domenica 25 aprile 2021

La transizione ecologica del conflitto di interessi

 

 

da: Domani – di Giovanna Faggionato

A febbraio, da dirigente di Leonardo, Roberto Cingolani aveva elencato in parlamento tutte le tecnologie per le quali la sua azienda poteva candidarsi nel Piano di ripresa e resilienza. Oggi è tra i ministri che decidono come assegnare i fondi. E appena smetterà di stare al governo, tornerà a Leonardo, visto che si è soltanto messo in aspettativa.

Erano gli ultimi giorni del governo Conte II quando l’amministratore delegato di Leonardo Spa, Alessandro Profumo, veniva invitato in audizione parlamentare a spiegare i progetti elaborati dalla società di aerospazio e difesa per rispondere agli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano da 200 miliardi. Leonardo è una società cruciale nell’attuazione del Piano, perché tra quelle partecipate dal ministero del Tesoro è l’unica a poter contare su avanzate competenze tecnologiche.

Di fronte alle commissioni parlamentari, Profumo ha spiegato con quali tecnologie l’azienda potrebbe competere per l’assegnazione dei fondi del Recovery plan, dai progetti per la sicurezza del cloud pubblico e dei dati sanitari ai sistemi di sorveglianza del territorio ai fini della tutela ambientale fino alla gestione “intelligente” del ciclo dei rifiuti. Insomma, tecnologie trasversali che possono essere utilizzate sia per la transizione digitale che per quella ecologica. Tecnologie trasversali al punto che alla fine della presentazione, il deputato Bruno Tabacci aveva preso la parola per dare sfoggio della capacità democristiana di dissimulare l’ironia con molta serietà. «È confortante», aveva detto

Tabacci, «sapere che potete dare una risposta su tutto». Il deputato aveva chiesto ulteriori spiegazioni sulle tecnologie sviluppate da Leonardo e per rispondergli era intervenuto direttamente, Roberto Cingolani, il Chief technology and innovation officer dell’azienda che negli ultimi anni ha seguito la creazione di una rete di laboratori altamente innovativi e il nuovo piano strategico al 2030.

Ministro in prestito

A meno di tre mesi di distanza, Alessandro Profumo resta al timone di Leonardo. Tabacci, invece, è diventato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio del governo Draghi e ha ottenuto la delega all’aerospazio, talmente ambita che per diversi giorni l’intero pacchetto di nomine è rimasto bloccato in attesa della sua assegnazione. Cingolani, invece, è passato da Leonardo alla guida del ministero della Transizione ecologica, una delle caselle più importanti per la stesura del Recovery plan e la distribuzione dei fondi a cui anche Leonardo ambisce.

Fonti di Leonardo spiegano che dal 19 febbraio scorso il suo incarico come responsabile della tecnologia e dell’innovazione è stato affidato ad interim al direttore generale Valerio Luigi Cioffi, che dall’autunno 2020 guida la direzione che riporta direttamente all’amministratore delegato Profumo sui progressi del piano strategico 2030. L’interim durerà solo fino alla nomina di un successore. Il ministro Cingolani attualmente resta un dirigente di Leonardo in aspettativa non retribuita. La durata dell’aspettativa dipende da quanto durerà l’incarico di Cingolani come ministro: l’aspettativa dura, dicono dal ministero della Transizione ecologica, «fino a fine mandato». In teoria, quindi, concluso l’incarico, il ministro tornerà a fare il manager di Leonardo. Anche se potrebbe andare diversamente e potrebbe non tornare indietro, soprattutto se l’incarico durasse due anni e cioè «fino alla fine della legislatura», ci dice il ministro.

Il caso di Cingolani non è quindi un caso di revolving door, le porte girevoli, come si dice nel caso del passaggio tramite dimissioni da un incarico pubblico al privato o viceversa, ma di open door: porte aperte tra politica e affari. In Italia, del resto, il passaggio senza soluzione di continuità tra ruoli pubblici e privati sta diventando lo standard, anche se di solito nella direzione opposta: Pier Carlo Padoan è stato cooptato nuovo presidente di Unicredit mentre era un deputato in carica del Partito democratico. Lo stesso è successo a Marco Minniti, deputato Pd che è stato assunto come dirigente proprio da Leonardo, per guidare una neonata fondazione che si dedica a Mediterraneo e Libia, paese del quale si è occupato da ministro dell’Interno nel governo Gentiloni (ha stipulato memorandum che poi hanno, tra l’altro, generato commesse proprio a Leonardo).

I conflitti di interesse dei membri del governo sono governati da una legge varata ai tempi di Silvio Berlusconi nel 2004, a suo tempo molto criticata perché con maglie così larghe da non creare problemi all’ex cavaliere che era l’azionista di riferimento del gruppo Mediaset. Eppure quella “legge Frattini” si è dimostrata fin troppo severa per gli standard della classe dirigente italiana. E proprio Leonardo (all’epoca ancora chiamata Finmeccanica) ha fatto da banco di prova: nel 2013 Gianni De Gennaro è passato dal governo Monti, dove era sottosegretario con delega all’Intelligence, a presidente di Finmeccanica-Leonardo. La sua situazione era delicata, perché Leonardo è un’azienda attiva nel settore della sicurezza, sul quale hanno grande impatto le decisioni di un sottosegretario all’Intelligence. L’allora ministro del Tesoro, Fabrizio Saccomanni, ha chiesto un parere preventivo all’Antitrust perché la nomina di De Gennaro poteva essere incompatibile. La legge Frattini prevede un periodo di incompatibilità di un anno «dal termine della carica di governo nei confronti di enti». Nel caso del potente De Gennaro, è prevalsa una sottile interpretazione giuridica fondata sull’avverbio «prevalentemente». Poiché De Gennaro si occupava di tante cose, non soltanto di quelle di competenza di Finmeccanica, e soltanto con episodiche sovrapposizioni, la nomina a presidente poteva avere il via libera. Quando De Gennaro ha lasciato il posto, nel 2020, al suo posto è arrivato un altro uomo di intelligence, l’ex capo dell’agenzia esterna Aise Luciano Carta, ma la soluzione era già stata trovata.

Ora con Cingolani il problema potrebbe riproporsi: proprio l’audizione di Profumo e dello stesso Cingolani sul dossier del Recovery plan certifica gli interessi di Leonardo sulle decisioni del governo in materia. Ma essendo Cingolani un dirigente in aspettativa, e con una aspettativa misurata sulla durata del suo mandato ministeriale, come si fa a rispettare l’anno di incompatibilità tra incarico politico e incarico aziendale? Non si può e non si farà, nessuno sembra essersi posto il problema.

Eppure Cingolani pare sensibile alla questione dei conflitti di interesse: spiega di aver lasciato tutti i suoi incarichi precedenti, compreso il posto in consiglio di amministrazione della Ferrari e di aver deciso di portare a conclusione un corso all’università Bocconi rinunciando al rimborso. «Dal punto di vista finanziario quello del ministro è un incarico non paragonabile a quello precedente, ma finché dura questa cosa la farò, si fa per servizio. L’orizzonte temporale ovviamente non è lunghissimo, quindi aspetto di vedere come evolverà».

Il ministero della Transizione ecologica è stato il primo l’anno scorso, quando ancora si chiamava ministero dell’Ambiente, a introdurre la prassi europea dell’agenda trasparente, obbligando a segnalare tutti gli incontri fuori o dentro l’orario di lavoro con quelli che vengono definiti portatori di interesse. Intanto, però, Cingolani sente ancora la persona che gli faceva da assistente a Leonardo per questioni di agenda personale, impegni esterni all’attività del ministero, anche se «al massimo due volte alla settimana». Il ministro dice che non c’è nessuna sovrapposizione di ruoli e sottolinea che, per ora, delle cose che riguardano Leonardo non si è occupato per niente.

I progetti

A febbraio Profumo e Cingolani hanno spiegato bene quali sono gli ambiti di intervento in cui Leonardo è pronta a intercettare gli obiettivi del Recovery plan. Le capacità di super calcolo sviluppate negli ultimi anni, le tecnologie quantistiche e crittografia di cui si occupa proprio uno dei centri di sperimentazione messi in piedi da Cingolani rispondono a uno dei progetti più importanti del piano di ripresa e resilienza: quello per fornire alle strutture dello stato e in generale alla pubblica amministrazione «un cloud sicuro e indipendente», come lo ha definito allora il Cingolani-manager. Leonardo, si legge nel bilancio dell’azienda, vuole contribuire. Poi c’è l’ampio campo del global monitoring (monitoraggio globale), capitolo che include tutti i sistemi di sorveglianza, monitoraggio e di raccolta dati utilizzati per scopi civili e di gestione predittiva. Le tecnologie satellitari sviluppate da Leonardo, anche attraverso la società Telespazio, rispondono alla nuova concezione dello spazio come quarto dominio militare. L’Unione europea ha grandi progetti su questo fronte che  spiegano anche l’attivismo di questi anni del predecessore di Tabacci, il sottosegretario M5s Riccardo Fraccaro.

Quella satellitare è un perfetto esempio di tecnologia duale, applicabile in campo militare come in quello civile. Il suo uso civile significa, per esempio, la messa in sicurezza delle infrastrutture, come reti elettriche e idriche, o la protezione di aree boschive dagli incendi, salvaguardia delle aree marittime e delle coste, ma anche monitoraggio dei monumenti e agricoltura di precisione. «Telespazio», si legge nei documenti di Leonardo, «offre una completa serie di servizi – dalle comunicazioni alla navigazione, dall’osservazione alla scansione radar – per scopi che vanno dal supporto alle istituzioni sanitarie alla logistica, dal controllo delle flotte di veicoli al monitoraggio di infrastrutture critiche e siti pericolosi, dall’agricoltura di precisione alla protezione civile, dalla prevenzione del dissesto idrogeologico alla valorizzazione dei siti architettonici, fino al monitoraggio delle risorse naturali e dell’inquinamento».

Di nuovo è il bilancio di Leonardo a spiegare che queste applicazioni servono anche sul fronte ambientale, quello di cui si occupa direttamente Cingolani. «Tali applicazioni, al centro del Piano di sostenibilità di Leonardo», si legge nel documento, «hanno un ruolo chiave nella vita di tutti i giorni, nella tutela dell’ambiente e nella gestione delle emergenze legate ai cambiamenti climatici, anche grazie alla capacità di integrare i grandi volumi di dati e immagini satellitari ad altissima risoluzione con i dati provenienti da sensori a terra o a bordo di aerei, elicotteri o droni, con archivi e social media» anche economici, nonché di società aventi fini di lucro che operino prevalentemente in settori connessi con la carica ricoperta».

I progetti sull’intelligenza artificiale di Leonardo possono essere usati anche per le smart cities, città intelligenti, per la gestione del traffico e del trasporto pubblico locale, e in particolare il controllo delle flotte di mezzi pubblici, grazie all’uso di sensori e di algoritmi per la manutenzione predittiva. Ma proprio Cingolani aveva spiegato che, grazie alla simulazione di scenari complessi, le stesse tecnologie potevano essere applicate anche alla gestione del ciclo dei rifiuti e per rendere la manifattura più sostenibile. Non a caso la società dichiara di voler conquistare la leadership europea nelle applicazioni e nei prodotti di intelligenza artificiale e nella sensoristica avanzata e contemporaneamente di voler entrare in nuovi mercati.

Da ultimo, ma non ultimo in termini di importanza, c’è il capitolo sanitario e in particolare la gestione sicura dei dati sanitari: altro snodo cruciale del Piano di ripresa e resilienza, che vale molti fondi e su cui Leonardo sta sviluppando progetti.

Cosa fa Cingolani

Leonardo ovviamente sta lavorando anche sul suo core business, puntando all’elettrificazione e l’ibridizzazione dei velivoli, ma ha anche diversi progetti sull’utilizzo di nuovi materiali. Per esempio, sta lavorando sui materiali termoplastici che hanno un ciclo di produzione più sostenibile, per cui ha creato un laboratorio congiunto con la multinazionale della chimica Solvay. «La strategia sui materiali è importante, dalle batterie alle infrastrutture», aveva spiegato ai parlamentari il Cingolani uno. E infatti Leonardo sta facendo ricerca su molti fronti, dalle tecniche di stampaggio ai materiali riciclabili.

A oggi tra i progetti del Piano di ripresa e resilienza che corrispondono a quanto proposto in audizione troviamo tutta la parte delle tecnologie satellitari e della sicurezza dei dati, che dipendono soprattutto da altri ministeri ma che incrociano anche quello della Transizione ecologica. E poi progetti meno scontati, come appunto la digitalizzazione del trasporto pubblico. Solo il rafforzamento e la digitalizzazione delle smart grid vale da sola 2,72 miliardi di euro, mentre per il capitolo dell’economia circolare i progetti non sono ancora chiari.

Nome e cognome

Come può il ministro garantire che il Piano di ripresa e resilienza non corrisponda ai progetti ad aziendam, cioè su misura delle innovazioni e anche delle esigenze di Leonardo? Cingolani dice che da quando è diventato ministro il suo lavoro è andato nella direzione di opposta. «Io – dice – ho ricevuto solo schede di progetti con nome e cognome, cioè nella prima fase i progetti sembravano tutti identificati con gli attuatori», cioè con le istituzioni pubbliche o private che le avevano proposte. Il piano è stato cambiato, dice: «Ora non c’è rimasta nessuna traccia dei progetti con nome e cognome, ma è stato tutto costruito come si fa un programma quadro». Quando gli si fa notare che in ogni caso la stesura dei progetti può influenzare chi si aggiudicherà i fondi, spiega che le gare saranno aperte a tecnologie differenti, per esempio sia idrogeno verde che idrogeno blu, ma con obiettivi chiari: «Faremo gare europee e l’ente gestore di queste gare non è il ministero». Sul suo conflitto di interessi dice di non aver avuto molto tempo per pensarci, mentre lavorava alla stesura del Piano di ripresa e resilienza. Le tecnologie di Leonardo sono trasversali al punto che potrebbe «competere su qualsiasi gara», ammette, «ma non si può fare nemmeno reverse discrimination (discriminazione al contrario)». «Se si prende una decisione sull’assetto azionario di Leonardo potrò astenermi», ma per il resto, su decisioni del suo ministero o degli altri ministri «seguirò tutto quello che mi dicono di fare». Chissà che qualcuno nel governo, allora, inizi a dire qualcosa. 

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