da: Il Fatto Quotidiano
Sentite questa perché è forte. L’ha detta Angelino Alfano, a proposito di Carmelo Zuccaro, capo della Procura di Catania che indaga
sui rapporti fra alcune Ong e i trafficanti di migranti: “Io do il 100 per 100 di ragione al
procuratore. Sono degli ipocriti e dei sepolcri un po’ imbiancati tutti quelli
che si indignano a comando. Cioè, se i magistrati dicono delle cose che a loro
piacciono, allora possono parlare; se dicono cose che a loro non piacciono,
devono stare zitti. Bisogna andare fino in fondo”.
Ora, pare incredibile ma Alfano è stato dal 2013 al 2016 ministro
dell’Interno nei governi Letta e Renzi, prima di passare agli Esteri nel
governo Gentiloni. Il ministro dell’Interno è il responsabile dell’ordine pubblico
e a lui rispondono le forze dell’ordine e i servizi segreti civili. E proprio
dai dossier e dalle intercettazioni preventive dell’intelligence sono partite le
indagini di Catania. Alfano, quand’era al Viminale, le ha lette e, se sì, le ha
capite e, se sì, cos’ha fatto per andare fino in fondo? E se no, cioè se scopre
il tutto solo ora che ne ha parlato Zuccaro, che razza di ministro è? E poi che
vuol dire “do il 100 per 100 di ragione al procuratore”? Mica ha scritto una
sentenza, o enunciato una formula matematica, o esposto una teoria: ha posto un
problema perché governo e Parlamento lo risolvano, non perché gli battano le
mani e gli dicano “vai avanti tu che a noi ci vien da ridere”.
Zuccaro,
poi, è lo stesso che ha chiesto il
rinvio a giudizio del sottosegretario Giuseppe Castiglione, ras di Ncd, per
turbativa d’asta, falso, abuso e corruzione elettorale sulla gara truccata del Cara
di Mineo. Alfano è d’accordo al 100 per
100 con Zuccaro solo quando indaga sul business del trasporto dei migranti,
o anche quando indaga sul business dei centri di accoglienza dei migranti? Nel
primo caso, farebbe parte di quegli “ipocriti” e “sepolcri un po’ imbiancati” che
denuncia con tanta veemenza (esclusi ovviamente i presenti, cioè se stesso).
Nel secondo caso, perché difende l’imputato Castiglione al governo? Nel 2009 il ministro della Giustizia del terzo governo B. presentò un ddl sulle intercettazioni che conteneva
anche la seguente norma: il pm che
“rilascia pubblicamente dichiarazioni su procedimenti a lui assegnati” ha
l’”obbligo di astenersi” subito dalle indagini. Per fortuna la porcata non
passò, altrimenti il procuratore Zuccaro che ha rilasciato dichiarazioni – per
noi doverose, per il Guardasigilli del 2009 criminose – sulla sua indagine avrebbe
già dovuto mollarla per legge. E indovinate un po’ chi era il ministro che
voleva cacciare i pm che parlano delle loro inchieste? Lo stesso che oggi
difende “al 100 per 100” il pm che parla della sua inchiesta: quel gran genio di Angelino Jolie. Che ora potrebbe
autodefinirsi un perfetto esemplare degli “ipocriti e sepolcri un po’ imbiancati
che si indignano a comando e, se i magistrati dicono delle cose che a loro
piacciono, possono parlare; se dicono cose che a loro non piacciono, devono
stare zitti”. Ormai il giudizio su un’azione o su un’affermazione non dipende più
da ciò che si fa o si dice, ma da chi lo fa o lo dice. C’è chi può e chi non
può.
Prendete Piero Grasso. Sette anni fa, nel maggio 2010, era procuratore
nazionale antimafia, reduce da sei anni alla guida della Procura di
Palermo. E, commemorando come ogni anno l’assassinio del suo amico Giovanni
Falcone sul l’autostrada di Capaci, dichiarò: “Le stragi furono date in subappalto
a Cosa Nostra per gettare l’Italia nel caos, dare la possibilità a un’entità
esterna di proporsi come soluzione e agevolare l’avvento di nuove realtà
politiche che potessero poi esaudire le sue richieste”. L’ipotesi, che era il
perfetto ritratto di Forza Italia,
era tutt’altro che peregrina. Infatti era uno dei caposaldi della mega-indagine “Sistemi criminali” avviata dai pm
palermitani Scarpinato, Lo Forte, Ingroia e altri ai tempi del suo predecessore
Gian Carlo Caselli. Poi però Grasso ne aveva preteso l’archiviazione. Quando la
riesumò nel 2010, fu chiaro che non disdegnava di parlare di ipotesi addirittura archiviate (da lui) accreditandole
come ancora valide, perché distingueva (come fa oggi Zuccaro) l’aspetto politico
da quello penale. Del resto di chi era quel faccione così festante e prodigo di
particolari su un’indagine appena aperta, nella conferenza stampa dell’11
aprile 2006 sulla fresca cattura di Bernardo Provenzano? Ma del
superprocuratore Grasso, naturalmente. Il quale ora, asceso alla presidenza del Senato, spiega che “bisogna parlare delle
indagini quando sono concluse, non quando sono in corso”, dunque Zuccaro è
“un po’ fuori dall’ordinamento” (come i “sepolcri un po’ imbiancati” di
Angelino) e “fuori dalle competenze di un magistrato”.
Invece il Grasso che (legittimamente
secondo noi e secondo il Grasso-1, criminosamente secondo il Grasso-2) parlava
della cattura di Provenzano e delle stragi mafiose pro FI era dentro l’ordinamento
e le competenze di un
magistrato. Dipende.
Dunque i pm prendano buona nota. Quando
fanno una retata di criminali da strada o di mafiosi o di spacciatori, si
astengano dal farsi belli nelle conferenze stampa, altrimenti sono fuori
dall’ordinamento e dalle competenze di magistrati: ci diranno tutto a fine
indagini (nel frattempo i congiunti e gli amici degli arrestati avvertiranno Chi
l’ha visto?). E se, per dire, un pm
scopre che in una delle terre dei fuochi sparse per l’Italia i cittadini
mangiano e bevono prodotti radioattivi o cancerogeni, non lanci alcun allarme e non avverta le pubbliche autorità:
sarebbe fuori dai suoi poteri, anzi dall’ordinamento. Quindi si tenga tutto per
sé un paio d’anni, sino al termine dell’indagine. Poi però, se arriva in tempo, potrà parlarne ai funerali.
Nessun commento:
Posta un commento