martedì 3 aprile 2018

2018, di lavoro si muore: da inizio anno morte 151 persone





Ancora morti sul lavoro, ma non è fatalità!

Le cronache di questi giorni riportano in evidenza un fenomeno molto diffuso, ma sempre oscurato dai mezzi di informazione le morti sul lavoro. Tre morti in Toscana, due a Livorno e uno ad Arezzo, uno in Emilia, poi ancora due a Catania ed infine due nel giorno di Pasqua in Lombardia. Uno stillicidio che colpisce il mondo del lavoro da nord a sud, caduti nel settore privato e anche in quello pubblico (due Vigili del Fuoco). 

Dall’inizio del 2018 sono cadute sul lavoro 151 persone con una media di 1,67 al giorno con un incremento dell’11% rispetto all’anno precedente, un numero esorbitante che denota una scarsa applicazione delle norme vigenti in materia di sicurezza e che di fatto trasforma il lavoro in un campo di battaglia. Da una parte il profitto “che conta”, dall’altra il valore della vita umana “che conta ogni giorno sempre meno”. 

Eppure nel nostro paese esiste una legge l’81/2008 “Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro” che per altro sarebbe una “buona legge”, ma poi come sempre accade non si creano gli strumenti idonei per vigilare sulla sua
applicazione. E poi c’è la crisi e allora con la spending rewiew si tagliano per economicizzare la spesa i soggetti preposti al sistema ispettivo e allora il sistema di protezione resta solo sulla carta, si taglia le spese sulla sicurezza sul lavoro cosa interessa a loro del lavoro e delle vite di chi lavora, ma non si tagliano certo le spese inutili. 

E poi si varano leggi a partire dalla Fornero che hanno fatto crescere a dismisura le morti e gli infortuni fra gli ultra sessantenni, perché volenti o nolenti a una certa età non è più consigliabile svolgere certi lavori, anche se poi per vivere uno è costretto a farli. Stesso discorso vale per il Jobs Act che ha precarizzato ulteriormente il lavoro, rendendo la licenziabilità del lavoratore estremamente facile e senza appello, rendendo i lavoratori ulteriormente ricattabili e quindi quasi impossibilitati ad opporsi a svolgere un attività potenzialmente pericolosa. Come scordare poi che oltre il 20% dei morti sul lavoro ha oltre 61 anni! 

Se poi si osservano i dati forniti dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro, se ne evince che sul totale dei controlli effettuati sono state verificate irregolarità in oltre il 60% dei casi e allora con una diffusione cosi ampia di “evasione” come meravigliarsi per quanto continua ad accadere. 

Certo per i datori di lavoro è più “conveniente” ed “economico” pagare una sanzione che mettere in totale sicurezza un luogo di lavoro. 

Ma se in un “paese normale”, il valore della vita di un lavoratore dovrebbe essere superiore a quello delle merci che manipola o che produce, da noi invece il concetto viene letto all’incontrario, per cui quando cade un lavoratore basta fare a gara a battersi il petto, politici in testa!

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