Pensieri su ciò che ci circonda. Media, politica, attualità, libri, film e quant’altro.
domenica 29 aprile 2018
venerdì 27 aprile 2018
mercoledì 25 aprile 2018
Marina Berlusconi e di Battista: la figlia del Berlusca ha mai letto libri di storia?
E’ comprensibile.
A Marina Berlusconi non sono piaciute le
affermazioni sul padre Silvio fatte da Alessandro Di Battista. Lo ha definito “il “male
assoluto”.
Ovviamente, la figlia ha esternato. Sostenendo che: “mio padre si è conquistato un posto nei
libri di storia, del signor Di Battista non credo che su questi libri troveremo
grandi tracce”.
Che dire. Ha ragione. Suo padre si è
conquistato un posto nei libri di storia.
Ma anche Totà Riina avrà un posto nei libri
di storia. Se la signora Marina Berlusconi avesse letto qualche libro di
storia, si sarebbe accorta che ci si può finire in tanti modi, per tanti
motivi. Per aver rappresentato il bene o…per aver rappresentato il male.
Assoluto o no.
Bullismo, è evidente che Michele Serra non frequenta i poveri
da: Il Fatto Quotidiano – di Alex Corlazzoli
Papa Giovanni XXIII era un maleducato.
Così lo sarebbero anche padre Enzo Bianchi, figlio di poveri,
ed Ermanno Olmi che ha avuto una madre operaia e un padre ferroviere.
Il fighetto teorema usato da Michele
Serra nella sua prima versione dell’Amaca non lascia spazio ad interpretazioni:
“Il livello di educazione, di padronanza
dei gesti e delle parole, di rispetto delle regole è direttamente proporzionale
al ceto sociale”. Così ha scritto il giornalista, che il giorno dopo
ha tentato di mettere una pezza dopo le critiche confermando la
visione di uno che ragiona alla maniera di chi non conosce e non frequenta i
ceti sociali poveri. D’altro canto Serra
ha fatto il liceo Manzoni a Milano e sarei curioso di
sapere che scuola ha fatto fare ai suoi figli.
La penna di Repubblica ha usato
questo indegno teorema per giustificare un’altra tesi fighetta a proposito
degli atti di intimidazione di alunni
contro professori: “Non
è nei licei classici o scientifici, è negli istituti tecnici e nelle scuole
professionali che la situazione è peggiore”.
Sia
chiaro la nostra società è classista. Nessuno lo vuole negare,
ma ho l’impressione che il giornalista che vive tra Milano – dove è cresciuto –
e il piacentino – dove ha una terra di molti ettari, che si diverte a coltivare
quando ha tempo – non conosca la dignità e la fatica di quegli operai che
magari non sanno il latino e il greco ma hanno insegnato per prima cosa ai loro
figli il rispetto per l’altro. Ho la
sensazione che non abbia mai messo piede allo Zen di Palermo dove
Giovanni tra mille sacrifici ha lottato per riuscire a fare le scuole superiori
e oggi insegna ad altri ragazzi il riscatto sociale. Ho il dubbio che a casa di una famiglia di ceto
sociale non pari al suo non abbia mai pranzato e chissà come se la immagina. E
chissà se è mai stato in un professionale o in tecnico per parlare in quel
modo.
Michele Serra: Perché non è classista denunciare le disuguaglianze nella scuola dei bulli
da: la Repubblica del 22
aprile
Una mia recente Amaca sulle aggressioni
agli insegnanti ha sollevato, su alcuni giornali e sui social, una rovente
discussione. In estrema sintesi: ho
attribuito alla «struttura fortemente classista e conservatrice della nostra
società» il maggiore tasso di aggressività e di indisciplina che si
registra (stando alle cronache) nelle scuole tecnico-professionali e nelle
medie inferiori rispetto ai licei, frequentati quasi solo «dai figli di quelli
che hanno fatto il liceo». Poiché, scrivendo una nota di 1.500 caratteri, si è
costretti a evitare la zavorra dell’ovvio, non
ho aggiunto che esistono fior di liceali screanzati e arroganti, e borgatari
gentili e brillanti che ogni professore vorrebbe avere nella sua classe. Mi
interessava dire del macro-fenomeno, e in buona sostanza, non citandolo, di
ripetere l’antica lezione di don Milani sulla “scuola di classe” (vale
ricordare, in proposito, recenti polemiche su alcune auto-promozioni di
eleganti licei romani e milanesi, orgogliosi di avere nelle proprie aule
alunni, come dire, ben selezionati socialmente).
L’Amaca di Michele Serra sulle intimidazioni ai professori
Pubblico l’Amaca di Serra che ha suscitato
reazioni e a seguire la sua replica a Luca Telese nonché un articolo di Corlazzoli
sul Fatto Quotidiano.
Io mi limito a commentare che non trovo
scandalose le osservazioni di Serra, che però pare dimenticare che
atteggiamenti violenti o di prepotenza, maleducazione, diseducazione civica, arrivano
anche dal quel ceto sociale che…frequenta i licei e non gli istituti tecnici.
E visto che Michele Serra abita a Milano,
vorrei ricordargli che alcuni anni fa dei ragazzi “bene”, di quelli che
frequentano i licei classici o scientifici, hanno allagato i bagni della scuola provocando danni.
Quei ragazzi figli del benessere, frequentavano
il liceo Parini nella centralissima Milano, zona Brera.
Michele Serra farebbe bene a ricordarsi
questo episodio e se andasse a ripescare nella cronaca ne troverebbe altri.
da: la Repubblica del 20 aprile 2018
Tocca dire una cosa sgradevole, a proposito
degli episodi di intimidazione di alunni contro professori. Sgradevole ma
necessaria. Non è nei licei classici o
scientifici, è negli istituti tecnici e nelle scuole professionali che la
situazione è peggiore, e lo è per una ragione antica, per uno scandalo
ancora intatto: il livello di educazione, di padronanza dei gesti e delle
parole, di rispetto delle regole è direttamente proporzionale al ceto sociale di
provenienza. Cosa che da un lato ci inchioda alla struttura fortemente
classista e conservatrice della nostra società (vanno al liceo i figli di
quelli che avevano fatto il liceo), dall'altro lato ci costringe a prendere
atto della menzogna demagogica insita nel concetto stesso di
"populismo".
lunedì 23 aprile 2018
Milano, “com’è bella la città” per i disabili che devono usare i mezzi pubblici
Disabili,
a Milano il mezzo pubblico è un’incognita. “Vuole usare la metro? Chiami
mezz’ora prima”
Per
essere certi del funzionamento di montascale e pedane bisogna chiedere ad
Atm poco prima di partire. E nell'interscambio del passante a Porta Venezia
(gestito da Trenord) ascensore fermo da 20 giorni: disservizio non segnalato
di Renato
La Cara
Impossibile essere sicuri di poter
viaggiare in metropolitanaprogrammando in anticipo gli spostamenti con
la carrozzina. Per sapere se si riuscirà ad arrivare a destinazione
bisogna aspettare il giorno stesso del viaggio e telefonare all‘Atm mezz’ora
prima di uscire di casa. Solo in quel momento è possibile accertarsi che sia
tutto funzionante: ascensori, montascale, sollevatori, pedane.
E che ci sia un operatore per l’assistenza. Ecco uno dei principali problemi
incontrati dalle persone con disabilità motoria che viaggiano
sui mezzi pubblici di Milano. Così, ad esempio, un ragazzo disabile che
deve spostarsi per partecipare ad una gita di istruzione non ha la certezza di
riuscire a prendere la metro insieme alla propria classe. E’ vincolato ad una
telefonata last minute di verifica dell’effettiva accessibilità della fermata
di partenza e di quella di destinazione.
“Senza una telefonata da fare poche decine
di minuti prima di partire – spiega a Ilfattoquotidiano.it l’ufficio
infoline di Atm che si occupa delle informazioni e supporto al trasporto
pubblico dei passeggeri con disabilità – si rischia di trovare qualche disservizioe
di non potersi spostare liberamente”.
Trattativa Stato-mafia: i due volti della sentenza di Palermo
Giustizia
e ingiustizia. Trattativa Stato-mafia, i due volti della sentenza di
Palermo
di Danilo
Paolini
Ha retto, forse un po’ a sorpresa,
l’impianto accusatorio costruito dalla procura della Repubblica di Palermo per
dimostrare che nei primi anni 90 lo Stato trattò con "cosa nostra"
per disinnescare la strategia stragista di quest’ultima. Una trattativa
effettivamente ci fu, ci dice il verdetto emesso ieri pomeriggio dalla Corte di
assise del capoluogo siciliano, e riguardò gli allora vertici del Ros dei
Carabinieri, che avrebbero fatto pressioni sui governi dell’epoca. E Marcello
Dell’Utri, stretto collaboratore di Silvio Berlusconi, tra i fondatori di Forza
Italia e poi parlamentare della stessa forza politica, già condannato in via
definitiva cinque anni fa per concorso esterno in associazione mafiosa.
Dell’Utri, dunque, dopo la vittoria del suo partito alle elezioni politiche del
1994, sarebbe stato il "portavoce" delle minacce dei boss presso il
primo governo Berlusconi.
Ma le sentenze vanno rispettate fino in
fondo. Allora va affermato con chiarezza che quella di ieri non ci dice (e,
date le premesse, non poteva dircelo) che i contatti con i boss Riina,
Bagarella, Cinà e con l’ex-sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino – le
"rivelazioni" talvolta false o non riscontrate del figlio di quest’ultimo,
Massimo, sono state alla base del processo concluso ieri – furono tenuti,
esperiti o avallati da esponenti di governi della Repubblica. E questo è un
elemento essenziale, anzi imprescindibile nell’ambito di un procedimento che si
è protratto per cinque anni tra mille polemiche (anche tra gli stessi
magistrati inquirenti), troppi veleni e autentici drammi umani.
sabato 21 aprile 2018
Milano, Assicurazioni Generali contro Guenzati: firma la petizione per salvare il negozio più antico di Milano
Salviamo la ditta Guenzati, il negozio più antico di Milano
Clicca
il link per firmare la petizione
Questo è il grido che giunge a Milano da
ogni parte d'Italia e non solo, forte dei 31.069 voti raccolti lo scorso anno
nel censimento popolare de "I
Luoghi del Cuore 2016", promosso dal FAI, nel quale la storica bottega
ha ottenuto lo straordinario 5° posto a livello nazionale, il 1° assoluto in
Lombardia, il 1° assoluto ed incontrovertibile a Milano, nonché il 1° posto
nella categoria dei negozi storici d'Italia da tutelare.
In altre parole tutti si oppongono alla dipartita della Ditta Guenzati da Via Mercanti,
ma chi sta in alto fa finta di non sentire; non tiene per nulla in
considerazione la voce di coloro che credono ancora nella storia e nelle
tradizioni, convinti invece che le botteghe storiche siano gioielli
inestimabili da conservare e tutelare, in quanto veri tesori identitari e
territoriali delle nostre città.
La lunga storia della Ditta Guenzati inizia durante il Ducato di Milano sotto il governo asburgico, quando nel lontano 1768 Giuseppe Guenzati decide di aprire una bottega di tessuti col proprio nome nell'antica Contrada dei Fustagnari al fondaco n.1677. Sopravvissuta nel corso degli anni alla dominazione austriaca e a quella napoleonica, e alle successive due guerre mondiali, la sua affascinante storia si snoda attraverso due secoli e mezzo, da poco prima della Rivoluzione Francese fino ad arrivare ai giorni nostri. 250 anni durante i quali la Ditta Guenzati, grazie alla grande passione e professionalità dei suoi proprietari e dei suoi collaboratori si è guadagnata una meritata fama che è andata ben oltre i confini nazionali divenendo col passare del tempo un punto di riferimento unico sia per i tessuti di finissima qualità che per gli accessori d'abbigliamento di marcato stampo anglosassone di alta artigianalità.
mercoledì 18 aprile 2018
Marco Travaglio: Chi muore si rivede
Toh, chi si rivede: il Pd. Quando ormai
disperavamo di trovare traccia del secondo partito italiano, votato dal 18,7%
degli elettori, s’odono dal Nazareno i primi timidi vagiti e qualche prudente
pigolio. Martina, Calenda, Fassino, Serracchiani, Rosato, oltre agli antemarcia
Emiliano e Boccia e ai più recenti aperturisti Orlando e Franceschini.
Segnali di vita, o almeno di coma vigile.
Anche dal fronte renziano. E in quale direzione? Quella di un dialogo con i
5Stelle, la forza politica da sempre più vicina o meno lontana alle idee e ai
valori del centrosinistra. Che, se finora non se n’era accorto, è perché non
aveva idee e si era scordato i valori, a furia di copiare da B.. Noi,
modestamente, l’avevamo scritto più di un anno fa, subito dopo il trionfo del No
al referendum. L’unica via d’uscita per Renzi, in alternativa al ritiro dalla
politica prima promesso e poi smentito, era un bell’esame di coscienza e un
ritorno alle (sue) origini. Quelle del rottamatore anti-casta e
anti-establishment che si era presentato alle primarie del 2012 e 2013 come
l’ultimo salvagente del Sistema dalla marea montante dei 5Stelle: fronteggiando
Grillo senza demonizzarlo, anzi copiandogli le idee per fargli concorrenza. Se
Renzi torna Renzi e riavvolge il nastro fino al 2013 – dicevamo – rimangiandosi
o correggendo le politiche berlusconiane del suo governo e ripartendo dalla
lotta alle diseguaglianze, ai privilegi, alle mafie, alle lobby, alla
corruzione, all’evasione, ai conflitti d’interessi, alle grandi opere inutili,
non potrà che trovare un’intesa col M5S e risparmiarci un triste ritorno al
passato berlusconian-leghista.
Alitalia, un anno buttato (dal PD) e 900 milioni dei contribuenti
di Marco
Giovanniello
Il prestito ponte, concesso dallo Stato ad
Alitalia quasi dodici mesi fa, è stato messo sotto osservazione da parte
dell’Unione Europea, che vuole appurare se si tratta di un aiuto di Stato, come
tale concorrenza sleale e vietata.
I meccanismi di Bruxelles sono lenti, ma
perfettamente prevedibili. Quanto accade ora era assolutamente scontato,
qualche linea aerea concorrente avrebbe lamentato la violazione delle regole
del gioco e la procedura comunitaria sarebbe partita. Era altrettanto certo che
non sarebbe successo subito, che dunque si sarebbe potuto guadagnare tempo,
evitando la chiusura di Alitalia e la messa a terra degli aerei che altrimenti
sarebbe stata inevitabile all’inizio del maggio 2017.
Il prestito si chiama “ponte” perché doveva
permettere ad Alitalia di scavalcare il mare di guai e trovare un compratore.
La sua restituzione con gli interessi era stabilita dopo sei mesi, ma è stato
invece prorogato e aumentato a novecento milioni. Ora che si avvicina pure la
scadenza della proroga, il Governo Gentiloni si accinge a rinviarla a fine
anno.
domenica 15 aprile 2018
Amici 2018, due puntate serali con bassi ascolti: un reality mediocre, vediamo perché
Da due settimane è iniziato il serale di
Amici. Contrariamente ai pronostici i dati di ascolti non stanno stracciando
Ballando con le Stelle. Anzi. La prima puntata ha visto il programma della
Carlucci superare in numero di spettatori quello di Maria De Filippi, nella
seconda puntata c’è stato praticamente un pareggio.
Primo serale: 3.996
per Amici, 4.509 per Ballando. Secondo serale: 3.742 per Amici, 4.189 per Ballando.
Entrambi i programmi hanno visto diminuire
gli spettatori; maggiormente Ballando (che la scorsa settimana beneficiava
della presenza di Albano e Romina) ma Amici non ritorna agli ascolti di qualche
edizione fa.
Riporto il numero di telespettatori e non le percentuali
di share perché, come dovrebbe sapere chi ha rapporti anche solo sufficienti
con la matematica, la percentuale è calcolata raffrontando il numero di telespettatori
di un programma rispetto al totale degli spettatori in quella medesima fascia
oraria. Quindi: se il numero totale degli spettatori diminuisce, la percentuale
di share di un programma aumenta.
Sempre in relazione agli ascolti, poiché c’è
ancora in giro parecchia ignoranza, vorrei dare un’informazione a coloro che
ancora credono che cambiando canale diminuiscono gli spettatori di un programma.
I dati di ascolto sono determinati dal
campione di telespettatori che hanno il meter,
cioè quello strumento con cui si comunica il programma che si sta vedendo.
Ovviamente, può succedere che il possessore del meter dichiari di vedere un
programma mentre ne vede un altro oppure non segnali immediatamente il cambio
di canale. Ecco perché non possiamo prendere per scientifici i dati né possiamo
ritenere scienza esatto il panel:
cioè la tipologia di spettatori (divisa per sesso, età, livello di istruzione,
ecc..) che possiede il meter. Tale panel è stato oggetto di aggiornamento
proprio perché se ne contestava la rappresentatività.
Senza
ironia: sono sorpresa dai dati di ascolto di Amici. Davo
per scontato due cose: la mediocrità del serale, che Amici avrebbe superato in
termini di ascolto il programma della Carlucci.
Come mai? Sono andata a guardarmi un po’ di
roba. Ho fatto fatica, molta fatica…ma alcune cose mi sono chiare. Chiarissime.
Lampanti…..
Premessa: Maria De Filippi aveva dichiarato che
in questa edizione sarebbero spariti i direttori artistici e avrebbe “rimesso al centro i ragazzi”. Peccato per lei
che abbia scelto di farlo nell’edizione ancora più mediocre delle precedenti edizioni mediocri.
Ecco
le mie osservazioni (e qualche messaggio) in nove punti. Preciso
che ho evitato accuratamente – per mantenere
inalterato il mio equilibrio intestinale – di vedere gli rvm, cioè tutto ciò
che andava dalla discesa dello schermo al ritorno al posto del concorrente.
1. Non
capisco il senso della prima prova.
Se non come “invito” a buttare fuori al termine della puntata (che per vincere
la gara di ascolti finisce dopo la una) chi è stato mandato in panchina.
venerdì 13 aprile 2018
giovedì 12 aprile 2018
Siria: tre domande sull'escalation di Trump
Senza
una risposta Usa all'attacco di Duma la guerra probabilmente sarebbe
finita con la vittoria di Assad e alleati. Dagli interrogativi sull'uso
dei gas tossici alle posizioni delle potenze Nato, quali sono gli interessi in
campo.
di Barbara
Ciolli
Come nel 2013 il mondo è un passo dalla
guerra tra Stati Uniti e Russia e la causa è ancora un attacco chimico in Siria
a Ghouta, il sobborgo di Damasco in mano ai ribelli. Allora Barack Obama temeva
di essere trascinato con un pretesto in una nuova guerra sporca e per non ricadere
nell'errore dell'Iraq tirò in extremis il freno a mano. Ma stavolta
alla Casa Bianca c'è Donald Trump e il tycoon americano (cacciato chi
lo arginava) ha appena piazzato due superfalchi come segretario di Stato e
consigliere alla Sicurezza: nell'ordine, l'ex capo della Cia Mike Pompeo e
l'architetto della guerra alle – finte – armi di distruzioni di massa in Iraq,
John Bolton. Se Obama accettò con il Cremlino un accordo per il disarmo chimico
in Siria, le probabilità che Trump agisca sono altissime.
ALLERTA AEREA. L'Agenzia europea per la sicurezza aerea (Eurocontrol) ha diramato un'allerta alle compagnie di volo sulle rotte aeree del Mediterraneo orientale per il «possibile lancio di raid aerei con missili aria-terra e/o cruise entro le prossime 72 ore». Un attacco degli Usa, con il sostegno di Francia e Regno Unito come nel 2011 in Libia, è nell'aria, Trump lo ha anche twittato minacciando Mosca.
mercoledì 11 aprile 2018
Il “modello” sanitario della Lombardia: la cura del business a discapito delle persone
Sanità
lombarda, un’ottima opportunità per chi vuole lucrare sulla nostra salute
di Vittorio
Agnoletto
Ancora arresti nella sanità lombarda, ancora accuse
pesantissime contro medici e dirigenti sanitari. Un
triste rituale che si ripete periodicamente e che in questi anni ha
coinvolto tutti i ruoli istituzionali: presidente regionale, assessore alla
Sanità, direttori generali, direttori sanitari, primari, medici oltre ovviamente
imprenditori e politici loro amici.
Alcune cliniche milanesi sono diventate
famose in tutta Italia e non sempre per meriti proprio scientifici: S.
Rita, Maugeri solo per citarne alcune, senza dimenticarsi che,
nell’ormai lontano 1992, l’inchiesta di Mani Pulite cominciò proprio con un
arresto alla casa di cura Pio Albergo Trivulzio.
Non siamo di fronte ad un sistema
sanitario che funziona in modo ottimale ed eventualmente a poche mele
marce che delinquono, come afferma l’assessore regionale. E’ il sistema
stesso, così com’è congegnato, che offre immense opportunità perchi vuole
arricchirsi illegalmente sul corpo e sulla pelle dei propri concittadini.
Il “modello” sanitario della Regione Lombardia: arresti per tangenti al Galeazzi e al Pini
Giorgio
Maria Calori, l’ortopedico arrestato per le tangenti nella sanità: un
carrierista ossessionato dal lusso
È
al Pini dall’87. Un collega coinvolto nell’inchiesta: «Lui è un delinquente
vero». Dopo aver acquistato una casa signorile, a corto di soldi aveva con
insistenza chiesto un prestito di 150 mila euro al socio in affari Tommaso Brenicci
di
Sara Bettoni
I colleghi lo definiscono in coro un
«numero uno» professionalmente e altrettanto concordi sono i giudizi a livello
umano. Al Pini, nelle ore immediatamente successive agli arresti, ricordano
come nei corridoi si parlasse da tempo delle ambizioni di guadagno del medico,
il quale non faceva proprio «nulla per nascondersi». Questo ritratto coincide
con la definizione degli investigatori che hanno parlato senza mezzi termini di
«cupidigia».
lunedì 9 aprile 2018
Predoni al telefono
da: http://www.glistatigenerali.com/
di Davide
Giacalone
Prima di abbandonarsi agli strilloni del
nazionalismo patetico, si provi a ragionare. Perché attorno a quel che resta di
Telecom Italia, ridenominata Tim, si agita una scena che non si sa se temere
per quanto è grottesca o per l’unanime silenzio che l’accompagna. E l’una cosa
non esclude l’altra.
Sarà bene ricordare di cosa stiamo
parlando, prima di vedere cosa succede. Telecom Italia è stata venduta (non
privatizzata, perché solo in un Paese di matti si pensa di avere privatizzato
una società che era già quotata in Borsa) nel 1997: lo Stato cedette le
partecipazioni di controllo, che deteneva per il tramite di una finanziaria,
incassando 11.82 miliardi di euro. Quattro anni dopo l’Enel, che era ed è
controllata dallo Stato, compera Infostrada, società di telecomunicazioni,
impegnandosi a pagare 11 miliardi. Ne pagherà 7.5, ma non per merito proprio.
Ergo: si è venduto un transatlantico per comprare un gozzo. Infostrada, a sua
volta, aveva in pancia la rete di telecomunicazioni delle Ferrovie dello Stato,
che, nel 1997 era stata venduta a Olivetti per 700 miliardi di lire, ma che
questa aveva poi rivenduto a Mannesmann, l’anno successivo, per 14mila miliardi
di lire. Lo Stato aveva venduto a 700 quel che l’acquirente rivendeva a 14mila.
Con la differenza che Olivetti pagava a rate, diluite in 14 anni, mentre
incassò sull’unghia. Con queste premesse, scusate, ma prima di festeggiare il
reingresso dello Stato in quel che così sconsideratamente vendette, preferisco
ragionare.
venerdì 6 aprile 2018
giovedì 5 aprile 2018
Google, Facebook, Amazon, ecc..: il “grande fratello” che molti non sanno di avere
Google, Facebook e Amazon:
che cosa sa l’alter ego virtuale di tutti noi (e come lo usa)
di Virginia
Della Sala
Ognuno di noi ha un suo alter ego
virtuale. Nel migliore dei casi è un numero di cui gli inserzionisti e le
piattaforme conoscono età, sesso, preferenze commerciali,
culturali, sessuali, abitudini, localizzazione e spostamenti.
Scoprire come è fatto è abbastanza semplice. Spulciando gli archivi e le
condizioni d’uso, per esempio, il profilo di chi scrive è molto dettagliato:
tra i 24 e i 35 anni, donna, con centinaia e ben determinate preferenze,
che ha visitato almeno 159 posti, che abita in uno e che lavora in un altro,
che si sposta a piedi, che fa poco sport, che ama ascoltare questa
determinata musica e vedere un certo tipo di serie tv a una certa
ora.
Google,
basta una email
Ti
conosce meglio di una segretaria
Il viaggio inizia nell’archivio di Google.
Chi usa una email di Gmail, il servizio di posta elettronica, ha
inevitabilmente attivato un account che dà accesso a decine di altri servizi,
dall’archivio di foto e documenti. Le informazioni sono nella pagina “Account
personale” a cui si accede dai quadratini in alto a destra dello schermo. Nella
parte sulla sicurezza scopro che Google conosce con quali dispositivi mi sono
collegata all’account e quando: marchio, modello, quelli ancora associati. Il
fine è aiutare l’utente a tenere sotto controllo gli accessi, scoprire e
impedire movimenti non autorizzati.
mercoledì 4 aprile 2018
Intesa Sky-Mediaset: come cambia la guida tv
In attesa che si dipani la matassa dei
diritti tv del calcio e si delineino gli sviluppi strategici e industriali di
un'intesa che rivoluziona il panorama televisivo, la grande alleanza
Sky-Mediaset annunciata ieri è destinata ad avere un impatto immediato sul menu
a disposizione degli italiani che usano la pay tv, 4,8 milioni abbonati a Sky e
circa 2 milioni clienti di Mediaset Premium, che vedranno a breve arricchirsi
l'offerta sul telecomando.
9
CANALI PREMIUM APPRODANO SU SKY - Da maggio l'abbonato
alla piattaforma satellitare avrà a disposizione - a costo zero - 9 canali Premium, 5 di cinema e 4 di serie
tv. In particolare, gli abbonati al
pacchetto Cinema vedranno Premium Cinema e Premium Cinema +24 (anteprime e
blockbuster hollywoodiani), Premium Cinema Energy (cinema d'azione e horror),
Premium Cinema Emotion (commedia romantiche), Premium Cinema Comedy (comicità e
divertimento). Canali che insieme programmano ogni anno oltre 1.400 film -
titoli come Wonder Woman, Dunkirk, L'ora più buia, Justice League, L'uomo di
neve - delle grandi major Warner, Universal, Medusa finora in esclusiva
Mediaset. Gli abbonati al pacchetto Sky
Famiglia potranno invece vedere il
canale Premium Action (serie d'azione, supereroi, fantasy), Premium Crime (serie poliziesche e
legal), Premium Joi (medical,
romance, drama familiari) e Premium Stories (comedy e sitcom). Accanto quindi a
Gomorra, The Young Pope, Il trono di spade, The Walking Dead, punti di forza
dell'offerta Sky, arriveranno titolo come Gotham, Chicago Fire, Supergirl,
Suits e Mr Robot.
martedì 3 aprile 2018
Francia, tra Bardonecchia e gli scioperi: i francesi da non imitare e quelli da cui imparare…
Sabato scorso cinque agenti della Polizia
doganale francese sono entrati nei locali di un centro migranti a Bardonecchia per
far fare il test dell’urina a un nigeriano che sospettavano fosse uno
spacciatore.
E’ scoppiato un caso diplomatico tra Italia
e Francia. Quest’ultima sostiene che ha agito in virtù di un accordo tra i due
paesi. Sarà pur vero. Ma è altrettanto vero che i francesi hanno “atteggiamenti”
a dir poco arroganti nei confronti di noi italiani. Si ritengono superiori ed è
quindi non difficile immaginare con quale “grinta” abbiano varcato il suo
italiano a caccia dell’urina di un nigeriano.
Ma la Francia è in prima pagina anche per
un’altra notizia. Da ieri sono iniziati gli scioperi dei lavoratori ferroviari contro la riforma del settore
voluta da Macron.
I lavoratori francesi hanno indetto 36 giorni di scioperi fino al 28 giugno
al ritmo di due alla settimana.
Il sistema bancario italiano e dei conti pubblici: il deficit aumenta causa salvataggio banche venete
Il
salvataggio delle banche venete zavorra i conti: il deficit sale di 4,7
miliardi
La
stima dell'Eurostat. Il peso sul debito è di 11,2 miliardi
I conti
pubblici italiani non restano indenni al salvataggio delle banche venete.
La maxi-liquidazione di Veneto Banca e
Popolare di Vicenza, decisa dal governo Gentiloni lo scorso giugno per
evitare il fallimento dei due istituti e il tracollo del territorio circostante,
pesa sul debito pubblico, come
previsto, ma anche sul deficit, tanto da poter prevedere un possibile rialzo
delle stime più che positive arrivate dall'Istat all'inizio di marzo.
Nell'estate 2017, al termine di una lunga
trattativa con l'Europa, lo Stato ha sborsato 4,8 miliardi sotto forma di iniezione vera e propria di liquidità e ha concesso 12,4 miliardi di ipotetiche garanzie per permettere ad Intesa San Paolo di
salvare il salvabile e di prelevare gli asset ancora 'buoni' delle due banche.
Eurostat, appositamente sollecitato in proposito, ha chiarito, a distanza di 9
mesi, che l'impatto complessivo sui conti della doppia operazione è di 4,7
miliardi per quanto riguarda il deficit e di 11,2 miliardi per il debito.
2018, di lavoro si muore: da inizio anno morte 151 persone
Ancora
morti sul lavoro, ma non è fatalità!
Le cronache di questi giorni riportano in
evidenza un fenomeno molto diffuso, ma sempre oscurato dai mezzi di
informazione le morti sul lavoro. Tre morti in Toscana, due a Livorno e uno ad
Arezzo, uno in Emilia, poi ancora due a Catania ed infine due nel giorno di
Pasqua in Lombardia. Uno stillicidio che colpisce il mondo del lavoro da nord a
sud, caduti nel settore privato e anche in quello pubblico (due Vigili del
Fuoco).
Dall’inizio del 2018 sono cadute sul lavoro 151 persone con una media di 1,67 al giorno con un incremento dell’11% rispetto all’anno precedente, un numero esorbitante che denota una scarsa applicazione delle norme vigenti in materia di sicurezza e che di fatto trasforma il lavoro in un campo di battaglia. Da una parte il profitto “che conta”, dall’altra il valore della vita umana “che conta ogni giorno sempre meno”.
Eppure nel nostro paese esiste una legge l’81/2008 “Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro” che per altro sarebbe una “buona legge”, ma poi come sempre accade non si creano gli strumenti idonei per vigilare sulla sua
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