mercoledì 28 aprile 2021

Governo Draghi, Recovery Plan: PNRR, il ritorno del vincolo esterno

 


da: https://phastidio.net/

Si approssima la Grande Epifania: il PNRR, detto Recovery Plan, non è un pasto gratis ma l'ultimo tentativo di far rientrare la devianza italiana in Europa

A leggere i quotidiani italiani, la mattina di sabato scorso, pareva fosse accaduto qualcosa di molto grave alla nostra sovranità nazionale; mancavano tuttavia dettagli, quasi fossero stati secretati per proteggere l’innocente popolazione. Col passare delle ore, è apparso chiaro che dovremo fare i conti con un principio che avevamo (avevano) rimosso: il Recovery Plan è basato sul concetto “fare riforme, vedere soldi”. In altri termini, è la prosecuzione del vincolo esterno con altri mezzi.

“Ora basta, rispettateci” è la frase attribuita a Mario Draghi, nel paese che ha una feconda tradizione di virgolettati inventati, pronunciata durante una telefonata con Ursula Von Der Leyen, in prossimità della chiusura del documento sul Programma nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). Narrano le iperboliche cronache di un ministro dell’Economia, Daniele Franco, addirittura “sequestrato” da remoto per mano degli uffici della Commissione Ue, a fornire senza sosta precisazioni e indicazioni sulle agognate “riforme”, propedeutiche al ricevimento dei famosi euro-bonifici.

Non c’è più rispetto, neanche tra di noi

Ma come?, sobbolliva lo sdegno, cosa sono queste condizioni ossessive e pervasive poste alla rinascita del grande paese fondatore della Ue, quello il cui stile di vita il mondo invidia, ricco di tradizioni, arte, cultura, natura, enogastronomia, ambiente, benedetto da una rinascimentale dotazione patrimoniale cumulata nelle generazioni?

Draghi avrebbe ascoltato i rilievi bruxellesi, si narra, e risposto alla gran parte dei medesimi. Ma, oltrepassata una linea rossa di patrio orgoglio, avrebbe detto stop. O meglio, avrebbe messo sul piatto la sua reputazione e il suo capitale politico, per parare l’assillo e l’assedio.

Io non so come siano davvero andate le cose, ovviamente. Ho letto questo virgolettato e altri simili, e ho iniziato a riflettere. Ad esempio, circa il fatto che il PNRR è un aiuto a paesi in difficoltà, ma condizionato. Perché gli aiuti incondizionati di solito si destinano ai paesi poveri tra i poveri, quelli che non riescono a pagare le importazioni se non col dono dei diritti speciali di prelievo del Fondo Monetario Internazionale. Quelli a cui il Club di Parigi condona i debiti, anche dietro pressioni del Vaticano, per motivi di rispetto della umana dignità e per la palese irrecuperabilità di tali crediti.

Fare riforme, vedere bonifici

Il PNRR riguarda, invece, la ristrutturazione dell’economia nella direzione del consenso della comunità dei paesi dell’Unione. Sono certo che, se le cose andranno come temo, sentiremo e leggeremo denunce di ricatto, coartazione a richieste di abiura e genuflessione al “Berlin consensus” spalleggiato dal “Bruxelles consensus“, all’ordoliberismo mercantilista di matrice germanica che sta impoverendo l’Europa. Un bello yawn e proseguiamo.

Vedete, il PNRR è un prodotto molto semplice, nella sua filosofia: prima si fanno le riforme, che di solito sono quelle dal lato dell’offerta, e poi arriva lo stimolo alla domanda. Di solito, invece, noi italiani vediamo il concetto di “riforma” come una erogazione, meglio se corposa e incondizionata, a sostegno della domanda. E meglio ancora se pagata da altri.

Posso anche vaticinare che, se le cose andranno come temo, sentiremo e leggeremo nuove denunce del “pregiudizio europeo” contro l’Italia, nella misura in cui gli esborsi sono legati allo stato di avanzamento dei lavori, soprattutto di quelli delle riforme. Che c’è, non vi fidate di noi italiani, adesso? Come osate? A dirla tutta, la frase sul “pregiudizio” è già stata pronunciata.

Servono davvero, questi oltre duecento miliardi di euro, per scrivere una legge annuale della concorrenza, che esiste da oltre un decennio e sinora ha visto solo una pubblicazione? Ovviamente no, non servono. Così come non servono per scrivere una riforma fiscale decente, nel senso che fornisca incentivi e non disincentivi alla crescita.

Il problema è che in molti, troppi, si sono convinti che questo Recovery Fund fosse una sorta di “riparazione” europea (sic) ai torti storici (?) subiti dal nostro paese. E non invece quello che è: la messa sotto tutela del legislatore italiano, risultato sin qui incapace di far tornare a crescere il paese.

Pensavo fosse una cornucopia invece era un cappio

Il PNRR è un vincolo esterno, che si attiva per manifesta incapacità del paese destinatario netto dei fondi. Non può riguardare sussidi, con buona pace dei molti che pensano il contrario. Esiste un pregiudizio contro l’Italia, in Europa? E perché mai dovrebbe esistere? Forse per i lustri passati a ostentare incapacità di crescere e vittimismo contro oscure forze esterne che ci cingono d’assedio?

Ma la domanda vera è un’altra: ove mai la frase “fidatevi di me” fosse stata pronunciata da Mario Draghi, possiamo trasformarla in “fidatevi di noi”, andando oltre il presidente del consiglio pro tempore? Mi pare che questo sia il punto. Draghi potrà fare il premier ancora per un anno, se avverrà il suo spostamento al Quirinale e se i partiti attueranno un promoveatur ut amoveatur da manuale, sia pure prendendosi il rischio di ricevere bacchettate dal Colle.

Oppure potrà essere premier per massimo un biennio scarso, sino a fine legislatura, ammesso che il semestre bianco che scatterà in estate non causi l’inizio di una chiassosa e vandalica ricreazione da parte dei partiti.

Avere dei finanziamenti che scattano a stato di avanzamento dei lavori può essere una garanzia di adempimento, anche se non assoluta, tale da andare oltre la persona e la figura di Draghi. Tutto dipenderà dal grado di invasività della Commissione nelle nostre cosiddette riforme e dalla resistenza del sistema partitico, disposto a testuggine a difesa delle proprie corporazioni di riferimento.

Vincolo esterno in logica “premiale”

Si tratta comunque di un vincolo esterno, anche se in una logica “premiale” e non punitiva, come fu invece durante la grande crisi finanziaria di un decennio addietro. Qui i soldi arrivano, anziché essere immolati a improbabili e pro-ciclici pareggi di bilancio. Almeno, in astratto. Sentiremo comunque alti lai sugli interventi al sistema pensionistico nel paese più vecchio al mondo, scopriremo la proliferazione di professioni usuranti, sentiremo perorare per l’ennesima volta la fallacia sulla previdenza separata dall’assistenza,

Ascolteremo argomentazioni più sottili per l’ennesima riproposizione dell’altra gettonata fallacia, quella della staffetta generazionale. Del tipo “ecco, vedete? Sono lavoratori logori anche a causa delle nuove competenze, facciamoli smettere di angustiarsi e diamo loro il meritato riposo ché tanto, nella nuova società digitale, questi non saprebbero dove mettersi”.

Verrà quindi il momento delle recriminazioni: il PNRR verrà denunciato come il cavallo di Troia per espugnare il nostro meraviglioso paese e predarlo delle sue inestimabili ricchezze. Sfumerà la leggenda del premier-avvocato del Popolo che andò in Europa a farsi dare tutto quel ben di dio “perché noi italiani valiamo”. Sorgerà quella del premier-banchiere che ha agevolato l’imboscata ai danni del paese.

Sentiremo gridare alla trappola, leggeremo che “allora era meglio non usare i prestiti ma solo i sussidi a fondo perduto” (che tuttavia sono anch’essi condizionati), e cose del genere. Io spero di avere torto, ovviamente. Ma non posso non riflettere circa il fatto che, se un paese necessita di una figura di garanzia dietro a cui i partiti devono allinearsi obtorto collo, dopo aver fallito ripetutamente e miserabilmente, come accade da troppo tempo, è difficile pensare che la “redenzione” sia genuina.

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