da: https://it.businessinsider.com/ - di
Marco Cimminella
Rischio
sprechi e allarme per il lavoro nero: i limiti dell’ecobonus 2020 al 110% per
le ristrutturazioni
Il decreto rilancio introduce nuove misure per favorire le
ristrutturazioni delle abitazioni in Italia: i cittadini potranno
migliorare l’efficienza energetica e l’adeguamento sismico degli edifici
sborsando poco o nulla, grazie ai super bonus con detrazione al 110 per cento. In sostanza, molti potrebbero
effettuare lavori in casa gratuitamente, recuperando la somma spesa abbattendo
le imposte da pagare negli anni successivi oppure optando per lo sconto
immediato in fattura o la cessione del credito. Il meccanismo mira anche a
rilanciare i cantieri e promuovere la crescita economica del paese, dopo la
battuta d’arresto causata dalla pandemia di covid-19. Ma secondo alcuni
esperti, il provvedimento così come è
stato elaborato presenta delle criticità: da un lato, non fa nulla contro
il lavoro nero e ostacola anche l’impegno alla riduzione del fabbisogno
energetico delle famiglie; dall’altro, cresce il pericolo di uno spreco di
denaro pubblico, visto che il cittadino non ha più alcun incentivo a cercare
sul mercato la migliore offerta in termini di rapporto qualità/prezzo, mentre
alcune aziende potrebbero farsi trascinare dalla tentazione di gonfiare i
preventivi.
In generale, il giudizio su questi
incentivi è positivo, perché favoriscono l’ammodernamento
degli immobili
rendendolo più conveniente a famiglie e imprese. Sotto i riflettori sono finiti
quindi non gli obiettivi dell’iniziativa, ma i suoi limiti e il metodo con cui
dovrebbe realizzare gli scopi per cui è stata pensata dall’esecutivo. “La misura sembra seguire la logica degli
interventi a pioggia non vincolati a chiari obiettivi di risparmio energetico delle famiglie e di messa in sicurezza del
patrimonio edilizio”, spiega a Business Insider italia Alessandro Genovesi, segretario generale di Fillea Cgil. Che
aggiunge: “Inoltre, non si fa nulla per
contrastare il sommerso: chi vuole sistemare casa usufruendo del super
bonus potrebbe affidarsi, magari senza saperlo, a ditte che impiegano
lavoratori irregolari. Il decreto
dovrebbe invece vincolare gli incentivi pubblici alla presentazione di un
certificato di regolarità e congruità lavorativa”.
Al contempo, fa notare il ricercatore Simone Ferro in un articolo su lavoce.info, “l’aliquota al 110 per
cento elimina gli incentivi a mantenere
prezzi competitivi e rischia di rivelarsi una fonte di spreco di denaro
pubblico”. Questo perché il committente
potrà fare i lavori nella propria abitazione previsti dal decreto
praticamente gratis, contando su uno
sconto in fattura pari all’importo richiesto, e quindi il costo da pagare per lui diventa irrilevante: non sarà più spinto a
cercare le migliori offerte presenti sul mercato, a “contrattare sul prezzo
o anche solo a verificarne la ragionevolezza”, continua l’autore dell’analisi.
Inoltre, l’impresa che ha effettuato l’opera di ristrutturazione potrà cedere il
credito d’imposta alle banche, in cambio di liquidità immediata: “Con la
successiva cessione del credito agli istituti finanziari, lo stato di fatto rimborsa le imprese tramite le banche per un
ammontare che non sarà il risultato dell’interazione tra domanda e offerta,
bensì arbitrariamente determinato da chi svolge i lavori. A voler pensar male,
si potrebbe addirittura ipotizzare un accordo tra committente e impresa per far
rientrare nei costi altri lavori di ristrutturazione”, scrive il ricercatore.
Le
regole dell’ecobonus 2020 e i suoi limiti
L’ecobonus 2020 con aliquota al 110 per
cento potrebbe essere considerato un potenziamento di incentivi già esistenti.
Infatti, prima della sua introduzione, prevista dal decreto legge 19 maggio
2020, n. 34, erano già in vigore in Italia tutta una serie di agevolazioni per
le ristrutturazioni edilizie e riqualificazioni energetiche. Come mostra il
portale dell’Enea, l’agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo
sviluppo economico sostenibile, queste si possono raggruppare in due categorie:
- il bonus
casa che prevede detrazioni del 50
per cento per interventi di risparmio energetico e utilizzo di fonti di
energia rinnovabile;
- gli ecobonus
con detrazioni del 50% 65% 70% 75% 80%
85% a seconda della tipologia di intervento realizzato.
La nuova
agevolazione al 110 per cento, per il momento, si applica alle spese documentate e rimaste a carico
del contribuente, sostenute dal 1°
luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2021. In particolare, l’articolo 119 del
decreto rilancio spiega come funziona l’ecobonus 2020 e come si calcola la detrazione, chiarendo che quest’ultima
verrà ripartita in cinque quote annuali
di pari importo per le seguenti tipologie
di interventi:
- isolamento
termico delle superfici opache verticali e orizzontali di un edificio. La
detrazione si calcola su un importo di spesa complessivo non superiore a 60.000
euro moltiplicato per il numero delle unità immobiliari che compongono
l’edificio.
- sostituzione
di impianti di climatizzazione invernale con interventi sulle parti comuni degli edifici. La
detrazione è calcolata su un ammontare complessivo delle spese non superiore a
30.000 euro moltiplicato per il numero delle unità immobiliari che compongono
l’edificio ed è riconosciuta anche per le spese relative allo smaltimento e
alla bonifica dell’impianto sostituito.
- sostituzione
di impianti di climatizzazione invernale con interventi su edifici unifamiliari. La detrazione è
valutata su una spesa totale non superiore a 30.000 euro ed è riconosciuta
anche per le spese relative allo smaltimento e alla bonifica dell’impianto
sostituito.
Inoltre, l’aliquota al 110 vale anche per
altri lavori di miglioramento energetico,
come l’installazione di pannelli solari o di pareti, pavimenti, coperture e
finestre per maggior risparmio energetico, ma a condizione che vengano eseguiti insieme a uno dei tre interventi
prima descritti.
Tra i requisiti
per accedere alla detrazione, il decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 prevede al
comma 3 dell’articolo 119 “il
miglioramento di almeno due classi energetiche dell’edificio”, oppure se
non possibile il raggiungimento della classe energetica più alta, da dimostrare
con l’Ape, l’attestato di prestazione energetica rilasciato da un tecnico
abilitato. Una previsione che non è sufficiente per la Cgil e Legambiente,
secondo cui bisognerebbe assicurare una riduzione del fabbisogno energetico del
50 per cento.
“In passato, l’aliquota dei vari bonus non
è mai stata così alta. Ora c’è un’occasione irripetibile, estremamente
conveniente per famiglie e imprese, grazie al sostegno dello stato e alle
risorse comunitarie. Per questo, noi pensiamo che una volta offerta una
detrazione con aliquota al 110 per cento, bisogna essere più coraggiosi e
sforzarsi a fissare obiettivi di risparmio energetico più ambiziosi”, ci dice
Alessandro Genovesi, facendo notare che “con gli emendamenti al decreto rilancio si sta anche ragionando sul
prolungare queste agevolazioni al 2022 e di estendere la platea di beneficiari
anche per interventi in alberghi e strutture ricettive, seconde case con
esclusione di ville e case di lusso, associazioni del terzo settore e scuole
paritarie”. Finora infatti la misura, nello stabilire a chi spettano le detrazioni, precisa che le
disposizioni valgono per:
- i condomini
- persone
fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arti e
professioni
- istituti
autonomi case popolari
- cooperative
di abitazione a proprietà indivisa
Una ragione in più, quindi, per chiedere
migliori prestazioni in termini di impatto ambientale da questi lavori: “Oggi la norma vincola gli incentivi al salto di
due classi energetiche, ad esempio da quella peggiore – la G – alla E. Ma
questo non è sufficiente: a chi
utilizza questi incentivi bisogna chiedere
una riduzione del fabbisogno energetico del 50 per cento, magari dotandosi
dei materiali migliori disponibili”, aggiunge il sindacalista.
L’altra criticità rilevata dalla Cgil
riguarda invece il problema del lavoro
nero. “Il provvedimento non vincola gli incentivi pubblici alla presentazione
di un certificato di regolarità e congruità lavorativa“, continua
Alessandro Genovesi. In altre parole, il committente che ordina un lavoro di
adeguamento energetico o sismico per cui poi richiede il bonus al 110 per cento
potrebbe rivolgersi, magari senza saperlo, a un’impresa che impiega operai
irregolari: “Attualmente tutti gli
incentivi prevedono l’utilizzo del bonifico parlante (che si distingue da
quello ordinario per tutta una serie di informazioni che devono essere
obbligatoriamente specificate, ndr). Vale a dire, il soggetto può beneficiarne
solo se adotta questa modalità, rendendo così tracciabile il suo pagamento, e procede a inoltrare domanda
all’Enea”, spiega il segretario generale di Fillea Cgil, che aggiunge: “Quello
che ancora manca è il Durc di Congruità, un documento che
certifica la quantità minima di ore di lavoro per cantiere, come già avviene
per esempio per gli incentivi legati alla ricostruzione nel Centro Italia”. Questa
certificazione permette di capire quanti
lavoratori sono impiegati per una certa opera, un valore che varia a
seconda dell’entità dell’intervento da fare, rendendo così più complicato
l’impiego non dichiarato di personale senza contratto.
Un problema non di poco conto in Italia,
secondo Genovesi: “Secondo dati del
ministero del Lavoro, sono 400 mila
gli irregolari nell’edilizia, il 90 per cento riguarda chi è occupato nel
settore privato, che poi gode di questi incentivi che pesano sulle casse
dello stato. Considerata la situazione, bisognerebbe prevedere anche per il
godimento di queste agevolazioni per lavori privati una regola simile a quella stabilita dall’articolo 105 comma 16 del
codice degli appalti che, per contrastare il fenomeno del lavoro sommerso,
prevede la verifica della congruità
dell’incidenza della manodopera relativa allo specifico contratto affidato”.
Questo significa che il quantitativo di
manodopera impiegato deve essere adeguato alla categoria di lavorazione e
all’importo dichiarato per il cantiere. “Secondo stime del ministero del
Lavoro, se solo il 50 per cento di chi beneficia degli incentivi applicasse il
Durc di congruità, emergerebbero 900 milioni tra salari, contributi e tasse non
versate”, conclude il sindacalista.
Ecobonus
2020 sconto in fattura e cessione del credito: il pericolo di prezzi gonfiati
Gli articoli 119 e 121 del decreto rilancio
stabiliscono che il soggetto che vuole godere dell’ecobonus al 110 per cento
potrà farlo, in alternativa all’utilizzo
diretto della detrazione, attraverso due modalità:
- ottenendo un contributo sotto forma di sconto in fattura sull’importo dovuto
alla ditta che ha fatto i lavori. Quest’ultima quindi anticipa gli interventi
recuperando la somma come credito d’imposta, con la possibilità di cedere poi
il credito a banche e altri intermediari finanziari
- trasformando l’importo in credito d’imposta che potrà poi essere
ceduto a istituti di credito.
Tecnici abilitati dovranno valutare il
rispetto dei requisiti richiesti e “la congruità delle spese sostenute in
relazione agli interventi agevolati“, si legge nel decreto. Tuttavia, questi
controlli potrebbero non bastare per evitare abusi secondo il ricercatore
Simone Ferro. Da un lato, al committente
non interesserà il costo da sostenere per l’opera: con un’aliquota al 110 e
potendo ottenere uno sconto in fattura pari al totale dell’importo, per lui
non avrà più senso contrattare sul
prezzo o trovare alternative più economicamente vantaggiose; dall’altro, attraverso “la successiva cessione del
credito agli istituti finanziari, lo stato di fatto rimborsa le imprese tramite
le banche” per un ammontare che non è più condizionato dal mercato e
dall’incontro tra domanda e offerta, ma sarà definito dall’impresa che effettua
i lavori: venuto meno l’interesse del compratore a un prezzo più basso, potrebbe
diventare più semplice gonfiare i costi.
Certo il decreto prevede tetti di spesa e
certificazione di congruità, ma Simone Ferro sottolinea che “i limiti sono molto ampi e non possono certamente tenere conto delle
specificità di ogni lavoro”. Anche le sanzioni
disposte per i tecnici che certificano
prezzi incongrui non bastano: “Data l’impossibilità di normare con
precisione il valore effettivo di ogni intervento rimarranno sempre margini,
che non potranno essere eliminati fintantoché non verrà ripristinato
l’interesse del compratore nel prezzo”, scrive lo studioso nell’analisi ‘Quei
due bonus che non badano a spese‘.
Inoltre, nell’ipotesi che i paletti
previsti nel decreto rilancio riuscissero a impedire alle aziende di aumentare
i prezzi, venendo meno l’incentivo del committente a scegliere l’opzione più
conveniente, le aziende che hanno puntato su soluzioni più competitive,
offrendo al cliente un maggior risparmio, potrebbero venire penalizzate.
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