentre alcune aziende potrebbero farsi trascinare dalla tentazione di gonfiare i preventivi.

In generale, il giudizio su questi incentivi è positivo, perché favoriscono l’ammodernamento
degli immobili rendendolo più conveniente a famiglie e imprese. Sotto i riflettori sono finiti quindi non gli obiettivi dell’iniziativa, ma i suoi limiti e il metodo con cui dovrebbe realizzare gli scopi per cui è stata pensata dall’esecutivo. “La misura sembra seguire la logica degli interventi a pioggia non vincolati a chiari obiettivi di risparmio energetico delle famiglie e di messa in sicurezza del patrimonio edilizio”, spiega a Business Insider italia Alessandro Genovesi, segretario generale di Fillea Cgil. Che aggiunge: “Inoltre, non si fa nulla per contrastare il sommerso: chi vuole sistemare casa usufruendo del super bonus potrebbe affidarsi, magari senza saperlo, a ditte che impiegano lavoratori irregolari. Il decreto dovrebbe invece vincolare gli incentivi pubblici alla presentazione di un certificato di regolarità e congruità lavorativa”.

Al contempo, fa notare il ricercatore Simone Ferro in un articolo su lavoce.info, “l’aliquota al 110 per cento elimina gli incentivi a mantenere prezzi competitivi e rischia di rivelarsi una fonte di spreco di denaro pubblico”. Questo perché il committente potrà fare i lavori nella propria abitazione previsti dal decreto praticamente gratis, contando su uno sconto in fattura pari all’importo richiesto, e quindi il costo da pagare per lui diventa irrilevante: non sarà più spinto a cercare le migliori offerte presenti sul mercato, a “contrattare sul prezzo o anche solo a verificarne la ragionevolezza”, continua l’autore dell’analisi.

Inoltre, l’impresa che ha effettuato l’opera di ristrutturazione potrà cedere il credito d’imposta alle banche, in cambio di liquidità immediata: “Con la successiva cessione del credito agli istituti finanziari, lo stato di fatto rimborsa le imprese tramite le banche per un ammontare che non sarà il risultato dell’interazione tra domanda e offerta, bensì arbitrariamente determinato da chi svolge i lavori. A voler pensar male, si potrebbe addirittura ipotizzare un accordo tra committente e impresa per far rientrare nei costi altri lavori di ristrutturazione”, scrive il ricercatore.

Le regole dell’ecobonus 2020 e i suoi limiti

L’ecobonus 2020 con aliquota al 110 per cento potrebbe essere considerato un potenziamento di incentivi già esistenti. Infatti, prima della sua introduzione, prevista dal decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, erano già in vigore in Italia tutta una serie di agevolazioni per le ristrutturazioni edilizie e riqualificazioni energetiche. Come mostra il portale dell’Enea, l’agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, queste si possono raggruppare in due categorie:
- il bonus casa che prevede detrazioni del 50 per cento per interventi di risparmio energetico e utilizzo di fonti di energia rinnovabile;
- gli ecobonus con detrazioni del 50% 65% 70% 75% 80% 85% a seconda della tipologia di intervento realizzato.

La nuova agevolazione al 110 per cento, per il momento, si applica alle spese documentate e rimaste a carico del contribuente, sostenute dal 1° luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2021. In particolare, l’articolo 119 del decreto rilancio spiega come funziona l’ecobonus 2020 e come si calcola la detrazione, chiarendo che quest’ultima verrà ripartita in cinque quote annuali di pari importo per le seguenti tipologie di interventi:
- isolamento termico delle superfici opache verticali e orizzontali di un edificio. La detrazione si calcola su un importo di spesa complessivo non superiore a 60.000 euro moltiplicato per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio.
- sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con interventi sulle parti comuni degli edifici. La detrazione è calcolata su un ammontare complessivo delle spese non superiore a 30.000 euro moltiplicato per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio ed è riconosciuta anche per le spese relative allo smaltimento e alla bonifica dell’impianto sostituito.
- sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con interventi su edifici unifamiliari. La detrazione è valutata su una spesa totale non superiore a 30.000 euro ed è riconosciuta anche per le spese relative allo smaltimento e alla bonifica dell’impianto sostituito.

Inoltre, l’aliquota al 110 vale anche per altri lavori di miglioramento energetico, come l’installazione di pannelli solari o di pareti, pavimenti, coperture e finestre per maggior risparmio energetico, ma a condizione che vengano eseguiti insieme a uno dei tre interventi prima descritti.

Tra i requisiti per accedere alla detrazione, il decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 prevede al comma 3 dell’articolo 119 “il miglioramento di almeno due classi energetiche dell’edificio”, oppure se non possibile il raggiungimento della classe energetica più alta, da dimostrare con l’Ape, l’attestato di prestazione energetica rilasciato da un tecnico abilitato. Una previsione che non è sufficiente per la Cgil e Legambiente, secondo cui bisognerebbe assicurare una riduzione del fabbisogno energetico del 50 per cento.

“In passato, l’aliquota dei vari bonus non è mai stata così alta. Ora c’è un’occasione irripetibile, estremamente conveniente per famiglie e imprese, grazie al sostegno dello stato e alle risorse comunitarie. Per questo, noi pensiamo che una volta offerta una detrazione con aliquota al 110 per cento, bisogna essere più coraggiosi e sforzarsi a fissare obiettivi di risparmio energetico più ambiziosi”, ci dice Alessandro Genovesi, facendo notare che “con gli emendamenti al decreto rilancio si sta anche ragionando sul prolungare queste agevolazioni al 2022 e di estendere la platea di beneficiari anche per interventi in alberghi e strutture ricettive, seconde case con esclusione di ville e case di lusso, associazioni del terzo settore e scuole paritarie”. Finora infatti la misura, nello stabilire a chi spettano le detrazioni, precisa che le disposizioni valgono per:
- i condomini
- persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arti e professioni
- istituti autonomi case popolari
- cooperative di abitazione a proprietà indivisa

Una ragione in più, quindi, per chiedere migliori prestazioni in termini di impatto ambientale da questi lavori: “Oggi la norma vincola gli incentivi al salto di due classi energetiche, ad esempio da quella peggiore – la G – alla E. Ma questo non è sufficiente: a chi utilizza questi incentivi bisogna chiedere una riduzione del fabbisogno energetico del 50 per cento, magari dotandosi dei materiali migliori disponibili”, aggiunge il sindacalista.

L’altra criticità rilevata dalla Cgil riguarda invece il problema del lavoro nero. “Il provvedimento non vincola gli incentivi pubblici alla presentazione di un certificato di regolarità e congruità lavorativa“, continua Alessandro Genovesi. In altre parole, il committente che ordina un lavoro di adeguamento energetico o sismico per cui poi richiede il bonus al 110 per cento potrebbe rivolgersi, magari senza saperlo, a un’impresa che impiega operai irregolari: “Attualmente tutti gli incentivi prevedono l’utilizzo del bonifico parlante (che si distingue da quello ordinario per tutta una serie di informazioni che devono essere obbligatoriamente specificate, ndr). Vale a dire, il soggetto può beneficiarne solo se adotta questa modalità, rendendo così tracciabile il suo pagamento, e procede a inoltrare domanda all’Enea”, spiega il segretario generale di Fillea Cgil, che aggiunge: “Quello che ancora manca è il Durc di Congruità, un documento che certifica la quantità minima di ore di lavoro per cantiere, come già avviene per esempio per gli incentivi legati alla ricostruzione nel Centro Italia”. Questa certificazione permette di capire quanti lavoratori sono impiegati per una certa opera, un valore che varia a seconda dell’entità dell’intervento da fare, rendendo così più complicato l’impiego non dichiarato di personale senza contratto.

Un problema non di poco conto in Italia, secondo Genovesi: “Secondo dati del ministero del Lavoro, sono 400 mila gli irregolari nell’edilizia, il 90 per cento riguarda chi è occupato nel settore privato, che poi gode di questi incentivi che pesano sulle casse dello stato. Considerata la situazione, bisognerebbe prevedere anche per il godimento di queste agevolazioni per lavori privati una regola simile a quella stabilita dall’articolo 105 comma 16 del codice degli appalti che, per contrastare il fenomeno del lavoro sommerso, prevede la verifica della congruità dell’incidenza della manodopera relativa allo specifico contratto affidato”. Questo significa che il quantitativo di manodopera impiegato deve essere adeguato alla categoria di lavorazione e all’importo dichiarato per il cantiere. “Secondo stime del ministero del Lavoro, se solo il 50 per cento di chi beneficia degli incentivi applicasse il Durc di congruità, emergerebbero 900 milioni tra salari, contributi e tasse non versate”, conclude il sindacalista.

Ecobonus 2020 sconto in fattura e cessione del credito: il pericolo di prezzi gonfiati
Gli articoli 119 e 121 del decreto rilancio stabiliscono che il soggetto che vuole godere dell’ecobonus al 110 per cento potrà farlo, in alternativa all’utilizzo diretto della detrazione, attraverso due modalità:
- ottenendo un contributo sotto forma di sconto in fattura sull’importo dovuto alla ditta che ha fatto i lavori. Quest’ultima quindi anticipa gli interventi recuperando la somma come credito d’imposta, con la possibilità di cedere poi il credito a banche e altri intermediari finanziari
- trasformando l’importo in credito d’imposta che potrà poi essere ceduto a istituti di credito.

Tecnici abilitati dovranno valutare il rispetto dei requisiti richiesti e “la congruità delle spese sostenute in relazione agli interventi agevolati“, si legge nel decreto. Tuttavia, questi controlli potrebbero non bastare per evitare abusi secondo il ricercatore Simone Ferro. Da un lato, al committente non interesserà il costo da sostenere per l’opera: con un’aliquota al 110 e potendo ottenere uno sconto in fattura pari al totale dell’importo, per lui non avrà più senso contrattare sul prezzo o trovare alternative più economicamente vantaggiose; dall’altro, attraverso “la successiva cessione del credito agli istituti finanziari, lo stato di fatto rimborsa le imprese tramite le banche” per un ammontare che non è più condizionato dal mercato e dall’incontro tra domanda e offerta, ma sarà definito dall’impresa che effettua i lavori: venuto meno l’interesse del compratore a un prezzo più basso, potrebbe diventare più semplice gonfiare i costi.

Certo il decreto prevede tetti di spesa e certificazione di congruità, ma Simone Ferro sottolinea che “i limiti sono molto ampi e non possono certamente tenere conto delle specificità di ogni lavoro”. Anche le sanzioni disposte per i tecnici che certificano prezzi incongrui non bastano: “Data l’impossibilità di normare con precisione il valore effettivo di ogni intervento rimarranno sempre margini, che non potranno essere eliminati fintantoché non verrà ripristinato l’interesse del compratore nel prezzo”, scrive lo studioso nell’analisi ‘Quei due bonus che non badano a spese‘.

Inoltre, nell’ipotesi che i paletti previsti nel decreto rilancio riuscissero a impedire alle aziende di aumentare i prezzi, venendo meno l’incentivo del committente a scegliere l’opzione più conveniente, le aziende che hanno puntato su soluzioni più competitive, offrendo al cliente un maggior risparmio, potrebbero venire penalizzate.

Nessun commento:

Posta un commento