da: https://www.ilfattoquotidiano.it/
- di
Fiorina Capozzi e Paolo Fior
Innanzitutto le televisioni, ma non solo. Gli interessi economico-finanziari di
Silvio Berlusconi e della sua famiglia sono molteplici e, da sempre, molto ben
presidiati. Se appare scontato che una modifica della legge Gasparri, i cui
tetti pubblicitari vennero costruiti su misura proprio per favorire Mediaset,
avrebbe un impatto diretto e immediato sul gruppo, non bisogna credere che
rivestano minore importanza partite quali il rinnovo del consiglio Agcom (l’Autorità di garanzia delle
comunicazioni) in scadenza il prossimo anno o la questione della perdita dei requisiti di onorabilità
dell’ex Cavaliere che, come effetto collaterale, ha aperto un contenzioso
con Bce e Banca d’Italia sulla
partecipazione del 29,9% in Banca Mediolanum (le autorità di vigilanza
hanno imposto la vendita del 20%), contenzioso che per effetto della piena
riabilitazione dovrebbe però ora chiudersi senza conseguenze.
E se il Milan è stato ormai ceduto ai cinesi finanziati dal fondo Elliott, quello stesso fondo che
è recentemente entrato a gamba tesa nella partita Telecom
mettendo in minoranza il finanziere bretone Vincent Bolloré, la questione dei diritti del
calcio continua ad avere un ruolo nell’ambito delle strategie televisive. Ancor
più strategica, poi, è la partita delle “torri”,
con la controllata Ei Towers che scalpita per conquistare la concorrente RaiWay e divenire
monopolista di fatto in un’infrastruttura strategica anche in vista del 5G. La
questione Telecom, poi, non è seconda a nessuna sia per l’effetto leva sul
business che può generare la convergenza tra tv e telecomunicazioni, sia per le
difficoltà (gradite) che sta creando all’ex amico (e ora avversario) Bolloré e
al suo tentativo (stoppato) di scalata a Mediaset. Un ruolo non secondario nel
mettere in minoranza il finanziare bretone lo ha giocato Cassa depositi e prestiti, i cui vertici sono in scadenza, come del
resto quelli della Rai, che
nell’ottica di Berlusconi è bene che continui a fare la bella addormentata nel
bosco onde evitare aggressive battaglie sul fronte della raccolta pubblicitaria
e degli ascolti. Come si vede la carne al fuoco è tanta e per ottenere una
“benevola neutralità” o anche solo una semplice “astensione” il nascituro
governo dovrà fare bene i conti con questa lista e con molto altro ancora. Vediamo
alcuni dei punti più importanti.
La
partita Agcom – L’attuale consiglio dell’Autorità delle
comunicazioni è una sorta di rievocazione in miniatura del patto del Nazareno
che vede in prima linea il fedelissimo Antonio Martusciello. La data di scadenza
del consiglio, il 2019, pare ancora lontano, ma Berlusconi non può certo
rischiare un ribaltamento degli equilibri in un’istituzione chiave per il
futuro suo gruppo, che in questi anni si è sempre avvantaggiato degli
interventi tempestivi e puntuali dell’Authority. E’ successo nel braccio di
ferro tra Mediaset e il socio Vivendi (Bolloré), quando lo scorso anno l’Agcom
ha stabilito che i francesi esercitavano un’influenza dominante su Telecom e
che dunque, in base alla legge Gasparri, non potevano detenere il 29,9% di
Mediaset. Un bell’aiutino nel bel mezzo di tentativo di scalata francese, con
tanto d’obbligo di vendere entro un anno. Nel passato più recente l’Authority
ha benedetto senza battere ciglio le nozze editoriali tra Mondadori e Rizzoli,
nonostante la nascita del quasi-monopolio “Mondazzoli” nel settore dei libri e
per quanto riguarda il futuro occorre ricordare che è anche competente nel
definire i limiti dell’affollamento pubblicitario Rai, questione che è finita
di recente nel mirino Mediaset che punta a sottrarre alla tv pubblica alcune
decine di milioni di raccolta.
Il
risiko delle torri – Il tentato blitz del 2015, con il lancio
di un‘Opa da parte di Ei Towers (gruppo Mediaset) sul 100% di RaiWay è fallito a causa
dell’obbligo di legge che il 51% di RaiWay resti in mano pubblica. Ora però si
ritorna a parlarne: Ei Towers è sempre interessata all’acquisto a patto di
avere la maggioranza. L’interesse è giustificato non solo e non tanto dai
numeri del business attuale, quanto piuttosto dagli sviluppi futuri: la società
di Berlusconi si ritroverebbe ad avere 5.600
torri di trasmissione posizionate nelle posizioni migliori e più strategiche
della Penisola aprendogli le porte della telefonia mobile e di Internet ad
alta velocità. Non solo: ora che si parla anche di scorporo della rete Telecom, il risiko si fa ancora più
interessante e complesso tanto più se si considera l’altro player in campo,
Open Fiber, controllato da Enel e Cassa depositi e prestiti. Che orientamento
avrà il nuovo governo sulla questione reti? E’ ipotizzabile che si arrivi a una
convergenza tra torri, Open Fiber e rete Telecom? Difficile dare ora delle
risposte, ma occorre tener presente che nel 2015 Ei Towers era disposta a
pagare fino a 1,2 miliardi per il 100% di RaiWay, e che il nascituro governo
potrebbe essere sensibile a quest’argomento dovendo necessariamente andare a
caccia di coperture per finanziare i provvedimenti promessi in campagna
elettorale.
Gli
aiuti all’editoria – Da sempre visti come il fumo negli occhi
dal Movimento 5 Stelle, i sussidi
statali al settore (dai finanziamenti pubblici ai giornali al contributo
postale sulle spese di spedizione di riviste e libri) rappresentano una voce
non piccola del conto economico di molte case editrici ed è difficile immaginare
che un taglio risulterebbe gradito alla famiglia Berlusconi che controlla il
quotidiano Il Giornale e la Mondadori di Segrate. Per contro, sarebbe molto
apprezzata la stabilizzazione del bonus fiscale per gli inserzionisti
pubblicitari varata dal governo Gentiloni a novembre dello scorso anno.
Il
mercato pubblicitario e i vertici Rai – Come abbiamo visto, il “risiko delle torri” è una delle
partite strategiche che coinvolgono il gruppo Mediaset e ai fini di garantire
un esito positivo è necessario il supporto del governo nello spingere lo
sviluppo della fibra e del 5G. Ma quest’evoluzione dell’infrastruttura di rete
se da un lato presenta grandi opportunità di business per la produzione di
contenuti, dall’altro apre sempre più il mercato italiano alla concorrenza e
rischia anche di portare sempre più acqua al mulino dei colossi del web che si
stanno accaparrando fette crescenti del mercato pubblicitario. Ecco quindi che
diventa cruciale per Berlusconi la revisione dei tetti pubblicitari in capo
alla Rai, cui vorrebbe sottrarre una parte della raccolta, e anche quella del
rinnovo dei vertici dell’azienda per garantirsi che non venga fatta una
concorrenza effettiva alle sue reti né sul piano della raccolta pubblicitaria,
né su quello degli ascolti.
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