martedì 27 aprile 2021

Il Recovery dei migliori significa più mercato, semplificazioni, concorrenza, meno controlli

 


da: Il Fatto Quotidiano - di Salvatore Cannavò

Giusta l’osservazione di Mario Draghi che nel Piano nazionale di ripresa e resilienza occorre metterci “dentro le vite degli italiani”. Ma Draghi è uomo d’onore e sa bene che il Pnrr si farà soprattutto per le garanzie offerte all’Unione europea in termini di maggiore libertà di impresa, possibilità che il mercato entri in settori dei servizi essenziali e qualche colpetto alle leggi anti-corruzione. Sembra quasi di rileggere, sia pure in un contesto tutto mutato, le raccomandazioni che lo stesso Draghi scriveva nella famigerata lettera della Bce all’Italia.

GARANZIA UE

L’importanza della garanzia europea è confermata dalla centralità che nel Piano hanno le “Raccomandazioni specifiche per Paese” elaborate dalla Commissione europea come condizione per l’er ogazione dei prestiti. Questo è un punto che si ritrovava anche nel piano del governo Conte – a cui il Pnrr attuale deve rendere omaggio per le misure adottate in materia di tassazione, lavoro, reddito di cittadinanza e, addirittura, per il cashless – ma l’analisi delle poche differenze tra i due piani aiuta a capire il senso di marcia dell’attuale governo.

Quando si parla di due piani che sostanzialmente si assomigliano, ci riferiamo alle quantità allocate, alle missioni, addirittura all’impatto economico. È chiaro che il piano del governo Conte, solamente abbozzato e in attesa delle valutazioni del Parlamento, dei ministeri e delle parti sociali, fosse più scarno e ancora da completare. Le differenze però ci sono e si possono trovare soprattutto nella seconda parte “Riforme e investimenti”, di circa 40 pagine, che costituisce il brano su cui si concentrano gli occhi europei.

Qui Draghi si è dovuto prodigare in rassicurazioni, soprattutto nei tempi di approvazione dei progetti, i più rapidi possibili. Se nel piano Conte si parlava sostanzialmente di due grandi riforme, Pubblica amministrazione

e Giustizia, ora ci sono anche le Semplificazioni, con un accenno inquietante alla Corruzione, e la Concorrenza a qualificare il piano Draghi. Nel testo, ovviamente, si trovano una miriade di innovazioni che sono inserite all’interno delle 6 diverse missioni – anche se nell’ultima versione di ieri pomeriggio è saltato il “salario minimo legale” che pure rappresenta una richiesta Ue - ma sono quelle le priorità inscritte in una visione chiaramente spiegata ieri da Draghi: l’obiettivo è contrastare “la debole crescita della produttività e il basso investimento in capitale umano e fisico” per “superare le debolezze strutturali che hanno per lungo tempo rallentato la crescita”. Questo orientamento di stampo neo-neoliberista (si scusi il neologismo) si ritrova nella centralità degli incentivi alle imprese, nell’idea di superare l’impianto “teorico” della scuola italiana, nell’utilizzo di ogni strumento, anche il Servizio civile internazionale, per mandare i giovani a fare stage in azienda.

LE RIFORME.

E lo si capisce leggendo il testo. La riforma della Giustizia serve a snellire i tempi dei processi e su questo rinviamo all’articolo a fianco. La Pubblica amministrazione ha bisogno di ammodernamento ma, soprattutto, come chiaramente scrive il Pnrr di recuperare dieci anni – a opera non solo dell’attuale ministro Renato Brunetta, ma delle politiche europee che lo imponevano – di invecchiamento e impoverimento del personale che oggi dovrebbe subire una cura choc. E per andare in questa direzione si pensa ad aggirare il concorso pubblico con chiamate dirette per quanto a tempo e in fase emergenziale (ma cosa accadrà dopo?).

SEMPLIFICARE.

Sulle Semplificazioni il Pnrr è molto esplicito. “Gli interventi di semplificazione più urgenti saranno adottati attraverso un decreto legge che sarà approvato dal Consiglio dei ministri entro maggio e convertito in legge entro metà luglio”. La velocità fa già parte del programma. E il programma prevede “semplificazioni in materia di appalti pubblici” con il progetto di allentare le “verifiche antimafia”, semplificare la “Conferenza di Servizi”, limitare “la responsabilità di danno erariale” e altre misure per ridurre al massimo i tempi di aggiudicazione dei contratti. In un Paese come l’Italia è chiara la ratio di tali misure, ma è chiaro anche il rischio della fiducia incondizionata al mercato. In tal senso va la speciale “Via statale” per misurare più rapidamente l’impatto ambientale, così come “vanno semplificate le norme sulle incentivazioni alle imprese localizzate nel Mezzogiorno, attualmente assai minuziose”. Snellire, certo, ma poi chi controlla?

BASTA SEVERINO?

E poi l’idea di rivedere la legge Anticorruzione del 2012 la c.d. Severino, di cui vanno abrogate o riformate alcune norme, perché troppe leggi “possono favorire la corruzione” invece di ridurla. Il Piano non dice nel dettaglio quali norme, limitandosi a quelle “sui controlli pubblici di attività private” o “le duplicazioni e le interferenze tra le diverse tipologie di ispezioni”.

PIÙ MERCATO.

Infine la Concorrenza, con il rilancio della legge annuale prevista nel 2009. Questa legge è stata applicata solo nel 2017, ministro promotore Carlo Calenda, e si è caratterizzata sia per limitazioni allo strapotere di società tendenzialmente in monopolio – si pensi alle compagnie di assicurazione – sia soprattutto alla facilitazione per l’ingresso di privati nel comparto dei servizi pubblici (poste, trasporti, energia). Pensando, ovviamente, che più privato – i servizi come i trasporti locali –, sia la soluzione al malfunzionamento del pubblico.

E così il Pnrr prevede che “al fine di favorire la rimozione di molte barriere all’entrata dei mercati” bisognerà superare “alcuni ostacoli regolatori al libero svolgimento di attività economiche”. In particolare in materia di “servizi idroelettrici” di “distribuzione del gas” e “vendita di energia elettrica” o di “concessioni autostradali”. In materia di servizi pubblici locali, ancora, occorre “imporre all’amministrazione una motivazione anticipata e rafforzata che dia conto delle ragioni del mancato ricorso al mercato” e spiegare perché si è scelto l’in-housee l’autoproduzione. È il pubblico che deve dimostrare che ‘pubblico è meglio’, altrimenti si ricorre al privato. La filosofia di questo Piano sembra essere questa.

I punti cardini

1. Tempi più snelli. Si riforma per fare tutto più velocemente: la riforma della giustizia per i processi, quella della Pa per somministrare una cura choc ad anni di invecchiamento della forza lavoro, anche con chiamate dirette emergenziali

2. Appalti più facili. Semplificare al massimo gli interventi, per spendere più velocemente. Un decreto ad hoc stabilirà gli interventi più urgenti: si mette mano a tutto, dalle verifiche antimafia alla Valutazione di Impatto Ambientale

3. Concorrenza. Si rilancia sulla legge apposita, di fondo c’è l’idea che il privato risolva il malfunzionamento del pubblico. E quindi rimozione delle “barriere all’entrata“ e di “ostacoli regolatori al libero svolgimento di attività economiche”.

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