mercoledì 5 maggio 2021

Perché la pace tra Mediaset e Vivendi riguarda da vicino anche Tim, e il progetto di rete unica con Open Fiber

 


da: https://it.businessinsider.com/ - di Carlotta Scozzari

La pace appena siglata tra Mediaset, la controllante Fininvest della famiglia Berlusconi e la Vivendi di Vincent Bolloré, dopo cinque anni di battaglie senza esclusione di colpi, avrà effetti a cascata anche su Tim.

Tanto per incominciare, perché primo azionista della società telefonica ex monopolista è lo stesso gruppo dei media francese, con una partecipazione del 23,75%, seguito dalla Cassa depositi e prestiti (Cdp) con il suo 9,81 per cento. Ed è proprio Tim che, tramite un’unione di intenti con Open Fiber, dovrebbe dare vita a quel progetto di rete unica italiana per la banda larga annunciato la scorsa estate dall’ex governo Conte e che dovrebbe essere almeno in parte rivisto dall’attuale esecutivo Draghi e dal ministro per la Transizione digitale, Vittorio Colao.

E qui si arriva a un primo punto importante della questione, perché soltanto lo scorso settembre, Mediaset, commentando la sentenza della Corte di giustizia europea, aveva dichiarato: “Se, al contrario di quanto prevede oggi la legge italiana, si aprissero possibilità di convergenza tra i leader delle telecomunicazioni e dell’editoria televisiva, Mediaset, che in tutti questi anni è stata vincolata e penalizzata dal divieto, valuterà con il massimo interesse ogni nuova opportunità in materia di business tlc già a partire dai recenti sviluppi di sistema sulla rete unica nazionale in fibra”. Un interesse esplicitato in modo chiaro che, tuttavia,

non sembra riguardare tanto la possibilità di una operazione con Tim quanto piuttosto l’eventualità di una partecipazione, da parte della società guidata da Pier Silvio Berlusconi e legge italiana permettendo, a una società della fibra indipendente che garantisca lo stesso trattamento a tutti gli operatori.

Soltanto che, a seguito della lettera di intenti firmata con Cdp l’estate scorsa, Tim aveva fatto sapere che sarebbe stata in maggioranza, vale a dire almeno al 50,1%, nella nuova società nazionale per portare la banda larga in tutto il territorio italiano. Proprio il fatto che il gruppo guidato da Luigi Gubitosi potesse avere il controllo, negli ultimi mesi, ha alimentato le critiche e le lamentele degli altri operatori telefonici. E non solo le loro, perché hanno manifestato perplessità a riguardo sia il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, sia lo stesso Colao, che ha fatto sapere che tra i princìpi che sta seguendo per la digitalizzazione del Paese c’è quello di “mantenere la concorrenza, garantire che non si creino posizioni dominanti e che i cittadini possano continuare a scegliere”.

Per questo motivo, si pensa che il progetto dell’ex governo Conte sulla banda larga possa andare incontro a tutta una serie di mutamenti. Sono stati ipotizzati, così, consorzi a partecipazione allargata a tutti gli operatori, specialmente per cablare le aree grigie (a metà tra quelle bianche a fallimento di mercato e quelle nere), ma anche una rete nazionale unica ristretta, dove possa confluire la sola infrastruttura secondaria di Tim in rame e in fibra, quella cioè che va dagli armadi fino alle abitazioni.

Intanto, sulla società telefonica guidata da Gubitosi sono tornati i riflettori dopo l’annuncio ufficiale della cessione del 50% di Open Fiber da Enel per il 40% al fondo Macquarie e per il 10% a Cdp. “Crediamo si tratti di una cosa positiva, l’interlocuzione sulla rete unica a questo punto sarà più semplice. Quanto avvenuto nelle scorse ore semplifica il quadro, ora c’è un unico interlocutore con cui c’è un buon dialogo” ha dichiarato fiducioso l’ad di Tim Gubitosi, che quindi resta ancora concentrato sul progetto di rete unica, al momento in stallo anche perché si è in attesa, a giorni, di capire se il governo Draghi, e in particolare il ministero dell’Economia guidato da Daniele Franco, confermeranno o meno gli attuali vertici della Cdp, a cominciare dall’ad Fabrizio Palermo e dal presidente Giovanni Gorno Tempini.

Se Gubitosi, rinnovo dei vertici di Cdp permettendo, ha interpretato l’uscita di Enel da Open Fiber come un elemento che potrebbe accelerare il progetto di rete unica, l’ad del gruppo dell’energia ha invece frenato e smorzato gli entusiasmi. Il numero uno di Enel, Francesco Starace, in una intervista al Sole 24 ore, come evidenziato dagli analisti di Equita sim nella nota del 4 maggio, ha segnalato, tra le altre cose, tempi piuttosto lunghi per chiudere l’operazione su Open Fiber, ma anche che i fondi che il nuovo governo stanzierà per la digitalizzazione saranno più facilmente erogabili in una gara competitiva tra operatori. “Su questo ultimo punto – notano da Equita – ci sembra esistere ancora un forte dibattito politico tra l’ipotesi di gare competitive o di consorzi tra operatori. La prima ipotesi renderebbe probabilmente più difficile l’aggregazione tra Tim e Open Fiber. Starace parla infatti di un progetto che avrebbe forse più senso tra tre-cinque anni, ossia al termine del progetto di cablaggio del Paese”. Certo è che, ora che ha conquistato i diritti calcistici della serie A in partnership con Dazn, Tim ha più che mai interesse che tutti gli italiani possano contare su connessioni a internet ultra veloci.

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