L'aeroporto, Ciampino, è lo stesso. Ma le
scene sono diverse. Da una parte la propaganda, con due ministri tronfi a
marcarsi a vicenda. Dall'altra la tragedia di cui un uomo solo, Sergio
Mattarella, ha portato il peso.
L’aeroporto è lo stesso, Ciampino. La scena
ben diversa: ad accogliere la bara di Antonio Megalizzi, il giovane giornalista
italiano ucciso nell’attentato ai mercatini di Natale di Strasburgo, un uomo
solo: Sergio Mattarella. Con, molto defilato, il ministro per i Rapporti col
parlamento Riccardo Fraccaro. C’è una foto simbolo del presidente della
Repubblica in piedi vicino al feretro, intorno a lui il vuoto, che dice tutto.
L’opposto di quel che si è visto quasi un mese dopo: stessa location, per dirla
col linguaggio cinematografico (in fondo parliamo di reality fiction), ma due
ministri visibilmente tronfi e una selva di microfoni pronti ad accogliere le
loro dichiarazioni. Da una parte la tragedia di cui un uomo, anche se
quell’uomo rappresenta il Paese, porta il peso. Dall’altra la propaganda.
Ovvio che mettere la faccia quando si
tratta di un lutto è molto più impegnativo. Nella fattispecie, Megalizzi è un
martire della causa europea, era un giovane giornalista entusiasta dell’idea di
un’Europa unita, cosa che sappiamo non essere condivisa dai nostri attuali
governanti. Molto meglio, quando si può, fare passerella in circostanze in cui
lo Stato può esibire la sua forza. Come dimostra l'arrivo in Italia di Battisti,
il criminale più ricercato degli
ultimi anni (con il mafioso Matteo Messina
Denaro, a differenza del quale l’ex militante dei Pac non si nascondeva, anzi
la sua, almeno fin che stava in Brasile, era una ostentata latitanza in
diretta).
BONAFEDE
E SALVINI, LÌ PER MARCARSI A VICENDA
Quello che si è visto a Ciampino ha
scatenato differenti reazioni. Francamente non ho intravisto tutta quella barbarie
dei potenti che si accaniscono, per citare Giuliano Ferrara, «come cani sui
cinghiali». Anzi, la scena non aveva alcuna drammaticità nel suo essere priva
di emozioni: pochi secondi, Battisti sceso dall’aereo circondato dai poliziotti
e senza manette viene fatto salire sulla macchina della polizia che si
allontana. Non è Enzo Tortora che viene strappato da letto, ammanettato ed
esposto al ludibrio delle telecamere opportunamente convocate, né l’esibizione volgarmente
giustizialista di tanti arresti di Tangentopoli. Se mai la cosa più evidente
era che i due ministri, uno nella oramai solita giubba da poliziotto, erano
chiaramente lì per marcarsi a vicenda, per scongiurare il rischio che il
successo della cattura della primula rossa non venisse attribuito in parti
uguali ai due partner di governo.
IL
RISULTATO È UNA GROTTESCA E CINICA ESIBIZIONE
Ma il troppo stroppia, e spesso a spingere
ossessivamente sul pedale della propaganda si ottiene l’effetto contrario: i
due ministri a Ciampino, intenti come Totò e Peppino a rubarsi la battuta, alla
fine hanno assunto i contorni di una grottesca e cinica esibizione. Che non
scandalizza, né indigna più di tanto. Nella quotidiana battaglia social tra
fautori e detrattori dei gialloverdi, i primi maliziosamente si chiedevano se
con Renzi a Palazzo Chigi sarebbe andata diversamente. Propendiamo per il no,
anche se la riprova è impossibile. Quello che inquieta, ma il discorso sarebbe
lungo, è la oramai assoluta dipendenza dei leader politici dal cercare
l’approvazione e il consenso della cosiddetta gente per ogni loro azione. E
questo a prescindere da una gerarchia di eventi e valori. Che sia la cattura di
Battisti, la partitella di calcio tra amici o il piatto di pasta che stanno per
mangiare, a cambiare è la scelta del social su cui esibirsi, non l’attitudine.
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