Sanità
lombarda, un’ottima opportunità per chi vuole lucrare sulla nostra salute
di Vittorio
Agnoletto
Ancora arresti nella sanità lombarda, ancora accuse
pesantissime contro medici e dirigenti sanitari. Un
triste rituale che si ripete periodicamente e che in questi anni ha
coinvolto tutti i ruoli istituzionali: presidente regionale, assessore alla
Sanità, direttori generali, direttori sanitari, primari, medici oltre ovviamente
imprenditori e politici loro amici.
Alcune cliniche milanesi sono diventate
famose in tutta Italia e non sempre per meriti proprio scientifici: S.
Rita, Maugeri solo per citarne alcune, senza dimenticarsi che,
nell’ormai lontano 1992, l’inchiesta di Mani Pulite cominciò proprio con un
arresto alla casa di cura Pio Albergo Trivulzio.
Non siamo di fronte ad un sistema
sanitario che funziona in modo ottimale ed eventualmente a poche mele
marce che delinquono, come afferma l’assessore regionale. E’ il sistema
stesso, così com’è congegnato, che offre immense opportunità perchi vuole
arricchirsi illegalmente sul corpo e sulla pelle dei propri concittadini.
La cura delle persone è stata trasformata
in un grande business; la presenza delle strutture sanitarie private
accreditate e quindi finanziate dalla Regione con soldi pubblici attraverso il
sistema dei rimborsi è aumentata in modo vertiginoso soprattutto nei settori
più redditizi: le chirurgie, l’alta specialità, le strutture per ricovero degli
anziani ecc.
La torta da spartirsi è enorme. Giovanni
Falcone diceva “seguite i soldi e troverete la mafia” e di soldi nella
sanità ce ne sono veramente tanti. La spesa sanitaria in Lombardia supera
i 18 miliardi, pari ad oltre il 70% del bilancio regionale. Era
ampiamente prevedibile che pratiche illegali si sarebbero concentrate in questo
settore ed è inaccettabile che dentro l’istituzione pubblica (quando non è
collusa con chi delinque!) poco o nulla sia stato fatto per contrastare tale
possibilità.
Alcuni
semplici esempi.
Nell’epoca digitale e delle banche dati, è
mai possibile che la Lombardia non abbia costruito un osservatorio per
identificare i macroscopici conflitti d’interesse presenti nel mondo sanitario?
Oggi si scoprono primari che direttamente, o attraverso propri familiari,
sarebbero azionisti di aziende che producono strumenti diagnostici e protesi e
si scopre che “casualmente” gli ospedali, ove costoro operano,
indirizzano le ordinazioni verso queste stesse società. Sarebbe stato
sufficiente intrecciare qualche dato per far scattare un’attenzione particolare
su determinati acquisti; andrebbe resa obbligatoria una dichiarazione
pubblica sulle relazioni e gli interessi economici e finanziari dei medici
e dei dirigenti del Servizio Sanitario.
Basterebbe incrociare i dati relativi ad
alcune pratiche diagnostiche e ad alcuni interventi chirurgici (quelle con i
rimborsi più elevati) realizzati nelle strutture private accreditate con quelle
realizzati nelle corrispondenti strutture pubbliche per far sorgere il sospetto
che non tutte le operazioni fossero necessarie; si sarebbero evitate
amputazioni e trapianti finalizzati solo a produrre guadagni per
singoli professionisti e per le strutture dove questi operano, verso le quali
andrebbe immediatamente annullato l’accreditamento concesso dalla Regione.
Non basta avere i Nuclei Operativi di
Controllo alle dipendenze delle Asl; è necessario metterli in condizione
di svolgere efficacemente il proprio lavoro: non avvisare in anticipo la
clinica interessata dell’imminente ispezione; non concentrare l’attenzione su
aspetti puramente formali quanto piuttosto sull’appropriatezza degli interventi
chirurgici e della prestazioni diagnostiche erogate.
Non è sufficiente mettere sul proprio sito
web “Il piano anticorruzione” se poi nessuna autorità indipendente ne
verifica la realizzazione spulciando, ad esempio, i vari contratti d’acquisto.
Sarebbero necessari anche interventi a
livello nazionale. Ad esempio per interrompere la catena di nomine
politiche che costruisce in ogni regione la piramide della sanità: i
direttori generali sono nominati dalla regione, primari non si diventa più per
concorso con relativi punteggi, ma si acquisisce l’idoneità al primariato
attraverso un bando basato sui titoli e su un colloquio; poi è la
direzione della struttura sanitaria a compiere la scelta definitiva. E spesso
non è la competenza scientifica a prevalere ma una vicinanza che può
trasformarsi in complicità.
“Non vedo, non sento, non parlo”, il motto
delle famose tre scimmiette, pare essere diventato, con i tempi coniugati al
passato, il mantra dei direttori generali, dei direttori sanitari e degli
assessori alla sanità regionale ogni volta che la magistratura fa scattare
qualche arresto. Tutte le inchieste che si sono susseguite non sono centrate su
singoli isolati reati, ma su sistemi delinquenzialicomplessi con una
molteplicità di attori, sistemi che difficilmente possono sfuggire a chi
dovrebbe vigilare. Sarebbe quindi lecito aspettarsi, e chiedere, le dimissioni
almeno dei direttori generali degli ospedali coinvolti e una verifica di idoneità
alla mansioneper i funzionari regionali addetti alla direzione dei sistemi di
controllo.
Un’ultima
enorme preoccupazione.
Come ho avuto modo di scrivere più volte su questo blog la Regione Lombardia sta cercando di
convincere i cittadini lombardi con malattie croniche, 3 milioni e 350.00 persone, ad affidare la cura di tali patologie ad un “gestore” che nel 70% dei
casi è una società privata che opererebbe con soldi pubblici. Essendo enti
profit è legittimo pensare che il loro obiettivo più che la salute sarà il
profitto. Alla voracità non c’è limite e la torta è immensa (la spesa sanitaria
per i malati cronici in Lombardia supera i 10 miliardi).
O li fermiamo ora o ben poco rimarrà del
tanto decantato sistema sanitario lombardo.
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