Gli errori chiamano errori, il grottesco si
somma al grottesco ed è provato da ciò a cui stiamo assistendo con lo scoppio
di un regolamento di conti da Far West susseguente al salvataggio arruffato e
controverso di MPS che costerà potenzialmente fino a 20 miliardi alla massa dei
contribuenti italiani. In pochi giorni si è scatenata la caccia alle streghe
con la richiesta da parte delle opposizioni di liste dei debitori insolventi,
addirittura sponsorizzata dall’attuale presidente ABI (l’associazione di cui è
stato presidente per ben due volte Giuseppe Mussari, allora presidente di
MPS!) che ingenuamente spera di deviare su industriali, finanzieri e
immobiliaristi le colpe di un sistema del credito che è peggio di un groviera.
Un caos sintetizzato benissimo nel post di Phastidio,
comico ma anche tragico nell’intravedere la nascita di tribunali popolari. Più specifiche le voci che si alzano a favore di una commissione
d’inchiesta (ma in Italia sappiamo bene l’esito delle tante commissioni…) per
accertare ben più che liste di debitori come propone il prof. Zingales.
I primi nomi illustri vengono già pubblicati dai giornali meno allineati, i giornali sono a caccia dei soliti nomi
in cui ritroveremo il primo livello di intreccio connivente tra
banche, politica, azionisti illustri di gruppi editoriali (RCS, DeBenedetti) e
giornali (il Sole24Ore per primo non è un eccellente debitore a quanto si
legge).
Presto la caccia all’untore si allargherà alle liste
delle Good Banks, da oggi ribattezzate Poor Banks visto che tutte insieme
valgono 1€ meno i soldi che deve iniettare il venditore (€200 milioni) prima di
consegnarle a UBI e BPER e meno i soldi di aumento di capitale che UBI
stessa dovrà impegnare per farsene carico. In quel groviglio scopriremo
solo gli affari di interessi personali tra i vertici di Banca Marche,
Banca Etruria e Carife e alcuni faccendieri immobiliaristi o operazioni
immobiliari avventate.
Tutta merce buona per fare e riciclare notizie perché gli italiani in fondo
adorano sguazzare nella melma degli scandali.
E quando sarà esaurita la prima gettata di
nomi si andrà avanti a caccia di altri debitori, perché ci sono le sofferenze
ma anche le inadempienze probabili che
possono diventare presto insolvenze e si discuterà delle colpe di
altre grandi imprese trascinando alla sbarra anche esponenti noti di
Confindustria a livello nazionale e locale, come già successo nelle popolari
venete? Posso scommettere invece che si discuterà poco del sistema di
concessione del credito ‘normale’ e di come è stato mal gestito e amministrato
in questi anni. C’è addirittura chi come il prof.Becchetti su LINKIESTA punta
il dito, sbagliando in pieno, contro i super-stipendi dei vertici bancari
come causa del cattivo credito per inseguire risultati trimestrali. I
super-stipendi bancari sono sempre stati pagati a prescindere dai risultati in
Italia.
Il
credito è stato tradito dalla vanità dei bancari
Chi scrive, con alle spalle una discreta
frequentazione dei piani ovattati delle banche italiane, vi dice che così non
stiamo cogliendo l’essenza del capitalismo e della microfinanza di relazione
territoriale italiana e non saranno le commissioni e i tribunali a rivelarlo.
L’essenza è nascosta in una pozione psicologica e comportamentale
di cui i dipendenti di banca -quelli con cariche di elevata responsabilità
e non necessariamente i CEO- si nutrono. Non parliamo di dollari e mega-bonus come
in USA, bensì di relazione e frequentazione con industriali e
faccendieri di cui i bancari subiscono tragicamente il fascino
imprenditoriale (pochi di loro hanno nel DNA il profitto e il rischio).
Senza volere negare i condizionamenti della politica, i cattivi crediti
non dipendono che in parte da pressioni dall’alto. Per conquistarsi
un posto al tavolo e alle cene che contano (anche quelle locali,
provinciali per i capi area) con i ‘potenti degli affari’ parecchi bancari
con i galloni sono disposti a chiudere due occhi sulle buone regole di
concessione del credito e si illudono con facilità che l’opulenza degli
industriali -ostentata con veicoli, oggetti e comportamenti- sia infinita e sia
la cifra della loro capacità di rimborso, sfidando la legge di gravità del
rapporto tra capitale proprio e capitale di terzi. E quindi giù una pioggia di
fidi e di rinnovi a prezzi spesso insensati, di sorrisi e strette di mano, di
cene e convegni incrociati. Non è l’ingordigia per i profitti che ha provocato
le sofferenze (quali profitti?) ma il complesso d’inferiorità del bancario al
cospetto degli affari e la sua ansia di essere accettato al tavolo di
chi conta. Vanità e desiderio di longevità ai limiti perché per molti
bancari dopo la banca c’è il nulla privo di potere, un vuoto che temono.
Del tutto evidente questo fenomeno nella follia collettiva che ha
attraversato il Veneto che prima ha incoronato Zonin e Consoli e
poi creato una festosa corte con industriali di media caratura, per poi
svegliarsi senza risparmi e banche locali. Diciamo che gli industriali hanno
approfittato in lungo e in largo del lato debole dei bancari e proprio le
cariche confindustriali sono state un valido passaporto per trattamenti
compiacenti dal mondo bancario, a dispetto della condizione disastrata di
talune aziende. Basta leggere i bilanci del gruppo Marcegaglia per farsi
un’idea, ma sono tanti altri i nomi anche meno famosi e chi legge li conosce
nella propria rispettiva città. Fuori dal castello il popolino degli artigiani
stava a guardare la festa dei potenti, grandi industriali, sviluppatori
immobiliari e bancari che banchettavano sorridendo. I piccoli,
gli artigiani hanno continuato a pietire e ottenere credito portando
garanzie personali, dei Confidi, del MedioCreditoCentrale altrimenti nisba.
Adesso chiederanno giustizia popolare anche loro, ma tanto non otterranno
più credito.
Nessuno si illuda che sia finita
l’epoca del grande e piccolo capitalismo di relazione in Italia. Anche se
processeremo i cattivi industriali e gli amici del vecchio MPS, i politici
locali che hanno manovrato i fili dalle fondazioni o da altre poltrone,
continueranno a farlo magari con più prudenza e i bancari che resteranno
rimarranno facili da sedurre e ipnotizzare. Nessuno si illuda che peggiocrazia,
gerontocrazia e mediocrità escano d’incanto dal sistema per uno scoppio di
rabbia popolare, i vizi hanno radici profonde e sanno come resistere più delle
virtù. La pozione della vanità è ancora lì, attraente e profumata proprio per
chi in fondo non ha stipendi milionari.
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