Caterina,
ovvero la politica della carità
Una
giovane di trent’anni, senza armi, senza danari, senza milizie, senza strumenti
e senza «accorgimenti» diplomatici, una popolana di una piccola città d’Italia,
potrebbe davvero essere considerata come un centro vitale di un sistema
politico che abbraccia l’Italia, l’Europa, la cristianità intera?
Giorgio La Pira in queste poche parole
racchiude tutta la grandezza e la straordinarietà dell’esperienza di Caterina
da Siena.
Siamo nel 1347. A Siena, nella casa di un
modesto tintore, insieme ad altri venticinque tra fratelli e sorelle, nasce
Caterina. Sono gli anni della devastante epidemia di peste bubbonica che,
assieme a innumerevoli guerre, provocheranno enormi stravolgimenti politici.
Sono gli anni in cui la sede papale traballa tra Roma e Avignone fino ad
arrivare al grande scisma d’Occidente, anni di scontri e di tensioni che
segnano la fine di un’epoca e il lento passaggio dal Medioevo al Rinascimento. Caterina
vive in questo tempo di transizione;
vive solamente trentatré anni, quanto basta per portare il turbine del suo immenso desiderio di ricostruire la pace e la concordia tra i popoli fino alle più alte autorità politiche ed ecclesiastiche. Caterina è ricevuta e ascoltata da papi, cardinali, principi e capi di Stato di tutta l’Europa. Lei, priva d’istruzione e di così umili origini, riesce nell’impresa di riportare a Roma la sede papale dopo i lunghi anni d’esilio ad Avignone. Prende le difese del pontificato durante il grande scisma d’Occidente e s’impegna a fondo per rendere unita, sotto il nome comune di Cristo, un’Europa divisa e logorata da anni di guerre sanguinose.
vive solamente trentatré anni, quanto basta per portare il turbine del suo immenso desiderio di ricostruire la pace e la concordia tra i popoli fino alle più alte autorità politiche ed ecclesiastiche. Caterina è ricevuta e ascoltata da papi, cardinali, principi e capi di Stato di tutta l’Europa. Lei, priva d’istruzione e di così umili origini, riesce nell’impresa di riportare a Roma la sede papale dopo i lunghi anni d’esilio ad Avignone. Prende le difese del pontificato durante il grande scisma d’Occidente e s’impegna a fondo per rendere unita, sotto il nome comune di Cristo, un’Europa divisa e logorata da anni di guerre sanguinose.
Oltre a ciò Caterina è una grande mistica,
una mistica nel cuore del mondo. Caterina parla con il suo Signore, lo vede, lo
sente e si impegna nella sua vicenda quotidiana affinché la sua Chiesa sia
conosciuta e in pace ovunque. Lo spirito di Caterina è pronto, entusiasta. Alle
parole che Cristo le rivolge - «fatti capacità, io mi farò torrente!» - si
abbandona con la dolcezza e la sicurezza di una giovane donna. Diverrà, da laica
e da semianalfabeta, dottore della Chiesa.
Caterina è una figura eccezionale, la
figura di una santa fuori dal comune (c’è da chiedersi quale santo non sia
eccezionale!). Eppure in lei ritrovo dei
tratti che possono evidenziare alcune caratteristiche virtù dell’agire
politico.
Caterina è sicuramente una persona
speciale, al contempo però è una persona molto semplice. Manterrà questo
stretto rapporto con il popolo fino alla morte, essendo per gli ultimi conforto
e sollievo. La sua azione politica non è mai disgiunta dal contatto concreto
con gli ultimi. Caterina sperimenta la carità della politica e la politica
della carità. Non disgiunge mai questi due poli, anzi, ognuno diviene la
ragione e la linfa dell’altro.
Ma Caterina ha un’altra caratteristica che
dovrebbe essere fondamentale nel politico e, in fin dei conti, in ogni persona:
è follemente innamorata della Verità. Un amore che la porta a verificare e a
pensare ogni sua azione nell’ottica del Bene e di ciò che per lei è Vero. Per
Caterina la Verità è qualcosa che dà forma, che plasma completamente la sua
vita, pertanto non può essere qualcosa di opinabile perché è la sua vita stessa
a farsi «vera». Le radici di Caterina sono i principî, anzi, il Principio. E
questo non fa di lei una persona incapace di dialogare, oggi diremmo una
fondamentalista; tutt’altro, il suo amore per la Verità la rende capace di
aprirsi a chi la pensa diversamente, a chi non vede ciò che lei vede.
La Pira la definisce «importuna
sollecitatrice», «consigliera», «ambasciatrice», «pellegrina». Ecco qui, con
l’acutezza e la lungimiranza di un grande sindaco, il ritratto del politico
vero: quattro sostantivi che fanno di Caterina una grande politica e descrivono
i lineamenti di chi si accinge a gestire la «cosa pubblica».
Il politico è chiamato a sollecitare, a
volte anche in modo importuno, sapendo di potersi trovare in minoranza, oppure
di toccare argomenti che possono rivelarsi scomodi. Caterina mette ognuno di
fronte alle proprie responsabilità, richiama alle urgenze della nostra
quotidianità, alle emergenze che attendono di essere affrontate.
Caterina era consigliera dei potenti,
insegnava loro l’arte di lasciarsi consigliare e di ascoltare la voce dei più
poveri. Arte quanto mai difficile da apprendere, perché non bastano i tanti
consulenti, che mettono a disposizione i loro studi, le loro competenze. Il
consiglio lo può dare solo qualcuno che ha a cuore il tuo bene, che ti conosce
profondamente, che, al tempo stesso, ha a cuore il bene della comunità. E’
qualcosa che esula dalle competenze tecniche. Sono rari i veri consiglieri ma
ancor più rari sono coloro che sono capaci di farsi consigliare, di mettere in
discussione cioè, ascoltando l’altro, le proprie posizioni.
Ma il politico agli occhi di Caterina è
anche un «ambasciatore» e un pellegrino. Un uomo che porta un messaggio datogli
da altri, che porta su di sé la voce, i bisogni e le necessità di migliaia di
persone. E per questo è disposto a camminare, a macinare chilometri, a
spostarsi nei luoghi più lontani, a frequentare la strada: il politico
ambasciatore porta in realtà la sua «pena» che è anche una grande
responsabilità; quella di farsi carico della voce della gente comune e del suo
desiderio di vita buona.
Stupisce come questa santa avesse le idee
così chiare. Il politico che lei descrive è un uomo coraggioso e libero. Lei
stessa richiama più volte alla virilità del politico, caratteristica che non è
necessariamente solo maschile: taluni infatti fanno discendere la parola
virilità proprio da virtù, come a ribadire il legame che c’è tra la forza e la
capacità del politico e «l’abito morale che egli indossa». Caterina vede nella
terra e nel potere che il politico si trova ad amministrare, una cosa
«prestata», di cui egli non è il padrone, ma solo l’affidatario. In lei già si
fa strada in modo evidente e meraviglioso, in un’epoca di monarchi, il tema
della politica come servizio, contro ogni istinto di utilizzo del potere per
fini personali, contro ogni tentativo di vedere il potere che ci è stato
affidato come una proprietà dovuta.
La figura immensa di Caterina restituisce
tutta la freschezza di cui avrebbe bisogno il nostro mondo, che sebbene molto
diverso da quello in cui la santa è vissuta, propone interrogativi e questioni
non molto distanti da quelli cui, con la semplicità e la decisione propria dei
santi, ha saputo indicare le risposte più giuste e più vere.
post precedente su “Luigi Bobba: Il posto dei cattolici”
post precedente su “Luigi Bobba: Il posto dei cattolici”
Nessun commento:
Posta un commento