lunedì 24 maggio 2021

Måneskin, Ernesto Assante: Quei ragazzi che vogliono il loro posto nel mondo

 


da: la Repubblica

Proviamo a metterla così: forse Zitti e buoni dei Måneskin non è The Times They Are a-Changin’ di Bob Dylan e non passerà alla storia ma non badare a quello che la canzone vuol dire (il testo, il suono, l’atteggiamento della band, la presenza in scena) non sarebbe saggio. Sta accadendo qualcosa nel nostro Paese, non succedeva da una trentina d’anni, forse di più.

Accade che  una generazione nuova, ragazzi tra i quindici e i trent’anni, reclama il suo posto e non vuole che il mondo sia quello che noi gli stiamo consegnando, e ce lo dice attraverso le canzoni. È una richiesta politica? Non necessariamente. È di più: una richiesta vitale. A ben guardare non è nemmeno una richiesta, ma un’affermazione della quale dovremo prendere atto.

Sabato sera i giovani di tre quarti d’Europa hanno votato i Måneskin, una band che non è fatta di brave ragazze e ragazzi in giacca e cravatta che ballano bene e si esprimono in maniera cortese ma quattro ventenni sboccati e truccati, che si baciano sulla bocca senza badare al sesso, portano i tacchi e non vogliono più stare “zitti e buoni”. Promuovono inclusione e comprensione, predicano la libertà e l’amore, non badano ai soldi ma alla felicità, vogliono combattere per il proprio diritto ad essere vivi. Roba vecchia? No, nuovissima, perché caricata dell’energia di quattro ventenni che vengono da un Paese, il nostro, in cui l’età media è di 45 anni e ci sono cinque anziani per ogni bambino. Un Paese in cui si parla quotidianamente, ossessivamente, di precariato e non di start-up, in cui i giovani

rappresentano spesso un problema e non una risorsa. Lo dicono le canzoni, che l’Italia dei ragazzi è già adesso diversa: lo dicono quelli della trap in maniera eccessiva quanto elementare, quelli del rap spesso con violenza e volgarità, lo dicono i giovani cantautori che raccontano di amori liberi, aperti, incontenibili nelle categorie tradizionali.

I Måneskin hanno portato al trionfo all’Eurovision Song Contest la “Next Gen Eu”, la prossima generazione, quella che potrebbe creare un’Europa migliore, più unita, più solida, più inclusiva, più democratica. È solo rock’n’roll? Forse. Se vi fa piacere continuate a pensare che sia così. E continuate a non dare ascolto ai ragazzi.

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