da: http://www.glistatigenerali.com/ - di
Fabio Salamida
Il Movimento 5 Stelle nacque ufficialmente il 4 ottobre del 2009 su iniziativa di Beppe
Grillo e Gianroberto Casaleggio, sulla scia dei fortunati “vaffanculo-day” organizzati dal comico
genovese in diverse piazze italiane già dal 2007. Il format del “v-day” era
quello di un evento a metà tra lo spettacolo gratuito e il comizio politico,
ebbe quindi molto successo sia perché si contestualizzava in piena crisi
economica – con il berlusconismo in parabola discendente – sia perché la possibilità di assistere a uno
spettacolo di Grillo senza spendere almeno 70 euro portò molti curiosi nelle
piazze dove si svolgevano i comizi-show. Nei mesi successivi alla sua nascita,
il M5S iniziò a radicarsi sul territorio nazionale attraverso dei circoli
virtuali, i cosiddetti meet-up, con una variegata umanità che scelse di
prendere parte a quella nuova esperienza con motivazioni spesso molto diverse
tra loro. C’era chi – come in tutti i partiti – vedeva nel nuovo soggetto la
possibilità di sbancare il lunario (dagli studenti universitari fuori corso da
molti anni ai soggetti senza arte né parte nella società), c’era chi voleva
“spaccare il mondo” iniziando dal potere costituito (nulla di particolarmente
originale, in realtà), ma c’erano anche pezzi di società civile e dell’associazionismo
che trovarono nelle prime parole d’ordine del movimento – quelle su
ambientalismo, sburocratizzazione e digitalizzazione – una nuova (o addirittura
una prima) collocazione politica.
Tra loro c’era Mara Mucci, parlamentare imolese e mamma di due bambini. Oggi è uno
dei tanti “grillini pentiti”, perché
uscita dal M5S insieme ad altri 9 colleghi all’epoca dell’elezione di
Sergio Mattarella a Presidente della Repubblica. Da allora ha continuato
l’attività politica nel gruppo misto. «Noi siamo usciti durante l’elezione di
Mattarella – racconta – perché si era
toccato il fondo, dall’imposizione di un direttorio con listino bloccato e
voto non certificato, alla cacciata dell’ennesimo collega (il deputato Massimo
Artini che sosteneva che la Casaleggio Associati “spiava” le caselle mail dei
parlamentari, ndr). Scoprimmo dal blog che il nome del candidato alla
Presidenza della Repubblica lo si chiedeva a Renzi e che il Movimento non
avrebbe avanzato proposte, una follia. Nessuna
decisione su questioni fondamentali veniva condivisa, per sapere cosa fare
bisognava andare sul blog».
Una volta uscita, la deputata ha
dovuto subire – come tutti i
“traditori” del verbo di Grillo e della Casaleggio Associati – insulti e
minacce di ogni tipo da parte degli adepti del comicoleader genovese,
soprattutto sui social network. Una rabbia spesso indirettamente fomentata dai
colleghi più in vista e da tutto l’apparato della comunicazione del M5S, che in
quel periodo bollava i dissidenti come persone attaccate ai loro stipendi che
uscivano per non “restituirli” ai cittadini. «Ho dovuto dare le chiavi
d’accesso dei miei profili social al mio compagno; alcuni commenti erano di una violenza inaudita e mi auguravano di
tutto, dalle torture allo stupro, fino a finire appesa a testa in giù a
Piazzale Loreto, come Mussolini. Con pazienza i più violenti sono stati
cancellati, ma scorrendo si trova ancora qualcosa, soprattutto tra i messaggi
privati. Oltre che violenti sono pure
dei codardi. Un po’ mi è dispiaciuto non seguire direttamente l’entità di
questo fenomeno, ma in quel periodo ero davvero sotto pressione, soprattutto
perché avevo un bimbo piccolo. In parte queste esplosioni di rabbia dipendono
dallo strumento utilizzato, ovvero i social network, che creano una barriera
tra te e l’interlocutore. L’Hate Speech dipende proprio da questa
spersonalizzazione sempre più diffusa. Se sei una persona poco consapevole e
con una vita sociale limitata, quando vai in rete non ti rendi conto di
rivolgerti ad un’altra persona in carne ed ossa. Ricordo che quando mi è
capitato di incontrare attivisti del
movimento sul territorio, anche i più “feroci”, non ho mai ricevuto una critica
e nessuno si è rivolto a me con ingiurie di alcun tipo, anzi, in molti volevano
parlare ed in alcuni casi esprimermi la loro solidarietà».
Il percorso dell’ex grillina inizia dal
basso: «Come molti, mi ero avvicinata al
Movimento attratta dalla semplicità del messaggio di Grillo e dal fatto che
sentivo la necessità di immettere forze nuove in politica. Non si può negare il
fatto che su alcuni temi il Movimento 5
Stelle abbia costretto la politica
tradizionale a confrontarsi e a cambiare. Poi quella spinta è andata via via perdendosi, soprattutto a casa di
una gestione verticistica e poco trasparente. Entrai inizialmente
per dare una mano a Giovanni Favia, candidato sindaco per le amministrative
bolognesi del 2009. Mi iscrissi al MeetUp di Bologna e iniziai a partecipare
interessandomi di tematiche locali. Poi il Movimento crebbe in modo molto
repentino e si presentò l’occasione delle politiche, dove per regolamento
poteva essere inserito in lista solo chi era già stato candidato in precedenti
elezioni». Favia, ex consigliere
comunale bolognese e successivamente eletto in consiglio regionale, fu uno dei
primi espulsi del movimento, cacciato
per un fuori onda dove lamentava l’assenza di democrazia nel M5S e il
controllo totale esercitato dal duo Grillo – Casaleggio senior. «Giovanni ha
sempre avuto fiducia nell’onestà altrui e probabilmente fu ingenuo (o troppo
diretto) a raccontare quelle cose a un giornalista senza rendersi conto di
essere registrato. Sono convinta, però, che l’incidente fu solo un pretesto per
mandarlo via, perché era l’eterno rivale di Massimo Bugani, che oggi è uno dei
tre soci dell’associazione Rosseau solo in virtù della sua amicizia con
Grillo».
L’ex grillina prima di arrivare a
Montecitorio lavorava nel campo dell’informatica come il candidato premier in
pectore del M5S, Luigi Di Maio. «Ma io ho una laurea quinquennale un’altra
cosa», sorride. A differenza di molti eletti della “prima ondata” – quella del
2013 – ha un curriculum di tutto rispetto e si caratterizza già dai primi mesi
come una mente libera, spesso in dissenso con le decisioni imposte agli eletti
da Milano e da Genova. «Il mondo si divide in persone che fuori dalla politica
hanno una vita loro e persone che fuori dalla politica sono il nulla cosmico.
Non hanno competenze, non hanno attitudini, non hanno nulla da dare. Se hai un passato di indipendenza e non hai
paura di finire sotto un ponte, non hai paura di esprimere la tua opinione.
Chi non ha tutto questo, subisce in
silenzio e si adegua alle decisioni imposte dall’alto, anche se non le
condivide. E non parlo solo dei deputati e dei senatori: c’è – come in tutti i partiti – un enorme sottobosco di consiglieri comunali che aspirano a
posti di maggior prestigio; e poi consulenti, portaborse, ecc… Per non
parlare di aziende satellite,
associazioni e altre realtà che sperano che il Movimento 5 Stelle vada al
potere per trarre i loro profitti. Tutto il mondo è paese, insomma».
Sono in tanti tra fuoriusciti ed ex
elettori a lamentare un totale stravolgimento della mission iniziale del
Movimento 5 Stelle, oltre a una totale assenza di democrazia interna che ha
tradito ormai da tempo l’ormai caricaturale motto “uno vale uno” che tanto
doveva rivoluzionare i tradizionali percorsi decisionali della “vecchia
politica”. «La Casaleggio Associati è
specializzata in marketing e nell’utilizzo dei social media. Di
conseguenza, non stupisce che il Movimento 5 Stelle segua i trend del momento, i temi che possono
far breccia sulle persone – soprattutto quelle meno colte o disattente –
riverberando la sua comunicazione su quello. Per farlo utilizza i prodotti che
vediamo ogni giorno sul web, dai video degli studiatissimi interventi dei
parlamentari – quasi sempre fuori contesto rispetto alla discussione in aula,
ma questo il “pubblico” non lo può sapere – alle immagini diffuse su profili
facebook e pagine fan di quegli eletti scelti dagli esperti di marketing come
veri e propri “testimonial” del prodotto. Persino molti profili social “fake”
pro M5S sono gestiti da Milano. Si utilizzano le stesse metodologie aggressive degli uffici comunicazione delle aziende:
finti commenti, finte valutazioni positive
e così via. In altri casi questi profili nascono spontaneamente per
emulazione: il più delle volte si tratta di persone che passano intere giornate
chiuse dentro casa e sviluppano una forma di sociopatia. Sono i trend a fare la
politica, non gli eletti, tantomeno gli iscritti. E la società ci guadagna in
visibilità: attualmente la Casaleggio
Associati è una delle aziende più note in Italia».
Marketing
applicato alla politica, dunque, ovvero una rivisitazione del modello berlusconiano
– dove l’agenda politica era ed è tuttora dettata dai perfetti sondaggi di
Alessandra Ghisleri – ma con la rete a sostituire le televisioni. Soprattutto
nei primi mesi della legislatura – l’era di Crimi, volendo trovare un
riferimento – non tutto va come dovrebbe, a causa di un risultato assai sopra
le aspettative del M5S che porta alla Camera e al Senato un’armata di
esordienti che in moltissimi casi non hanno le competenze per amministrare
neanche un piccolo condominio. «All’inizio era un disastro; eravamo
impresentabili e ogni volta che qualcuno parlava si rischiava di cadere nel
ridicolo. Per questo la Casaleggio Associati prese degli esperti di
comunicazione pagati con i soldi del gruppo. Tra loro c’era una donna in
particolare, Silvia Virgulti
(l’attuale compagna di Luigi Di Maio, ndr), che divenne presto una vera potenza
all’interno del movimento. Fu lei a formare
alcuni “prescelti” e fu sotto la sua direzione che i vari Di Battista, Toninelli, Taverna e lo stesso
Di Maio – con cui inizierà una relazione – hanno svolto corsi di public speaking per affrontare
al meglio le partecipazioni televisive. Cura personalmente la maggior parte dei
testi (lei e non Rocco Casalino, che altrimenti farebbe ancora più danni), sia
per ciò che concerne gli interventi letti in aula che per tutte le uscite
pubbliche. È una maestra nell’uso della parola ed è in grado di applicare i
trend alla comunicazione politica. Nello staff della comunicazione è una figura
apicale».
I personaggi più in vista del Movimento 5
Stelle sono dunque come gli attori di una
compagnia teatrale che si esibiscono in un enorme palcoscenico mediatico e
i criteri con cui questi attori vengono scelti sono gli stessi con cui si
decidono i componenti della famiglia del Mulino Bianco. Un palcoscenico ripreso
dalle dirette Facebook e da tutti i media tradizionali. I testi recitati sono scritti
da esperti comunicatori seguendo i trend, lo scopo è quello di mettere in
cattiva luce gli avversari politici – soprattutto quelli che sono al governo,
quindi il Partito Democratico e i suoi esponenti nazionali e locali – per far
crescere il consenso. «Ogni argomento può essere strumentalizzato per un uso
politico, dalla flessione dei consumi per le vacanze di Pasqua fino al
terremoto. Ciò che non manca è un certo “coraggio”, perché ci vuole davvero del
coraggio a dire certe sciocchezze, soprattutto su fatti drammatici». Tuttavia,
in più di un’occasione si è dovuto correggere il tiro. «Ricordo di una
figuraccia che fece Carlo Sibilia quando fu mandato ospite a “La Gabbia”. Il
giorno dopo ho sentito Casalino dire: “questo qui non lo mandiamo più da
nessuna parte”. Poi gli hanno dato un ruolo di responsabilità interno
(responsabile scuola e università, ndr) per premiare la sua condotta
“allineata”. Il metodo è lo stesso dei vecchi partiti: si premia la fedeltà e
non le competenze».
Fuori dal “cerchio magico”, regna ormai il
silenzio. I dissidenti sono sempre meno e anche quelli che vorrebbero dire la
loro su determinate questioni più o meno centrali preferiscono la via del
silenzio. «Probabilmente gli ultimi “ribelli” siamo stati noi. Chi si mette a
dissentire in un partito che è stimato al 30% dove la visibilità dei singoli è
gestita da poche persone che decidono tutto? Come dicevo, chi non ha
particolari capacità e sa di essere un “miracolato” sceglie di accettare tutto
per garantirsi la ricandidatura. Se hai una testa, non riesci a star zitto
rispetto a certe cose, a meno che tu non ti sia venduto per un posto. Ci sono
poi gli egocentrici, quelli che non rinuncerebbero mai alla loro visibilità e
si adattano a tutto pur di non perderla. A molti non vedere i problemi fa
persino comodo, perché l’assenza di un dissenso provoca l’assenza di una sana
competizione interna. Se ci fosse competizione interna, un Di Maio non sarebbe
ai vertici».
Mara Mucci, pur non nascondendo
disillusione e amarezza per ciò che è stato, sta cercando di portare a casa
qualche risultato utilizzando questo ultimo scorcio di legislatura: «Vorrei
chiudere alcune questioni aperte, a cominciare da alcuni provvedimenti che ho presentato per l’ammodernamento e la
digitalizzazione del paese, e ottenere lo sblocco di un fondo per il
turismo che è partito da un mio emendamento ma che ancora non è nelle
disponibilità delle piccole imprese. Se potessi tornare indietro, affronterei
sicuramente tutto con meno impulsività e organizzerei meglio la controffensiva
al pensiero unico, ma anche per questo ci vuole esperienza. In generale, in
politica è sempre difficile incidere e diventa impossibile se non fai parte di
un gruppo. Avevo iniziato in un movimento che voleva portare il cambiamento con
le decisioni dal basso, oggi in quel partito i parlamentari non possono neanche
esprimersi liberalmente altrimenti devono pagare delle penali».
La democrazia si mantiene su equilibri
sottili e fragili. La ricerca del “nuovo” che soppianta il “vecchio” è un
fattore ciclico e quasi inevitabile, ma va mitigato per evitare che produca
disastri. Nel 1994, Silvio Berlusconi si
presentò come il “il nuovo miracolo italiano”, Matteo Renzi ha fondato la sua
ascesa politica sulla parola “rottamazione”. La Casaleggio Associati estremizza
il concetto, presentando il Movimento 5 Stelle come “l’ultima speranza”. Mara
Mucci – emiliana – sospira: «Sono le stesse parole che utilizzavano le
propagande di regime del secolo scorso; la gente dovrebbe ricordarlo per non
cadere negli stessi errori».
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