lunedì 31 maggio 2021

Dario Scannapieco, un "ufficiale di collegamento" per il Recovery

 


da: https://www.huffingtonpost.it/ - di Alberto Quadrio Curzio

Draghi lo ha scelto in Cdp per la sua credibilità nel dialogo in Europa e nel connettere investimenti pubblici e privati, determinanti per il piano italiano

Gli accadimenti europei ed italiani recenti danno un segno importante: i progressi nell’Ue e nel nostro Paese per reagire alla drammatica crisi da pandemia, ma anche per rilanciare uno sviluppo sostenibile, si stanno concretizzando. Per capirlo non bisogna guardare singoli episodi, ma allungare lo sguardo alla traiettoria, pur nella consapevolezza che la stessa non sarà priva di ostacoli. Il Piano europeo per la Ripresa ha avuto il via libera da tutti gli Stati Ue per entrare nella “fase due” con le garanzie che consentono di emettere dal primo giugno Eurobond. Adesso inizia la verifica dei Piani Nazionali che sono stati presentati da tutti gli Stati salvo quattro in ritardo. Il Piano italiano era arrivato puntuale sorprendendo i diffidenti. In Italia ci sono novità di rilevanza europea sia sistemiche per l’attuazione del Piano, sia settoriali per la nomina alla Cassa Depositi e Prestiti.

Il Piano Nazionale: “Italia domani”

Il passaggio alla “fase due” del Piano Europeo spiazza sia le valutazioni antagonizzanti di “sovranisti” italiani, sia quelle arroganti di Stati “frugalisti”. Due visioni opposte, ma entrambe dannose. Per i primi l’Ue non ci avrebbe sostenuto a meno di poter ledere la nostra sovranità

con “controlli arbitrari”. Per i secondi l’Italia non era affidabile e quindi troppo rischiosa per ricevere grandi fondi europei. Per ora queste opposte, ma egualmente dannose, posizioni si sono sedate per varie ragioni.

La prima è che il Governo Draghi è nato come esecutivo italo-europeo non-partitico, rispondendo all’appello del Presidente Mattarella. È l’impronta repubblicana che orienta l’opera di Draghi e che solo alcuni gruppi di interesse non hanno ancora capito.

La seconda è che il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (sottotitolato significativamente “Italia Domani”) non solo è arrivato alla Commissione europea entro la scadenza del 30 aprile ma sembra sia uno dei meglio costruiti. È bene ricordare, anche se può apparire banale, che il Piano è corredato anche da undici “documenti aggiuntivi” e da molti altri “documenti di dettaglio” che entrano con precisione nelle entità di spesa, nei tempi e nelle procedure di esecuzione. Si dice che questa elaborazione abbia impressionato la Commissione. Si vedrà se ciò sarà confermato dalle verifiche dei due prossimi mesi e oltre, perché i controlli saranno continui ma non potranno essere “arbitrari”.

Una declinazione sistemica: legittimazione, competenza, efficienza

Infatti l’impostazione italiana in questo percorso che arriva al 2026 è di avere una rapporto “forte o alla pari, ma non di contrapposizione“ tra il nostro Governo e la Commissione per usare al meglio i circa 200 miliardi che riceveremo dalla Ue. Sembra che questa impostazione stia entrando anche nella consapevolezza di molti ceti politici al Centro e nelle Regioni che stanno “approvando” le modalità esecutive del Piano (governance, semplificazioni, poteri sostitutivi, ecc). Forse questo è dovuto alla presa d’atto che l’elaborazione “tecnica” del nostro Piano, sulla base delle decisioni politico-istituzionali, ha dimostrato una professionalità e una competenza che regge il confronto con la tecnocrazia europea, che è multinazionale e assai qualificata. È molto importante perché i fondi arriveranno sulla base dei risultati sugli stadi di avanzamento attuati in base al Piano.

Dunque chi governerà in Italia il Piano, attuando anche le riforme che sono specificate per ciascuna delle sei Missioni di investimento, dovrà avere non solo la legittimazione per farlo, ma anche la competenza per dialogare con la Commissione europea. L’Italia è il maggiore beneficiario delle risorse del Piano europeo. Se non riusciamo a usarle al meglio, anche il danno che ne deriverebbe alla Ue e all’Eurozona sarebbe gravissimo. 

Una declinazione settoriale: la Cassa Depositi e Prestiti

A questa impostazione risponde anche la nomina di Dario Scannapieco ad amministratore delegato della Cassa depositi e Prestiti. Le sue credenziali europee sono quelle di chi ha ricoperto per 15 anni il ruolo vice-presidente della Bei e per 9 anni in contemporanea anche quello di presidente del Fei, che sono le due principali istituzioni controllate dagli Stati Ue per il finanziamento dei settori pubblico e privato in tutti i Paesi della Ue. La sua “filosofia” è quella dell’intervento pubblico non come sostituto di quello privato, ma come complementare e facilitatore, secondo i principi della sussidiarietà e del partenariato pubblico-privato tipici delle migliori stagioni dello sviluppo europeo e del nostro Paese, che sono ben diverse dallo statalismo o del mercatismo.

La Cdp avrà un ruolo importante nel Piano italiano sia perché detiene partecipazioni di controllo in grandi imprese in settori ad alta intensità tecno-scientifica, sia per canalizzare i finanziamenti alle opere pubbliche mobilitando anche le risorse private. Scannapieco ha anche avuto un ruolo importante in Bei in relazione al Piano Juncker 2014-2019 per il rilancio investimenti in Europa che usando fondi e garanzie pubbliche limitate ha avuto grandi effetti moltiplicativi. Confidiamo che in una visione europea sappia sia rafforzare le nostre presenze industriali tecno-scientifiche sia contribuire al dualismo italiano tra Nord e Sud-

Una conclusione: Draghi, Schauble, von der Leyen

Questi casi dimostrano come il Presidente Draghi e il Governo sanno che il nesso tra Italia ed Europa e quello pubblico-privato sono cruciali non solo negli enunciati ma anche nelle realizzazioni. Draghi serve adesso sia alla Ue che all’Italia che si sviluppano o si fermano insieme. Più precisamente Draghi serve anche all’Europa perché la Presidente von der Leyen ha in lui una sponda di sicurezza nel passaggio di due elezioni “pesanti”. Quella francese e quella tedesca con l’uscita di Angela Merkel. Il ritorno alla “dottrina Schauble” ,di cui ho parlato di recente, danneggerebbe irrimediabilmente quel futuro che von der Leyen vuole costruire,con visione e coraggio.

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