mercoledì 19 febbraio 2020

Luca Ricolfi: La società signorile di massa / 12



2. Le dimensioni effettive della povertà in Italia
Lo so, a questo punto qualcuno potrebbe obiettare: sì, i consumi oggi sono più ricchi e opulenti di quelli di ieri, ma i drammi sociali restano, perché povertà, disoccupazione, famiglie che non arrivano alla fine del mese ci sono sempre.
E allora dobbiamo, prima di entrare nella fenomenologia del consumo signorile, cercare di chiarire bene di che cosa si parla quando si usa l’espressione società signorile di massa.
Intanto occorre ricordare la nostra definizione: il concetto di società signorile di massa non riguarda la popolazione residente o presente in Italia nel suo insieme ma solo i cittadini italiani che risiedono sul territorio italiano. Quando diciamo che quella italiana è divenuta una società signorile di massa, stiamo parlando della condizione di coloro che hanno la fortuna (o il privilegio) di avere la cittadinanza italiana. Esattamente come, quando parliamo della democrazia ateniese, ci occupiamo di come vivevano e votavano i suoi cittadini, senza tenere conto della condizione degli schiavi e dei non ateniesi. Ecco perché, nel descrivere la società signorile, abbiamo sottolineato la presenza di un’infrastruttura paraschiavistica, in parte considerevole costituita da immigrati. Senza quella infra-struttura, che genera surplus ed eroga servizi alle famiglie e alle imprese, la comunità dei cittadini italiani non potrebbe essere qualificata come “signorile di massa”.
Qualche numero può contribuire ulteriormente a chiarire di che cosa ci stiamo occupando. Le famiglie che vivono sotto la soglia di povertà assoluta, secondo l’ISTAT, sono 1 milione e 800.000, di cui quasi 600.000 straniere. Questo significa che circa un terzo del fenomeno povertà è dovuto agli stranieri, e che – fra gli stranieri – una famiglia su quattro è povera. Ma quanto incide la povertà sulle famiglie di italiani?
Qui la risposta dell’ISTAT è: la percentuale di famiglie povere è del 7%, ma se consideriamo solo quelle italiane scende al 5.3%. Sarebbero povere, in altre parole, una famiglia su venti. Reciprocamente: quasi il 95% delle famiglie italiane non è povero. Ma è realistica questa valutazione?
Qualche dubbio in proposito lo esprime anche l’ISTAT, che considera “sicuramente povere” un numero un po’ minore di famiglie (il 4.7% anziché il 5.3%). Però siamo sempre lì, intorno al 5%. I veri dubbi, in realtà, vengono dalle prime cifre del reddito di cittadinanza. Sommando tutte le domande accolte, comprese quelle per la pensione di cittadinanza, nei primi quattro mesi dall’entrata in vigore della legge si arriva a quota 895.000, di cui circa 750.000 di famiglie italiane, contro 1 milione e 255.000 famiglie povere stimate dall’ISTAT. È come dire che su cento famiglie censite dall’ISTAT come povere, quelle che hanno fatto domanda sono solo sessanta, poco più di una su due. Perché?
Alcune ragioni sono ovvie: c’è chi preferisce aspettare (ma perché? e fino a quando?); la definizione di povero della legge non è identica a quella dell’ISTAT; alcuni requisiti per accedere al sussidio escludono determinate categorie di cittadini (l’obbligo di avere una residenza esclude i senza tetto). Non sembra inverosimile, tuttavia, che una parte della scarsa adesione sia dovuta al timore dei controlli e delle sanzioni legate alle false dichiarazioni. È possibile, in altre parole, che famiglie che sono risultate povere in base alle rilevazioni dell’ISTAT, non sarebbero risultate tali ove l’ISTAT fosse stata in grado di includere nel reddito familiare anche i proventi in nero.
Se questa spiegazione non è infondata, sembra ragionevole ipotizzare che il numero di famiglie italiane effettivamente povere si collochi in qualche punto intermedio fra la valutazione ISTAT e le adesioni al reddito di cittadinanza pervenute nei primi mesi. 
[..] Nella società signorile di massa, accanto agli strati (maggioritari) che accedono al consumo signorile, coesistono certamente strati che ne sono esclusi: buona parte degli immigrati, i lavoratori dell’infrastruttura paraschiavistica, ma anche quella frazione di italiani che, pur essendo sopra la soglia di povertà assoluta, le sono pericolosamente vicini. Il punto, però, è che comunque si voglia valutare l’ampiezza di questi strati, essi coinvolgono una minoranza delle popolazione residente, e una ancor più esigua minoranza dei cittadini di nazionalità italiana.


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