domenica 16 maggio 2021

Governo Draghi, Recovery Plan (PNRR): Poche strategie, tanto piccolo cabotaggio

 


da: Il Fatto Quotidiano – di Carlo Di Foggia

Il forum D&d bocca il Piano: senza "visione" perchè non ce l'ha nemmeno la politica

Affidare la stesura del Recovery plan a una burocrazia di piccolo cabotaggio, italiana o europea che sia, produce un piano di piccolo cabotaggio. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) consegnato a Bruxelles non è stato costruito con il Parlamento, nemmeno nella versione finale, né ha visto coinvolte associazioni e portatori di interessi della società civile. Resta un prodotto sostanzialmente “ministeriale”. Per questo leggere rapporti come quello pubblicato ieri dal Forum Disuguaglianze, che raccoglie decine di associazioni, guidato dall’ex ministro Fabrizio Barca aiuta a comprenderne limiti e potenzialità.

Il dossier di fatto boccia il piano che disegna la politica economica e sociale del Paese per i prossimi anni: 190 miliardi e dispari, 6 missioni, 16 componenti, 70 riforme. Il tutto senza un’idea di cambiamento della società. L’esempio più eclatante è che non viene disegnato un welfare migliore: resta quello costruito nell’idea reazionaria di “aiutare i perdenti della competizione”, non evitare che il gioco sia truccato. Se va bene si recupera il gap economico e si torna alla “normalità” di prima.

Il dossier conferma i limiti del piano del governo Conte. Promuove a pieno solo due modifiche fatte da quello Draghi: il miglioramento nelle ambizioni di recuperare il deficit della P.A. e dei servizi per anziani non autosufficienti (con risorse salite a 3 miliardi). 

Restano molti punti negativi e diversi peggioramenti. Nel complesso, spiegano gli esperti del

Forum, il piano è “opaco” nei risultati attesi, non ha un sistema di vera valutazione degli obiettivi e il meccanismo di monitoraggio e raccolta dei dati (“ReGis”, in uso alla Ragioneria) non è aperto al pubblico. 

La riforma della concorrenza auspica nei servizi pubblici un “pericoloso” obbligo a motivare il mancato ricorso al mercato, come fosse sinonimo di efficienza, senza promuovere forme di autogoverno nelle comunità; quella fiscale invece è sprovvista di ambizione, limitandosi a una sistemazione dell’Irpef “preservando la progressività”, che invece è assente e andrebbe potenziata (se a farla sarà questa legislatura sarà un’occasione persa). 

E ancora: la transizione digitale è costruita come se la digitalizzazione fosse un obiettivo in sé e non il miglioramento ultimo dei servizi (promosso invece il taglio del cashback), quella ecologica non è ambiziosa, non spiega quale sia il tasso “green” dei singoli progetti ed è modesta nelle ambizioni. Perfino gli obiettivi sul clima sono inferiori a quelli europei (51% di riduzione di Co2 al 2030, contro il 55% Ue) mentre i fondi per l’efficienza energetica vengono dimezzati (da 30 a 15 miliardi), specie per l’edilizia pubblica, né è previsto un meccanismo per evitare che il Superbonus finisca soprattutto ai più ricchi. 

La parte “ricerca” non ha una visione strategica ma è soprattutto quella sull’occupazione a deludere: “L’attenzione alla qualità del lavoro e dei posti di lavoro è pressoché inesistente”, spiega il dossier, “è uno dei segnali gravi di un piano che non riesce a uscire dalla cultura perdente dell’ultimo trentennio”. Ignora, per dire, la sicurezza sul lavoro e la povertà lavorativa.

L’elenco dei difetti è lungo e per questo, spiegano dal Forum, senza modifiche in corsa il Pnrr “resterà un’occasione storica mancata di cambiamento”. Le speranze sono poche, non a caso quelle maggiori sono riservate quantomeno a rendere davvero trasparente il monitoraggio. Magra consolazione.

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