venerdì 28 maggio 2021

Cdp e Ferrovie, si cambia: un altro schiaffo ai 5Stelle

 


da: Il Fatto Quotidiano – di Carlo di Foggia

Parafrasando un grande autore, tutti i partiti prendono schiaffi, ma qualcuno ne prende più di altri. L’assaggio di nomine, il più pesante, che apre il valzer nelle grandi partecipate pubbliche (500 i posti tra cda, collegi sindacali etc.) chiude anche nelle poltrone di Stato la breve stagione gialloverde.

Cambiano i vertici di Cassa Depositi e Prestiti e pure delle Ferrovie, i due pezzi da novanta. Via Fabrizio Palermo e Gianfranco Battisti, manager scelti nel 2018 dal governo Lega-M5S e, nello specifico (e forse non è un caso), in quota 5Stelle. Furono i primi atti di un cambio della guardia interrotto dal Papeete.

Nessuna trattativa, nessun manuale Cencelli. La decisione è stata presa dall’azionista, il ministero del’Economia, cioè dal ministro Daniele Franco e da Mario Draghi. Partiti sentiti, ma non accontentati. Le nomine sono state un affare del premier. Alle forze di maggioranza potrebbe essere riservato l’umiliante osso dei posti in cda (in quello delle Fs non spiccano particolari affiliazioni, però) e, forse, il vertice della Rai e di qualche partecipata minore.

In Cdp si chiude la parentesi di Palermo. E qui il cambiamento assume i contorni di una rivalsa. Nel 2018 era il direttore finanziario della Cassa, il candidato meno blasonato, molto

meno del vicepresidente Dario Scannapieco, alto dirigente al Tesoro ai tempi in cui Draghi era direttore generale e con lui in ottimi rapporti. Era il nome designato dal ministro Giovanni Tria, gradito al Pd e probabilmente anche a Conte, ma gli uomini di Luigi Di Maio, con l’ok di Matteo Salvini, imposero Palermo al posto di Scannapieco. Che adesso ne prenderà il posto. Il presidente, che spetta alle Fondazioni azioniste resta Giovanni Gorno Tempini, cooptato a fine 2019.

Nelle Ferrovie anche Battisti lascia dopo soli tre anni. Fu nominato a luglio 2018, quando con un blitz l’allora ministro dei Trasporti Danilo Toninelli fece decadere l’intero cda e il renzianissimo ad, Renato Mazzoncini, colpito da un rinvio a giudizio per truffa che aveva fatto scattare la clausola etica nello statuto, che il consiglio goffamente aveva cercato di aggirare con un parere legale. Il nome di Battisti, manager interno, arrivò a sorpresa, frutto del tentativo di chiudere la stagione renziana nelle Fs, in continuità con quella del padre padrone Mauro Moretti. Al suo posto arriva Luigi Ferraris, manager cresciuto in Enel, dove entrò nel 1999 fino a diventare Cfo (direttore finanziario) nel 2009, carica che ha poi assunto in Poste nel 2015. Manager non sgradito al Pd, nel 2017 Gentiloni lo nominò alla guida di Terna, la società della rete elettrica, carica non rinnovata dal Conte 2, che gli preferì (in quota 5Stelle) l’ad di Acea Stefano Donnarumma. Una mossa, si racconta, che la tecnostruttura del Tesoro ha vissuto come un affronto, oggi sanato con la designazione nelle Fs. Alla presidenza, Gianluigi Castelli (quota Lega) lascia il posto a Nicoletta Giadrossi, già nel cda di Fincantieri.

Come accade nei migliori blitz partitocratici, nemmeno il governo Draghi si prende la sbriga di motivare queste nomine. Il risultato non conta. “È stata scelta la discontinuità” è stata la frase comunicata ai diretti interessati (ieri è toccato alle Fs, oggi c’è l’assemblea di Cdp). Scannapieco, una vita da dirigente pubblico, è un profilo che disegna un ruolo, per così dire, più tradizionale della Cassa, nata per fornire liquidità agli enti locali e diventata negli anni, a partire dalla stagione renziana, un conglomerato di partecipazioni – dall’agroalimentare agli alberghi di lusso – in cui è difficile intravedere una strategia industriale (solo di recente si sono aggiunte il gestore di Borse Euronext, che avrà in pancia anche Piazza Affari, poi Tim, Open Fiber e a breve anche Autostrade dopo l’uscita di Atlantia).

Ferraris è un manager finanziario a digiuno di ferrovie (che saranno il principale destinatario dei fondi del Recovery per 40 miliardi) e con qualche potenziale di conflitto d’interessi, visto che siede nel cda di Psc, colosso delle costruzioni e grande fornitore proprio di Fs. Deve la sua nomina a un atto di imposizione del Tesoro e al suo legame con Paolo Scaroni, oggi presidente del Milan ed ex Eni e Enel, assai legato e ascoltato da Mario Draghi. Forse anche per questo dato fino all’ultimo in pole per il ruolo di presidente, nomina che avrebbe avuto qualche difficoltà visto che nel ’96 patteggiò 16 mesi per tangenti.

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