Un
report dell’Ocse da poco pubblicato racconta il recupero dell’economia ellenica,
la cui crescita per il 2019 doppierà quella italiana. La strada è ancora lunga,
ma il percorso di Atene - tutto, non solo i tagli - va guardato con grande
attenzione, soprattutto da noi
di Francesco
Cancellato, Linkiesta per Upday
C’è un Paese in cui la crescita del Pil,
nel 2018, sfonderà il muro del 2%, arrivando al 2,3% nel 2019, doppiando quella prevista per l'Italia.
In cui la disoccupazione, sempre nel 2019, scenderà sotto il muro del 20%. In
cui il rapporto tra debito e Pil, sempre tra un anno e mezzo, supererà la
soglia del 170%, arrivando al 168,3%, con un avanzo primario di bilancio del
4,5%.
Questo Paese è la Grecia, e nonostante
sia la Cenerentola d’Europa che in ogni classifica ci permette di non dire che
siamo i peggiori del continente, non possiamo che esserne felici. È l’OCSE a
certificare in un suo report appena pubblicato,
chel’economia di Atene “si sta riprendendo”, che gli sforzi mostruosi del
popolo greco, dopo una crisi altrettanto mostruosa - e gestita malissimo dalle
istituzioni internazionali - non sono stati vani.
Intendiamoci: sono ancora numeri terribili,
quelli sul tavolo di Alexis Tsipras, numeri che probabilmente gli costeranno la
rielezione, il prossimo anno, nonostante una lieve ripresa
nei sondaggi degli ultimi mesi e una crescita del redivivo Pasok (oggi si
chiama KA) che potrebbe far prefigurare a un’alleanza di sinistra in grado
di sopravanzare Nea Demokratia alle elezioni previste nell’ottobre 2019. E
ci sono ancora tante cose che non stanno migliorando, o che se stanno
migliorando lo stanno facendo molto lentamente. Due su tutte: la produttività
del lavoro, che continua a scendere, soprattutto a causa degli investimenti che
stanno ripartendo troppo lentamente, appesantiti da una mole di crediti
deteriorati che fa impallidire quelli italiani. E soprattutto la povertà
assoluta e relativa della popolazione, soprattutto quella delle famiglie coi
bambini, soprattutto quella infantile, che non trae beneficio da salari che si
sono stabilizzati dopo il crollo, ma che crescono con lentezza
pachidermica: il reddito pro capite, per dire, è ancora inferiore del 25%
a quello pre-crisi.
La fine del tunnel è lontanissima, insomma.
Ma nei giorni il cui il crollo del
Peso fa precipitare l’Argentina verso l’incubo di un nuovo default,
il recupero greco appare sorprendentemente solido. I tassi d’interesse sui
titoli di Stato a dieci anni, crollati dal 12% al 4% nel giro di soli due anni,
sono un indizio pesante di questa nuova credibilità internazionale, figlia a
sua volta del ritorno nel mercato internazionale dei titoli di debito, dopo tre
anni in cui Atene non poteva nemmeno stare sull’uscio.
Oggi a trainare è l’export, che cresce a
ritmi del 5% annuo, ma entro il 2019 si prevede che anche la domanda
interna tornerà crescere del 2,9%, così come la spesa pubblica, destinata
ad espandersi dopo le drastiche spending review degli ultimi anni. La
direzione, spiega l’OCSE, non potrà che essere quella di un investimento
sempre più massiccio nelle nuove generazioni e nella formazione del capitale
umano - tutto, non solo quello giovanile - per avviare un reskilling della
popolazione verso l’economia digitale, in grado di creare nuove
specializzazioni che possono permettere la nascita di nuove imprese, l’aumento
degli investimenti esteri, la formazione di nuovo capitale endogeno.
Austerità? Non solo: oggi, grazie al
meccanismo europeo di stabilità, la Grecia non paga interessi sul suo debito.
Quella greca non è solo una storia di austerità, ma anche e soprattutto
una storia di solidarietà europea, perlomeno in quest'ultima fase. Senza Esm e senza la generosità dei
contribuenti europei, quel che stiamo raccontando sarebbe
semplicemente impossibile, soprattutto perché il rifinanziamento di un debito
dell'entità pari a quella greca sarebbe impossibile. Prendere appunti,
anti-europeisti.
Forse - anzi, sicuramente - è presto anche
solo per sognare un miracolo greco. Ma fossimo in voi non scommetteremmo
contro questa eventualità. Contemporaneamente, guarderemmo con molta attenzione
a un Paese che si sta riguadagnando reputazione, credibilità e il diritto a
sognare un futuro migliore. E prenderemmo appunti: perché non c’è scritto da
nessuna parte che il destino delle nazioni è segnato per diritto divino, né che
i declini sono inarrestabili, anche di fronti a crisi terribili. Tipo: se
c'è speranza per la Grecia, perché il Mezzogiorno italiano dovrebbe essere
spacciato? Pensateci, durante il weekend.
Nessun commento:
Posta un commento