martedì 25 maggio 2021

La “cattura” dei media Ue: “Deve indagare l’Antitrust”

 


da: Il Fatto Quotidiano – di Nicola Borzi

Più gli editori sono indebitati, più sono vulnerabili rispetto alle banche creditrici. Sinora mancava una dimostrazione scientifica. Ora la conferma arriva dallo studio La cattura dei media da parte delle banche pubblicato il 7 settembre scorso da Ruben Durante e Andrea Fabiani dell’Università Fabra di Barcellona e José Luis Peydró dell'Imperial College di Londra e del Centro europeo di ricerca economica (Cepr).

La ricerca ha mappato i prestiti delle banche ai principali quotidiani di diversi Paesi europei e verificato la distorsione dei contenuti a favore dei creditori su due temi: le notizie date da 20 giornali sui bilanci di 37 banche (tra le quali le italiane UniCredit, Mps, Bpm e Ubi) e la copertura offerta da 24 testate, tra cui Corriere della Sera e Repubblica, sulla crisi del 2011 dei conti pubblici in Italia, Spagna, Portogallo, Grecia e Irlanda.

L'indagine dimostra che la “sensibilità” degli editori agli interessi dei creditori cresce di pari passo con i loro debiti, ma anche che i giornali indebitati con banche più esposte sui titoli di Stato hanno raccontato la crisi del debito sovrano del 2011 in modo da privilegiare soluzioni che riducessero i rischi di perdite per i loro finanziatori. Questa distorsione ha riguardato non solo i giornali italiani o greci, ma anche francesi e tedeschi, perché le loro banche di riferimento avevano in pancia i titoli di Atene. “I nostri risultati forniscono la prima prova sistematica che i collegamenti tra editori e banche

hanno un effetto sulle notizie e minacciano l’indipendenza editoriale sulle questioni finanziarie. I legami tra banche e media non influenzano solo il modo in cui i giornali riportano fatti specifici dell’istituto creditore ma possono impattare anche sul dibattito politico”, scrive Durante. Il professore è noto dal 2019, quando sull’American Economic Review una sua ricerca dimostrò quanto le trasmissioni Mediaset hanno influenzato nei decenni il voto degli italiani. L’analisi è nel solco di quella sui rapporti tra giornali italiani e banche creditrici pubblicata a maggio 2016 su ProMarket da Luigi Zingales, professore alla Booth School of Business dell’Università di Chicago.

Per misurare il mutamento di interpretazione delle notizie a favore delle banche, Zingales esaminò il modo in cui la stampa aveva raccontato il decreto del governo Renzi sulle banche popolari e gli interventi del Fondo Atlante sugli istituti di credito. L’analisi mise in relazione la posizione delle diverse testate e il livello dei debiti bancari delle società editrici.

Zingales spiegò che lo spin poteva derivare dalla “cattura delle fonti” dei giornalisti e dalla scelta di commentatori graditi e allineati “dietro pressione implicita o esplicita delle banche”. L’economista scrisse che c’erano “prove circostanziali del fatto che i giornali italiani sono catturati dalle banche sufficienti a chiedere un’indagine Antitrust”.

A cinque anni di distanza da quello studio, Zingales ritiene che “occorrerebbe controllare che tipo di informazione viene o non viene riportata e quale influenza le banche hanno nel sostegno politico dei giornali ai governi. C’è chi si chiede se questo sia un tema Antitrust. Una recente decisione dell’Authority britannica su Sky News mostra che la diversità delle fonti d’informazione della pubblica opinione è un valore che dev'essere preservato dall’Authority stessa.

Il problema dunque emerge se tutti i giornali finiscono per essere influenzati da poche fonti. Lo studio di Durante, Fabiani e Peydró dà un’evidenza scientifica del problema del rapporto tra banche creditrici ed editori debitori: alla luce di questa ricerca, a mio avviso, ci sono gli estremi perché l’Antitrust avvii una indagine”. “Da questa indagine”, continua l’economista, “potrebbero nascere due tipi di intervento regolatorio. Il primo potrebbe riguardare forme di attenzione ai rapporti tra la direzione dei giornali e gli editori. Il secondo potrebbe introdurre limiti alle quote del mercato di finanziamento ai giornali da parte dei singoli gruppi creditizi, come quelli oggi previsti nelle fusioni e concentrazioni. Poiché le banche hanno questa forza di condizionamento sull’informazione, si potrebbe introdurre un tetto massimo ai finanziamenti erogati da una singola banca a un editore, specialmente se questo dipende fortemente dal credito perché è in crisi.

In fin dei conti, è paradossalmente lo stesso tipo di tetto già in vigore sulla proprietà delle imprese editoriali, perché di fatto quando un’impresa è altamente indebitata il finanziatore ne diviene quasi l’azionista di riferimento”, conclude Zingales.

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