La
verità sulla morte di Giulio Regeni è ancora lontana
A un anno dalla scomparsa al Cairo del
ricercatore italiano Giulio Regeni, le indagini svolte dai magistrati italiani
Giuseppe Pignatone e Sergio Colaiocco sono ancora in corso, così come
l’inchiesta egiziana sul caso. Il 23 gennaio 2017 il procuratore generale
egiziano, Nabil Ahmed Sadeq, ha accettato la richiesta della procura italiana
di inviare al Cairo un gruppo di esperti italiani e tecnici tedeschi di
un’azienda specializzata nel recupero dei dati delle telecamere di sorveglianza
per analizzare i video delle telecamere a circuito chiuso della stazione della
metropolitana di Dokki, dove Regeni fu visto per l’ultima volta la sera del 25
gennaio 2016.
Lo stesso giorno una tv egiziana ha
pubblicato il video di una conversazione tra Regeni e il capo del sindacato dei
venditori ambulanti, Mohammed Abdallah. Il filmato, scrive l’Ansa, era stato
girato con una telecamera nascosta in un bottone nella camicia del venditore,
un particolare che lascia pensare al coinvolgimento della polizia.
Nell’incontro, che rientrava nella ricerca di Regeni sui sindacati
indipendenti, Abdallah chiedeva del denaro al ricercatore. Il nome di Abdallah
era già emerso in relazione al caso: in un’intervista rilasciata alla fine di
dicembre del 2016 il venditore ambulante aveva ammesso di essere
stato lui a denunciare il ricercatore italiano al ministero dell’interno perché faceva domande sospette.
stato lui a denunciare il ricercatore italiano al ministero dell’interno perché faceva domande sospette.
Un
corpo che parla
La scomparsa di Giulio Regeni ha coinciso
con il quinto anniversario delle manifestazioni del 2011, che portarono alla caduta
del dittatore Hosni Mubarak. Pochi giorni dopo, il 3 febbraio, il suo corpo fu
ritrovato con evidenti segni di tortura lungo un’autostrada che porta fuori
della capitale egiziana.
Come scrive Alexander Stille in
un’inchiesta pubblicata sul Guardian e su Internazionale, dall’autopsia svolta
in Italia è emerso che la morte avvenne tra le 22.00 del 1 febbraio e la stessa
ora del giorno successivo, a causa della frattura del collo. Ma, come ha
dichiarato la madre di Giulio Regeni, Paola Deffendi, “il corpo di Giulio
parla”. Secondo le ipotesi più accreditate, le torture che ha subìto prima di
morire indicano il coinvolgimento dei servizi segreti egiziani, che erano
preoccupati per le ricerche svolte in un ambito (quello dei sindacati
indipendenti) che il governo egiziano di Abdel Fattah al Sisi considera
delicato. Il caso Regeni ha messo in crisi i rapporti tra l’Egitto e l’Italia,
che ha reagito richiamando l’ambasciatore al Cairo e sospendendo la fornitura
di pezzi di ricambio per gli F-16.
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