da: Il Fatto Quotidiano
Lanciata
nel novembre 2016, la gara voluta dalla Protezione civile aveva l'obiettivo di
reperire in tutta fretta i container per far fronte alla fase invernale della
crisi post-terremoto in Centro Italia. Ma una serie di complicazioni e di
errori di valutazione ha generato invece la rabbia dei sindaci e i ritardi
nella realizzazione dei moduli abitativi, che in questi giorni cominciano ad
essere assegnati agli sfollati per sorteggio
di Valerio
Valentini
Una gara d’appalto preventiva viziata da un
errore di valutazione dei vertici della Protezione civile. E una serie di
sgangherati tentativi di recuperare a quell’errore, senza mai riuscire a
trovare il bandolo della matassa. Ecco cosa c’è alla base di molte delle
difficoltà che stanno caratterizzando l’emergenza post-terremoto nell’Italia
centrale. Dove i moduli abitativi temporanei vengono consegnati a ritmi
ridotti, e i sindaci si vedono costretti ad assegnare le casette ricorrendo al
sorteggio. Dov’è l’errore? Nell’aver pianificato a priori, nel 2014, una
strategia d’intervento che non prevedeva in alcun modo il ricorso ai container.
Solo dopo i terremoti del 24 agosto e del 30 ottobre scorsi ci si accorge che
quei container servono. Allora si indicono nuove gare d’appalto, ma lo si fa in
fretta, e lo si fa male. Col risultato che le spese aumentano, la macchina
dell’emergenza s’ingolfa, tanto che – scriveva Libero – al 18 gennaio mancavano
ancora 1300 posti nei container. E gli sfollati devono rassegnarsi a sperare
nella buona sorte per poter ricevere le chiavi della loro casetta.
La gara preventiva: solo casette, niente
container. “Non si prevedeva di dovervi ricorrere” – Tutto inizia nell’aprile
del 2014, quando la Protezione civile decide di aprire un bando (un “Accordo
quadro”, tecnicamente) per “la fornitura, il trasporto ed il montaggio di
soluzioni abitative in emergenza e i servizi a esse connessi”. Non c’è stato
alcun sisma grave, nelle settimane precedenti, ma l’allora capo dipartimento, Franco
Gabrielli, sceglie di lanciare una gara preventiva. Meglio indire simili bandi
in tempo di quiete, così da farsi trovare pronti nel momento della tragedia:
questo era il ragionamento alla base della procedura. Che viene gestita, come
da prassi, dalla Consip (la centrale d’acquisti che fa capo al ministero
dell’Economia).
La gara si chiude oltre un anno dopo, il 5
agosto 2015, e ad aggiudicarsela è il Consorzio nazionale dei servizi (Cns) di
Bologna, iscritto alla Legacoop: spetterà al Cns costruire le casette per gli
sfollati (le cosiddette Sae: Soluzioni abitative emergenziali) in caso di calamità
nei successivi 6 anni. La gara non prevede in alcun modo, però, la
realizzazione di container o strutture utili a superare i primi mesi di crisi
post-sisma. Una leggerezza o un errore nella pianificazione dell’emergenza?
Secondo i tecnici della Consip che hanno seguito quei dossier, “il punto è che
all’epoca non si prevedeva che, nella gestione delle future crisi, si sarebbe
deciso di puntare sui container”.
La Protezione civile era invece convinta
che, dopo la fase iniziale delle tende, si passasse direttamente alle Sae. “Del
resto Gabrielli era stato Prefetto all’Aquila durante l’emergenza post-sisma
del 2009. E lì il modello imposto da Berlusconi e Bertolaso era stato quello
delle new town: dopo le tende, subito le case di legno, senza il periodo intermedio
nei container”. Così invece non è stato nel caso del terremoto che ha colpito
il Centro Italia: “Evidentemente il governo ha ritenuto opportuno montare i
container per superare l’inverno. Però nel 2014 non si poteva immaginare che la
tragedia si sarebbe verificata in un territorio di montagna e a ridosso dei
mesi più freddi dell’anno”. Ma allora che senso ha fare un bando preventivo che
non tenga conto di tutti i possibili scenari? In Consip si giustificano così:
“Questo non dovete chiederlo a noi. Qui ci siamo limitati a gestire le
procedure seguendo le direttive che ci dava la Protezione civile. Certo è che
nel 2014 l’impiego dei container non veniva visto con favore da nessuno. Questa
è stata una scelta adottata dal governo Renzi”.
Il pasticciaccio dell’appalto per i
container. Necessarie 3 edizioni della stessa gara, una va deserta – Il
governo e i container, dunque. E di nuovo gare d’appalto pensate male e gestite
peggio. È l’11 novembre del 2016 quando il Consiglio dei ministri, presieduto
da Matteo Renzi, licenzia il decreto legge sulle procedure d’emergenza da
adottare nel Centro Italia. Il giorno seguente, ecco la pubblicazione del bando
(“Procedura negoziata d’urgenza”) da parte di Consip. Obiettivo? La “fornitura
di beni e servizi connessi, finalizzati all’allestimento delle aree di
accoglienza”. Il bando prevede tre lotti (tre diverse forniture): uno dei quali
riguarda proprio il “noleggio di container abitativi provvisori e servizi
connessi”. Base d’asta fissata a 80 milioni di euro. La gara si chiude il 17
novembre e la vincono 6 diverse ditte: dovranno consegnare 758 container entro
un mese.
Ci si accorge subito, però, che questa
fornitura è insufficiente a soddisfare le richieste crescenti dei Comuni del
cratere, anche perché le scosse continuano e le perizie che sanciscono
l’inagibilità delle case si moltiplicano.
Si decide di fare un secondo bando, per
cercare sul mercato nuovi container. La gara (base d’asta di 20 milioni per i
container) si apre il 20 novembre e si conclude 5 giorni dopo in modo
clamoroso: deserta. Nessuna ditta ha risposto alla chiamata. Spiega un tecnico
della Consip che ha seguito la procedura: “Dopo la prima gara abbiamo pensato
di modificare i requisiti dei container, passando da un’altezza di 2 metri e 70
centimetri a quella di 2 metri e mezzo”. Perché? “Ci sembrava, da alcuni
sondaggi che avevamo svolto durante la prima gara, di poter avere maggiori
riscontri sul mercato”. E menomale: visto che la procedura si conclude in un
nulla di fatto.
Risultato? Si deve passare ad una terza
gara. Una terza “procedura negoziata d’urgenza” in cui si mantengono gli stessi
requisiti sulle misure standard (2 metri e mezzo d’altezza) ma si alza la base
d’asta: da 20 a 36 milioni. “Era inevitabile – spiegano in Consip – visto che
molte imprese avevano disertato il secondo bando proprio temendo scarsi
guadagni. Parecchie ditte del settore, inoltre, avevano quel tipo di container
depositati all’estero, e dunque i costi di trasporto erano notevoli”. Sarà, ma
forse anche la modalità della procedura ha favorito il lievitare della base
d’asta. Lo riconoscono anche i tecnici della Consip: “Ovvio, indire una gara
subito dopo il terremoto invoglia gli imprenditori ad aumentare le loro
pretese, consapevoli che in tempi di emergenza i costi di mercato si alzano”.
Dai ritardi nella consegna a quelli
per la realizzazione delle casette – Ma a questo punto i ritardi si accumulano.
Perché il rallentamento nell’installazione dei container si ripercuote anche
nella costruzione delle Sae, le casette d’emergenza a più lunga durata. I
sindaci dei Comuni colpiti dal terremoto si giustificano tutti allo stesso
modo: dicendo, cioè, che nel giro di poche settimane hanno dovuto individuare
sia le aree per le tendopoli sia quelle per i container. A quel punto, i luoghi
dove installare le Sae erano davvero pochi, anche in virtù della difficoltà con
cui si può procedere all’esproprio di campi e terreni. Ed è così che, di fronte
alla difficoltà nel reperire le aree e renderle adatte ad ospitare le Sae,
queste ultime vengono installate a ritmi più lenti. E le consegne avvengono col
contagocce: anzi, per sorteggio. È accaduto a Norcia l’11 gennaio, è accaduto
ad Amatrice 9 giorni dopo. Estrazione pubblica per decidere chi, tra i tanti
sfollati che avevano avanzato richiesta, avesse diritto ad occupare una
casetta. Risultato? Rabbia dei cittadini e frustrazione dei sindaci.
Questi ultimi comprendono quanto la
procedura sia paradossale, ma se gli si chiede un parere si giustificano
spiegando che è inevitabile affidarsi ad un sistema a suo modo imparziale:
“Oltre al sorteggio – dicono in coro – non vediamo soluzioni”. E denunciano
un’altra stortura che caratterizza la strategia adottata dalla Protezione
civile. Il bando voluto da Gabrielli nel 2014, infatti, stabiliva che la ditta
aggiudicatrice dovesse occuparsi solo della costruzione e della consegna delle
Sae. I lavori di urbanizzazione e quelli necessari per gli allacci dei servizi
(dall’acqua al gas, energia elettrica) restano in capo alle amministrazioni
locali: i Comuni o, a seconda della tipologia d’intervento, le Regioni. Oppure,
in casi specifici, il Genio militare. Una parcellizzazione delle responsabilità
che comporta, inevitabilmente, ulteriori lungaggini.
L’altra gara d’appalto per i container: in
stand-by per oltre 8 mesi, e aggiudicata solo dopo il terremoto – Spulciando
tra le carte di Consip, si scopre che una gara d’appalto preventiva (“Accordo
quadro”) per “il noleggio, il trasporto e l’installazione di moduli
container in emergenza” c’è stata. Non si tratta, però, di container a uso
abitativo, ma di container destinati ad altri fini: mense, magazzini, box
doccia. L’accordo, di validità di 6 anni, prevede consegne per un valore
complessivo di 11,3 milioni. Il bando viene pubblicato il 2 ottobre del 2015: la
gara si chiude l’11 dicembre dello stesso anno. È quello il termine ultimo per
la presentazione delle offerte. Perché venga aggiudicata, però, bisogna
attendere fino al 24 agosto 2016, guarda caso il giorno in cui Amatrice
viene rasa al suolo.
Perché questo ritardo? E perché lo sblocco
arriva solo a tragedia già avvenuta? “Si tratta di tempi tecnici che rientrano
nella media, per gare così complesse”, si giustificano in Consip. E aggiungono:
“È chiaro poi che il terremoto ha costretto ad accelerare le procedure”. Se si
chiedono maggiori dettagli, però, nessuna risposta: “Bisognerebbe
esaminare da capo tutti i verbali, compresi quelli delle analisi effettuate
sulle varie offerte pervenute”. Ad aggiudicarsi la gara, due ditte: la leccese
R.I. Spa e la vicentina Frimat Spa, dove un responsabile conferma che “i tempi
della burocrazia in Italia sono sempre lunghi”, ma ammette: “In questo caso, di
fronte al prolungarsi dell’attesa, abbiamo comunque chiesto chiarimenti a
Consip. Ci hanno detto che stavano valutando le offerte”. Poi però è arrivato
il terremoto, e tutto si è sbloccato.
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